di Raimondo Giustozzi
Conservare i ricordi del passato, proporli ad altri perché ne facciano memoria, questo il filo conduttore della serata trascorsa al cine – teatro Cecchetti di Civitanova Marche (MC), venerdì 27 maggio 2022. Tutto ha avuto inizio alle 21,30, oltre il quarto d’ora accademico, con la presentazione della serata dedicata al maestro Mario Garbuglia, scenografo di cinema e teatro, artista, pittore, ad opera di Aldo Caporaletti, operatore culturale e curatore dell’evento, della figlia di Mario Garbuglia, Daniela Garbuglia Massidda e del prof. Umberto Di Nino, scenografo e docente presso l’Accademia delle Belle Arti di Frosinone.
Il sindaco di Civitanova Marche, Fabrizio Ciarapica, intervenuto sul palco, per portare i saluti dell’Amministrazione, ha sottolineato l’importanza del ricordo, che deve trasformarsi in memoria condivisa da tutta la comunità. E’ un vanto per Civitanova Marche aver avuto in Mario Garbuglia uno dei suoi figli più illustri, assieme a molti altri: l’imprenditore Tosino Torresi, il prof. Edmondo Brunellini, ai quali sono stati dedicati piazze e spazi verdi della cittadina adriatica. Sarà compito della nuova amministrazione comunale, apporre nel prossimo anno, nel giorno della nascita di Mario Garbuglia, una targa ricordo nella casa natale del maestro Garbuglia, sita nella frazione di Fontespina. Il testo esiste già, suggerito da Aldo Caporaletti: “In questa casa, il 27 maggio 1927 è nato Mario Garbuglia, scenografo, maestro lungimirante, artista tra i più grandi della storia del cinema e del teatro italiano e internazionale”.
Mario Garbuglia, ha ricordato la figlia Daniela, quando si firmava, non metteva mai Civitanova Marche, ma soltanto Fontespina. La località, per noi bambini, quando papà ci parlava di Fontespina, era come se ci stesse parlando di un film. La scenografia era nel suo cuore, più che nella sua testa: “C’era una volta una piccola fonte, ricoperta di spine, ma che gorgheggiava ininterrottamente. Le donne andavano ad attingere acqua con le brocche in testa”. La fontana del villaggio di memoria giovannea verrà molto tempo dopo. Da Fontespina la famiglia si trasferisce a Penne, comune in provincia di Pescara, in Abruzzo. Ho scoperto l’arcano quando ho iniziato a leggere il libro scritto da Daniela Garbuglia Massidda: Mario Garbuglia Luce della scena, ricordi di cinema e teatro.
Il libro verrà presentato nell’ambito dell’ottava edizione Civitanova film festival, che si terrà a Civitanova Marche Alta, dal 9 al 15 luglio 2022, come è stato ricordato nel corso del proprio intervento da Michele Fofi, curatore della rassegna cinematografica assieme a Peppe Barbera. Spero di farne quanto prima una recensione per i lettori dello Specchio Magazine. Il volume è veramente uno scrigno di memorie raccolte da Daniela Massidda che ha impiegato questi due anni di isolamento, causa pandemia, per recuperare e curare il materiale autobiografico lasciato dal padre: i racconti sulla vita, i pensieri, le passioni di uno dei più importanti scenografi del novecento.
Talento, fortuna e grande applicazione sul lavoro hanno accompagnato mio papà – ha detto Daniela – per tutto il corso della sua vita. Ci sarà tempo per produrre un documentario, cosa che verrà fatta, come si sta pensando con una equipe di artisti. In famiglia era considerato fin da piccolo un enfant prodige. Lo era davvero. Il nonno materno era “mastro” muratore. In Abruzzo, qualsiasi artigiano veniva chiamato maestro. Il papà di Mario Garbuglia, Santino lavorava presso le officine meccaniche e fonderie “Campione”. In casa non mancavano libri. Ne erano pieni scaffali e sedie. Santino leggeva libri dell’anarchico Malatesta. Le difficoltà di rapporti non sereni con i fascisti locali lo consigliarono di trasferirsi a Penne, amena località della provincia di Pescara.
Terminata la Scuola Elementare in soli tre anni, la famiglia lo spinge a studiare. Il papà lo iscrive all’istituto d’Arte di Penne e Mario Garbuglia a soli tredici anni conclude brillantemente il ciclo di studi; nell’ultimo anno di scuola, era il 1940, vince una borsa di studio per proseguire i propri studi a Firenze presso l’Istituto d’Arte che si trovava allora a Porta Romana. A Firenze stringe amicizia con Mario Chiari e del capoluogo toscano impara a conoscere, passo dopo passo, tutte le sue bellezze, gli odori, il profumo, il tramonto del sole sull’Arno d’argento. In piena seconda guerra mondiale, il giovane trascorre tutti gli anni fiorentini lontano da Penne e dalla famiglia. Terminata la guerra, vive i disagi comuni anche a tanta parte della popolazione italiana, nel frattempo viene ammesso al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Era il coronamento di un sogno. Nella città eterna entra in contatto con i più grandi registri del tempo: Luchino Visconti, Mario Monicelli, Vittorio De Sica, Luigi Comencini, Mauro Bolognini, Francesco Rosi, per citare solo i più famosi. Cura la scenografia di film immortali: La grande guerra, il Gattopardo, Lo Straniero, Gruppo di famiglia in un interno, Polvere di stelle, ecc.
Anche l’intervento del prof. Umberto Di Nino, scenografo e docente di scenografia, è scivolato via in un crescendo di ricordi e di aneddoti legati al grande maestro. Merito di Mario Garbuglia è stato quello di aver fondato l’Associazione Scenografi e Costumisti (ASC), punto di riferimento per quanti si dedicano alla nobile arte del cinema e del teatro. La scenografia di un film nasce da un sogno dello scenografo. Lo studio, l’applicazione, la ricerca trasformano il sogno in realtà. Sul set cinematografico si muove tutta una variegata maestranza di attrezzisti, tecnici del suono, della luce, falegnami, elettricisti, costumisti. Lo scenografo è una sorta di direttore d’orchestra al quale si rivolgono un po’ tutti, finanche il regista stesso del film.
Alcune scenografie di Mario Garbuglia erano di dimensioni colossali e venivano riportate su fogli di alluminio. Per portarle nel mitico Teatro Cinque di Cinecittà dovevano essere sistemate su barelle e issate alle pareti dello stabile. Le mani quasi sanguinavano ogni volta che dovevano essere srotolate e collocate là dove dovevano essere messe, secondo le indicazioni date dallo scenografo. Eravamo noi studenti presso il Centro Sperimentale di Cinematografia a sobbarcarci il lavoro, ha ricordato il prof. Umberto Di Nino. Nei momenti di pausa eravamo ricompensati dalla familiarità che si instaurava tra tutti quelli che erano sul set cinematografico e assistevamo alle battute tra Garbuglia e Monicelli, che avevano lo stesso nome.
Mario Garbuglia era attaccatissimo al lavoro ma aveva anche dei momenti di giovialità. Era il maestro e ci teneva al ruolo, senza concedersi nessuna indulgenza. Nel libro citato sopra, in quarta pagina di copertina, così dice di se stesso: “In tutta la mia vita professionale, non ho mai fatto un lavoro uguale ad un altro, la mia è una semplice voglia di studiare, leggere, guardare, calarmi in ogni atmosfera e masticare di tutto per nutrirmene. Ogni mio progetto scenografico è il frutto della volontà e della gioiosa fatica che mi spinge a provare sempre, in una gran febbre come in un sogno immortale. Sono stato fortunato e ho lavorato moltissimo più di tutti, in tutti i tempi”.
Al termine dei due interventi è stato proiettato il film “Gruppo di famiglia in un interno” regia di Luchino Visconti e scenografia di Mario Garbuglia. Purtroppo per un disguido, Il prof. Marco Pistoia, docente di storia e critica del cinema presso l’Università di Salerno, non è riuscito a garantire la sua presenza al cine – teatro Cecchetti. Rimane comunque la sua conversazione con Mario Garbuglia, riportata nel libro: Mario Garbuglia, Luce sulla scena. Ricordi di cinema e teatro.
Raimondo Giustozzi
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