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ItaliaNostra. Il porto dei Cittadini

Fonte Internet

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NOTA STAMPA

CONTRIBUTO ALLA REDAZIONE DEL NUOVO PIANO DI SISTEMA DEI PORTI DEL CENTRO ADRIATICO, RIFERITO AL PORTO DI ANCONA

 

La redazione del nuovo Piano Regolatore dei Porti, da parte della Autorità Portuale del Medio Adriatico, rappresenta una occasione unica per lo sviluppo futuro del porto di Ancona, sia in relazione alle attività presenti nello scalo che in relazione alle previsioni delle necessità che nei prossimi decenni diverranno trainanti per l’intero bacino adriatico mediterraneo. Non da ultimo la connessione di tale strumento con le indicazioni dei  progetti PNRR che saranno approvati, potrà fornire ulteriori indicazioni in merito alla funzione ed al ruolo economico dello scalo dorico nel contesto marittimo mediterraneo.

La duplice scala locale/internazionale del porto propone investimenti e soluzioni nel programma di revisione delle funzioni portuali che dovranno obbligatoriamente confrontarsi, in una nuova piattaforma, non esattamente definibile nel ruolo di porto multifunzionale che la città ha sostenuto nel secolo scorso, anche prospettando un impianto portuale a mare utile a far fronte alle nuove esigenze strutturali e infrastrutturali.

Il futuro del porto di Ancona dovrà essere deciso coniugando le esigenze degli operatori economici del porto, che agiscono a scala internazionale, e la necessità di garantire una funzione svolta dal patrimonio portuale a favore della città e dei cittadini. Questi ultimi chiamati in causa perchè subiscono le conseguenze dell’inquinamento atmosferico determinato dal traffico portuale marittimo e terrestre, lontano da un concetto di compatibilità ambientale; una crescita attuata dagli operatori economici che deve però essere compatibile con lo stato di salute e di benessere della comunità civica. Si dimentica che Ancona, una delle poche città porto del Mediterraneo, vive per la sua parte storica o almeno quella che rimane, un rapporto strettissimo con il bacino naturale acqueo, subendo da esso anche tutti i possibili effetti. Tuttora il traffico e l’approdo traghetti a regime internazionale è concentrato nell’arco del Porto Storico con attività di imbarco e sbarco di merci, mezzi e genti (per numero di passeggeri al top) con un afflusso di autoveicoli dentro le aree archeologiche storiche, a ridosso delle abitazioni.

Come è valutabile allora l’attenzione ai problemi della città pensando al passato e proiettandosi verso un futuro molto prossimo? Resta opportuno quindi valutare il senso dell’attenzione per la città secondo livelli di attenzione agli apporti passati e possibili domani. Pensando a livelli differenti di coinvolgimento economico, storico, sociale, si possono distinguere ruoli a scale differenti:

  • alla scala mediterranea,
  • alla scala dei porti adriatici
  • alla scala della Città.

 

Alla scala mediterranea la storia impone il legame con l’intero bacino mediterraneo orientale, con la cultura della Grecia antica, con le città romane dell’Impero, con la cultura e la religione alla base delle Crociate, con il mondo Ottomano, la presenza veneziana nelle rotte d’oriente. Oggi il Canale di Suez è divenuto la “porta” dei percorsi marittimi che distribuisce a terra merci del mondo intero, percorsi che in un futuro prossimo potrebbero variare velocemente le destinazioni a terra per l’Europa, in considerazione della presenza di nuove infrastrutture. Una nuova visione per far fronte agli sviluppi futuri obbliga allora il porto di Ancona ad allinearsi ai temi della grande velocità su rotaia e su gomma, temi del tutto carenti sulla costa orientale adriatica che necessiterebbe proprio della sinergia tra i tutti i porti del sistema adriatico.

Alla scala adriatica i rapporti soprattutto con la Grecia, devono testimoniare un passato culturale che ha originato la civiltà urbana a sud dell’Italia e sulla costa adriatica e che deve in ogni caso continuare a prevedere una presenza di flussi turistici e economici con l’altra sponda dell’Adriatico basati proprio sulla tradizione e la storia. E non limitata all’arrivo di pochi turisti con destinazione Loreto o Urbino, facendo di Ancona un caposaldo utile per l’Italia intera; ricordando innanzitutto il passato delle genti da sempre presenti (greci, albanesi, piceni, siracusani, umbri, romani, ebrei). Questa adriaticità è fortemente rappresentata dalla storia romana prima e da quella veneziana poi, dai monumenti di qua e di là dell’adriatico, da città romane, medievali e rinascimentali, barocche, da patrimoni universali come il Palazzo di Diocleziano, Dubrovnik, Zadar, le isole dalmate che dimostrano un’attenzione dichiarata per i luoghi e la natura, che devono essere tramandati come inalterata condizione morfologica o come tipi ineguagliabili delle capacità costruttive dell’intervento dei popoli abitanti.

Il tema culturale che riporta in auge una nuova simbiosi deve prendere atto di una nuova visione di cooperazione in ambiti molto più ampio di quello metropolitano. L’esempio illuminato della Macroregione Adriatico Ionica a partire dalle previsioni formulate nel progetto ’80 (degli anni settanta) formulata dal Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica, resta a testimoniare della possibilità di intraprendere una strada aperta a una visione internazionale.

 

Alla scala della città sembra utile affrontare alcuni aspetti puntuali:

 

IL DEGRADO DEL PATRIMONIO STORICO  CULTURALE

I numerosi colpi inferti alla città dalle calamità naturali e belliche, hanno fatto sì che il patrimonio storico, memoria della città di Ancona, sia caduto nell’oblio; a partire certo dai monumenti della città antica sul Guasco, su cui restano in ogni caso esempi di architettura come l’anfiteatro e altre vestigia romane. Restano le opere dell’ansa portuale che vanno dal Lazzaretto fino alla Lanterna, opere del Vanvitelli che in un progetto unico racchiude al suo interno il porto romano di Traiano, oltre a monumenti medievali e rinascimentali. Tutto questo patrimonio è esposto ai danni dovuti all’inquinamento prodotto dalle attività portuali, dirette ed indirette, e non valorizzato.

Chi amministra non ha il diritto di svendere il patrimonio storico e tanto meno alienarlo per usi impropri; vedi il Molo Clementino del Vanvitelli che dalla nascita della rappresentazione iconografica testimonia della qualità dell’impianto storico portuale e urbano.

 

L’ INQUINAMENTO E LA SALUTE

A livello cittadino il principale problema è rappresentato dall’inquinamento atmosferico  proveniente dalle attività del porto ad iniziare dai fumi della flotta traghetti, dai TIR ed autoveicoli in entrata ed uscita dal porto stesso. Le centraline di rilevamento pubbliche presenti fino al 2013 nel porto dimostrarono il persistente superamento dei valori annuali consentiti delle PM 10, così come nelle vie di accesso alla città, via Bocconi e Torrette. Nel 2018, come dimostrato da una indagine indipendente di “Cittadini per l’aria”, in via XXIX settembre si è registrato il superamento dei limiti dei biossidi di azoto per tutto il mese considerato. La mancanza di un efficace e costante rilevazione pubblica dell’andamento degli inquinanti, e non limitata solo ai PM 10, non consente di fornire alcuna rassicurazione alla popolazione. In questo quadro acquisiscono una gravità assoluta i risultati del progetto PIA resi pubblici in data 24.11.21 che confermano le denunce da anni presentate dalle Associazioni Ambientaliste: “tra i residenti nella zona centrale della città si registra un aumento significativo della mortalità per tutte le cause di morte e in particolare per cause cardiocircolatorie e respiratorie rispetto ai residenti in altre zone della città. L’esposizione cronica a NO2 è risultata associata ad un aumento della mortalità per cause cardiovascolari. In cinque anni l’esposizione cronica a NO2 ha comportato 150 decessi prematuri. Nello stesso periodo l’esposizione cronica ai PM2,5 ha comportato 400 decessi prematuri. L’esposizione cronica ad NO2 e a PM2,5 è risultata associata ad un aumento nella frequenza dei ricorsi in pronto soccorso per cause respiratorie, in particolari infezioni respiratorie acute nei bambini”. Si ricorda che Ancona rientra in una zona a elevato rischio di crisi ambientale, insieme a Falconara ed altri centri vicini, nelle cui aree non è consentito aumentare il carico inquinante. Come si può quindi pensare di aggiungere un home port crocieristico Grandi Navi? Questo progetto che deve ancora superare l’esame di Valutazione Ambientale Strategica e la Valutazione di Impatto Ambientale (VAS/VIA), provocherà secondo il progetto della Autorità Portuale costi sociali derivanti dall’inquinamento ambientale dovuto all’incremento del traffico crocieristico, per un totale di 15,37 milioni di euro l’anno. Tali realizzazioni “andranno senza dubbio ad incrementare ulteriormente il traffico attuale” come riconosciuto dal Consiglio Comunale nel documento approvato il 30 settembre ’21. In un dibattito come quello odierno, in una situazione di doverosa e necessaria risposta ai cambiamenti climatici e di fronte ai risultati drammatici del PIA, resta il dubbio sulla bontà delle scelte della Amministrazione a favore di progetti che già altrove, vedi Venezia, hanno incontrato pareri negativi.

 

LE INFRASTRUTTURE E LE STRUTTURE PORTUALI

La prima criticità del porto è quella infrastrutturale, cioè la attuale mancanza di un collegamento adeguato del traffico portuale alla grande viabilità stradale, sia adriatica che internazionale (tema ampiamente condiviso).

Premesso che l’uscita stradale a nord è la più logica poiché dal Nord proviene la gran parte delle merci e del traffico in arrivo e partenza dal porto di Ancona, la situazione è complessa. La complessità deriva sia dalla mancanza di una posizione definitiva rispetto alla frana Barducci, sul piede della quale dovrebbe essere raddoppiata la sede stradale e spostata la sede ferroviaria, che dal progetto di una galleria in area Torrette (dietro l’ospedale) per congiungersi alla SS16, che ricadrà in una situazione idrogeologica e di frane altamente pericolosa. Il problema è stato sollevato anche a livello parlamentare e ci si aspetta che siano trovate soluzioni tecniche adeguate che garantiscano la pubblica incolumità.

In questo ambito di discussione altro aspetto irrisolto è quello del sistema intermodale che da una stazione marittima inesistente, passando alla stazione ferroviaria e al terminal bus, dovrebbe comprendere collegamenti veloci per l’aeroporto di Falconara e l’Interporto di Monsano, realizzato per favorire il trasporto delle merci ed oggi, dopo venti anni, sottoutilizzato. Resta la assenza di una visione strategica per l’area della cantieristica, (Fincantieri e cantieristica privata), che non potrebbero coesistere senza una riprogrammazione delle aree a mare con l’individuazione di nuove acque ad uso anche della flotta peschereccia da delocalizzare rispetto al porto storico. Anche per quanto riguarda il previsto raddoppio dell’area Fincantieri è da sottolineare che il territorio circostante non è in grado di sopportare l’ampliamento in termini volumetrici, né a terra né a mare, confinando tra l’altro con un’area di falesie uniche in Adriatico che fa parte del parco del Conero. E vi è ancora la necessità di una revisione dell’intera area ex ZIPA, il rafforzamento ed allungamento del fascio di binari per servire non solo le navi da carico,(come indicato nel documento di indirizzo approvato a maggioranza il 30 settembre dal Consiglio Comunale di Ancona) ma anche la nuova stazione marittima, gli imbarchi ai traghetti ed eventualmente alle navi crocieristiche, in un sistema di attrezzature portuali che prima o poi dovrà trovare uno sviluppo verso il mare aperto.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

E’ ovvio che il Piano regolatore del porto di Ancona, nell’ambito del piano di sistema, dovrà tener conto delle problematiche accennate; ma quali dovranno essere le soluzioni per un disegno strategico che metta insieme le varie esigenze uscendo da una logica che è spesso sembrata condizionata da interessi particolari o dalla aggiudicazione di finanziamenti “a spot” che interessano i soggetti che già gestiscono le attività portuali? Riteniamo che le soluzioni strategiche siano quelle di seguito indicate:

  1. In via prioritaria riteniamo indispensabile il trasferimento di tutte le attività portuali oggi presenti nel Porto Storico (dalla Mole Vanvitelliana alla Lanterna) verso la banchina Marche con il completamento della darsena e l’eventuale banchinamento della diga di sopra flutto con la prioritaria elettrificazione delle banchine, con l’individuazione di un progetto a tempi lunghi per una riallocazione delle aree produttive e cantieristiche in ampliamento a nord ovest. Da tale misura ne conseguirebbe la effettiva restituzione ai cittadini del porto storico, con la eliminazione delle barriere di Schengen, la eliminazione del traffico di auto e TIR, la realizzazione della passeggiata a mare con la pedonalizzazione delle banchine, la riduzione dell’inquinamento atmosferico ed un miglioramento dello stato di salute.
  2. Riteniamo necessaria la attivazione di una mobilità green con la realizzazione della metropolitana di superficie tra Ancona e l’hinterland, che abbia come terminale la Stazione Ferroviaria Marittima in grado di servire porto e città, e che pertanto deve essere riaperta. Tale scelta è in linea con la proposta dell’Ordine degli Ingegneri di Ancona di realizzare l’arretramento della linea ferroviaria per l’alta velocità, utilizzando la attuale sede ferroviaria per la metropolitana per la quale la provincia di Ancona spese già qualche milione di euro.
  3. Consideriamo indispensabile la rinuncia alla realizzazione del porto crocieristico con il banchinamento del Molo Clementino. Stante l’alto carico inquinante dovuto al complesso delle attività indotte, la scelta più giusta è quella di non farlo proprio il nuovo approdo crocieristico. In caso contrario sarebbe obbligatorio il suo spostamento alla Banchina Marche nell’area industriale, previa elettrificazione della banchina (dove peraltro le navi MSC questa estate 2021 hanno già ormeggiato) e l’obbligo di utilizzare in entrata ed in uscita dal porto sempre combustibile allo 0,1% di concentrazione dello zolfo.

 

La restituzione, si spera in pochi anni, del porto storico ai cittadini dovrà consentire di risvegliare la capacità di elaborare progetti ed iniziative che, senza impatto ambientale, permettano alla Città di Ancona di riscoprire il rapporto con il mare, destinando le aree liberate dal traffico portuale alla vita in comunità, riaprendo anche al traffico delle biciclette e dagli altri mezzi della mobilità dolce le aree del porto storico. Riteniamo che le scelte sullo sviluppo dell’assetto portuale con le sue ricadute sulla viabilità, sulla salute, sull’utilizzo del suolo pubblico, sulla tutela dei beni culturali in una città porto come Ancona, non debbano essere fatte nel chiuso di una riunione del consiglio comunale, come spesso avviene e come avvenuto nel caso specifico, ma debbano essere il risultato di un progetto meditato e condiviso con i cittadini, tema questo che ci impegniamo a promuovere con una logica di crescita del livello di partecipazione.

Infine riteniamo che la conferma ufficiale delle denunce da noi fatte sull’inquinamento della città e la nostra continua formulazione di proposte su questi temi da molti anni, riconosca un ruolo oggettivo di interlocutore alle nostre associazioni che richiediamo con grande forza e che non può essere più ignorato.

 

Ancona, 29 novembre 2021

 

Italia Nostra Onlus Ancona, Comitato Porto Storico Ancona, Associazione Ankon nostra, Circolo naturalistico “il Pungitopo”  Legambiente Ancona, Associazione No fumi ODV, APS Portonovo per tutti, Salviamo il Paesaggio.

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