Valerio Calzolaio
Bari. Da inizio dicembre fino a Natale 2022. Dopo la fine di un rave party, fra i
capannoni abbandonati e l’erba alta di una fabbrica nella zona industriale,
viene trovato a terra il corpo del 23enne Giorgio De Santis, precipitato dal tetto
con un volo di quasi dieci metri. Fratture in serie fra cui quella all’osso
occipitale, decesso immediato. Si è buttato? È stato spinto? La bella sostituto
procuratrice 55enne (circa) Emma Bonsanti e l’istrionico sovrintendente capo
65enne Michele Lorusso, capelli eternamente corvini e basette brizzolate,
cominciano subito a discuterne. Non sarà facile capirlo. Lì era pieno di gente
giovane; Giorgio, figlio del proprietario dell’omonimo ristorante, uno dei
migliori della città, senza precedenti penali e all’ultimo anno di giurisprudenza,
aveva cominciato a fare il praticante in uno studio notarile, ben fidanzato con
la splendida Ambra e amico del cuore dell’alta bionda Sara Bellomo, disperata;
lei aveva chiamato i soccorsi quando avevano scoperto il cadavere, pur
avendoci litigato qualche ora prima. Sara è la figlia di un’antica compagna di
classe di Emma, il suo fidanzato è Renato e le due coppie uscivano spesso
insieme, ma il legame e la confidenza con Giorgio erano “speciali”, unici ed
esclusivi. Lui era benestante e affascinante, ma poteva pure essere un tipo di
suicidio, ne aveva parlato ogni tanto a qualcuno, soprattutto sembrava molto
confuso negli ultimi mesi: coltivava marijuana in luoghi segreti e metteva in
vendita ottimi prodotti (che Emma non disdegna mai di apprezzare e fumare,
oltre alle sigarette), ma era stato scoperto da una nota famiglia camorrista e
mazziato; pare avesse frequentato di nascosto una matura donna sposata che
ora lo perseguitava da stalking; stava forse progettando di andarsene a Torino,
da solo e per una nuova fase dell’esistenza; ed emergono ulteriori piste.
Inoltre, qualcuno ha visto un bisticcio sul tetto e l’autopsia indica l’omicidio. C’è
un colpevole faticosamente da individuare e possibilmente da punire.
L’ottimo scrittore Aldo Pagano (Palermo, 1966), già girovago giornalista
sommelier ristoratore (susci), ha imbroccato la serie giusta e anche il nuovo
quarto romanzo è interessante, ben scritto, maturo, merito sia della
protagonista di origini milanesi (queer e di sinistra, per quanto figlia di un
industriale siderurgico) che dell’ambientazione nella cara capitale pugliese. La
narrazione è in terza fissa su Emma, in corsivo i suoi pensieri, in prima plurale
l’autore che l’accompagna. L’erba d’annata o dannata del titolo (apostrofo in
rosso dopo la “d”) è quella coltivata da Giorgio, un’indimenticabile Apulia silver
haze, piccole nuvole di ovatta, candide e soffici, che sanno di pino, erbe e
hashish puro, ideale per intenditori capaci di descrivere la fumata in
compagnia, come sommelier. Emma è una brava tenace magistrata in un
periodo bruttino, cambia umore di continuo, si sente inerme, abulica,
inanimata. Vive sola con la bastarda simil spinone Bella in un
bell’appartamento della masseria della sua più cara amica Carla, incerta anche
sui due rapporti sentimentali che la coinvolgono (quasi ufficialmente); ancora
stufa di frequentare l’attraente Simone Laforgia, artista egocentrico assai
quotato e di fama internazionale, spesso in giro per il mondo, lasciato qualche
anno prima (quando si era mostrato incapace di provare empatia di fronte alla
malattia della madre di Emma), al quale tende a negarsi; inquieta pure verso
Edoardo Bruni, scrittore possente e vecchio compagno di scuola proprio a Bari,
lui perlopiù ben stanziale a Roma con l’amata Valeria, al quale ora vorrebbe
chiedere di essere più sincero con entrambe. E la memoria, ricordi e intrighi,
riportano spesso a galla le storie e l’omicidio del suo Roberto. Molti s’intendono
dei grandi vini di Puglia (negroamaro, primitivo, aglianico, vermentino), con
incursioni in Franciacorta e nel nebbiolo. La musica talora richiama atmosfere
di Izzo e del rap urbano marsigliese.
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