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Recanati tra Storia e futuro

RECANATI Palazzo Comunale Piazza Giacomo Leopardi 4Marco Moroni – Recanati tra Storia e futuro

Non è vero che “la Storia è maestra di vita”; è più corretto dire, come è stato scritto: “La
Storia non insegna nulla, e tuttavia punisce ferocemente quanti non ne apprendono la lezione”. In
questo incontro vorrei trarre dalla Storia degli ultimi 100 anni (che ho ricostruito nel libro Recanati
in età contemporanea) qualche indicazione o qualche suggerimento per il futuro della nostra città.
La prima indicazione: Se si guarda alla Storia, si scopre che anche il Comune può fare
parecchio per il lavoro. Lo confermano alcuni esempi: dagli accordi fatti nel primo Novecento per
favorire l’insediamento di nuove imprese non locali (è il caso dell’accordo con il comasco Clerici
per la fabbrica dei pettini) alla concessione dei locali comunali per la nascita o lo sviluppo delle
imprese locali (da Maggini nel monastero di Castelnuovo alla filanda Piccinini nel convento di San
Francesco), dall’avvio della Eko nel convento di San Francesco alla creazione della zona industriale
“Squartabue”, frutto della Comunità delle Tre valli. Gli esempi potrebbero essere molti di più.
Seconda riflessione. Negli ultimi anni a livello locale si è puntato molto sul turismo,
ottenendo importanti risultati. Recanati non è soltanto la “patria di Leopardi”, ma è vero che, dopo
la crisi del 2008, il parziale rilancio della città è avvenuto proprio grazie a Leopardi. Prima il film
“Il giovane favoloso”, poi la sfida per la nomina a “capitale della cultura italiana” e, infine, le
celebrazioni del bicentenario dell’Infinito hanno fatto crescere l’immagine della città, contribuendo
ad aumentare quel turismo culturale oggi così importante, anche dal punto di vista economico.
Puntare sul turismo significa tutelare il paesaggio. Il territorio recanatese mantiene ancora molti dei
tratti armoniosi del passato. Recanati è la terra dell’Infinito perché è ammirando quel paesaggio che
Leopardi ha scritto alcune delle sue più grandi liriche e ancora oggi nel suo territorio è possibile
respirare l’Infinito. Si è di fronte a un territorio che va salvaguardato e trattato con estrema cura. Per
valorizzarlo. Ma il turismo culturale richiede qualità e per avere qualità bisogna favorire la
formazione degli operatori turistici: il Comune può farlo concordando iniziative promosse insieme
con le Scuole del settore e con le associazioni degli operatori turistici.
Non solo turismo. Il terremoto del 2016, la pandemia del Covid 19 e il cambiamento
climatico ci hanno fatto comprendere come sia rischioso affidarsi unicamente al turismo. Il
richiamo al Covid suggerisce una terza riflessione. Non dimentichiamo le lezioni della Storia
recente. Il Covid ci ha fatto comprendere l’importanza del servizio sanitario pubblico e della
medicina territoriale. E allora non stanchiamoci di lavorare per rafforzare i servizi sanitari del
territorio. A sua volta, l’innegabile cambiamento climatico ci suggerisce di prendere sul serio i temi
ambientali: dalla riduzione dei rifiuti alla tutela dell’acqua, dall’attenzione al dissesto idrogeologico
alla necessità di piantare alberi, fino a una attenta e costante manutenzione del territorio.
Più motori trainanti. Gli esperti che hanno lavorato alla Ricerca “Marche +20” hanno
insistito sulla necessità di avere più “motori trainanti”. Non solo il turismo, quindi, ma anche
l’agricoltura e i servizi del terziario avanzato. Recanati deve valorizzare le produzioni agricole
locali, che nel biologico e in comparti come l’olio e il vino hanno raggiunto una elevata qualità
riconosciuta dal mercato, ma non deve rinunciare al ruolo svolto nell’ultimo cinquantennio nel
settore industriale. Nel settore industriale occorre creare condizioni favorevoli all’investimento, ma
senza aumentare il consumo di suolo, come invece si è fatto nella Zona industriale di Squartabue.
Essere specializzati in settori tradizionali non significa necessariamente essere destinati al declino;
comunque non è questo il caso dell’area distrettuale in cui si colloca l’economia recanatese, che già
si caratterizza per la presenza di varie attività innovative, non solo negli strumenti musicali e nella
lavorazione della plastica, ma anche nella meccanica strumentale.
L’innovazione. Nelle Marche la diffusione dell’innovazione sta incontrando evidenti
difficoltà: risultano insoddisfacenti sia le spese in Ricerca e sviluppo e resta ancora bassa la
propensione ad assumere lavoratori con alte competenze. Non si comprende che la qualità del
capitale umano è oggi il fattore fondamentale capace di rendere più competitive le imprese.

Fra gli imprenditori, i più attenti all’innovazione chiedono che si investa di più in nuove
Scuole tecniche e in particolare nella creazione di Istituti Tecnici Superiori. A Recanati in questa
direzione si sono impegnati i Guzzini e il Gruppo Pigini, che hanno promosso l’istituzione presso
l’Itis “Mattei” di un Corso Tecnico Superiore per il marketing e l’internazionalizzazione delle
imprese. Quel Corso va sostenuto e va reso un Corso di qualità.
L’effetto città. La Storia del Novecento dimostra che per lo sviluppo è fondamentale il
ruolo della città. Vari studi hanno confermato che il dinamismo di alcune regioni è accresciuto dalla
presenza di una grande città che favorisce fenomeni di accumulazione di conoscenze, dando luogo a
processi di apprendimento collettivo. In una realtà senza grandi centri urbani come le Marche,
manca l’effetto città. Solo mettendo in rete le medie città della regione sarà possibile dar vita a
sistemi urbani dotati delle necessarie infrastrutture e di servizi innovativi. Ma oltre a collocare
Recanati in questa rete di città, è necessario puntare alla creazione di un’altra rete: un “sistema”
aperto all’innovazione tecnologica. Un sistema che favorisca una logica di collaborazione tra
imprese grandi e piccole, università, centri di ricerca, istituzioni pubbliche, associazioni di categoria
e altri soggetti sociali interessati all’innovazione. Una rete di questo tipo può aiutare ad affrontare i
problemi più gravi di oggi: il problema della formazione di competenze tecniche più “avanzate”, la
diffusione di una cultura dell’innovazione e il nodo dell’apertura ai mercati internazionali.
È positivo che Recanati abbia firmato il Protocollo di Intesa con i Comuni di Loreto e Porto
Recanati, ma sono necessarie reti più ampie e collaborazioni su progetti innovativi. Ottima l’idea di
realizzare una Comunità energetica, ma il progetto nasce asfittico se non si coinvolgono i cittadini.
Puntare sulla qualità. Gli storici dell’economia ci dicono che oggi per reggere sul mercato
dobbiamo puntare su una produzione manifatturiera di qualità. È un cambiamento che richiede più
conoscenza e più servizi. Per realizzare questo cambiamento, occorre passare dallo sviluppo
spontaneo del passato a uno sviluppo che va essere programmato e gestito conciliando il
cambiamento economico con la transizione ecologica avviata dall’Unione Europea, per realizzare
uno sviluppo che sia sostenibile a livello non solo economico e ambientale, ma anche sociale.
La Storia degli ultimi 50 anni ha dimostrato che il governo di processi complessi non può
essere lasciato alle sole forze di mercato. Occorre guidare le trasformazioni economiche e sociali,
per evitare che le traiettorie spontanee di sviluppo diano luogo a sistemi urbani che, come è stato
scritto da Antonio Calafati, invece di essere motori della crescita economica, si configurino come
città non solo “senza governo”, ma anche “senza intelligenza e senza strategia”.
Servono politiche pubbliche, a livello nazionale e regionale, ma anche comunale. Come è
avvenuto più volte nella nostra Storia, si può incidere sulla vitalità e sullo sviluppo del proprio
territorio (nazionale e locale): nelle Marche bisogna garantire le necessarie infrastrutture, sia quelle
materiali che quelle immateriali, dai trasporti pubblici all’indispensabile rete digitale. A Recanati
servono anche adeguati incentivi all’insediamento di nuove imprese e all’apertura di laboratori
artigianali o di nuove attività commerciali per rispondere alla crisi del Centro storico; ma soprattutto
si devono creare le condizioni favorevoli all’investimento in attività economiche innovative.
Insomma, la politica deve guidare lo sviluppo; può farlo con azioni dirette, ma può farlo
anche coordinando e stimolando l’insieme dei soggetti impegnati nelle politiche di sviluppo locale.
La Storia degli ultimi decenni ha dimostrato l’importanza del ruolo svolto da un tessuto
associativo diffuso non solo per la tenuta della coesione sociale, ma anche per lo sviluppo
economico di una città. Senza una società civile vigile e partecipe e senza un tessuto sociale
dinamico ogni città è destinata al declino. Gli amministratori comunali devono essere consapevoli
che un associazionismo vivace è una grande ricchezza per l’intera comunità.
Per concretizzare queste indicazioni, servono non solo amministratori competenti e
coraggiosi, convinti del valore della partecipazione e della necessità di coinvolgere l’intera
comunità locale, ma anche una classe dirigente, politica, culturale e imprenditoriale, a sua volta
consapevole dei problemi locali e cittadini partecipi e attivi. Ma serve una visione del futuro.
Serve un’idea di città. È l’augurio che faccio alla nostra città.

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