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Libri. Brutalismo Achille Mbembe

africa-achille-mbembe-750x410Traduzione di Valeria Pignatta
Politica contemporanea
Marietti1820 Bologna
2023 (orig. 2023)
Pag. 271 euro 23
Valerio Calzolaio

Dall’Africa, ovunque. Prima, ora e poi. È in corso un indubitabile cambiamento
epocale, ma anche di condizione, generato dalle trasformazioni della biosfera e
della tecnosfera. Il concetto di brutalismo viene evocato per il tramite del
pensiero architettonico ed è usato come categoria politica, serve a descrivere
un’epoca caratterizzata da tre elementi principali (calcolo computazionale,
economia neurobiologica, processo di carbonizzazione) e posseduta dal pathos
della demolizione e della produzione, su scala planetaria, di riserve di oscurità.
Il brutalismo è il processo di estromissione ed evacuazione degli individui e
delle sostanze organiche, con cui il potere in quanto forza geomorfologica
oramai si sostituisce, si esprime, si riconfigura, agisce e si riproduce attraverso
le tecniche politiche della fratturazione e della fessurazione, dell’esaurimento e
della deplezione. Le risorse e i corpi vivi sono appunto esposti all’esaurimento
fisico e a ogni tipo di rischio biologico, talvolta invisibile (intossicazioni acute,
tumori, anomalie congenite, problemi neurologici, disturbi ormonali). Il codice
maestro viene dal passato coloniale (quando l’Europa trasferì la propria parte
di tenebra sull’inesistente soggetto “negro”) ed è l’universalizzazione della
relativa condizione negra, la continua demolizione delle persone, delle cose, dei
sogni e della vita a partire dal contesto africano moderno, nella direzione di
“divenire africano del mondo”. La trasformazione dell’umanità in materia ed
energia è il progetto finale del brutalismo, occorre allora che si possa insieme
impegnarci, invece, a favore di una nuova coscienza planetaria, di una politica
della riparazione e della rifondazione di una comunità umana solidale con tutti
gli esseri viventi.

Il noto apprezzato filosofo camerunense, docente universitario di Storia e
Scienze politiche, Achille Mbembe (1957) ha scritto un altro stimolante saggio
sul postcolonialismo e sul riordino delle relazioni globali, individuali e
internazionali. La “riparazione” si oppone al brutalismo (del titolo) e richiede,
pertanto, la rinuncia a forme esclusive di appropriazione, il riconoscimento che
esiste l’incalcolabile e l’inappropriabile e che, di conseguenza, non ci può
essere possesso e occupazione esclusivi della Terra. Lo motiva con otto colti
intensi capitoli, dedicati soprattutto ai brutali fenomeni in corso: la
combustione del mondo; il dominio universale ovvero il nuovo colonialismo; la
fratturazione ovvero la frontierizzazione esasperata; l’animismo e la
visceralità; il virilismo ovvero il maschilismo della pulsione eiaculatoria; i corpi-
frontiera del neomalthusianesimo; le circolazioni vietate ovvero l’umanità nelle
gabbie contratte della sedentarizzazione difficoltosa e dell’isolamento forzato;
le comunità dei prigionieri (spesso ingannati e immobili); per concludere con
una comunque possibile “umanità potenziale” che guardi alla “politica del
vivente”. Le conclusioni partono dal vilipeso tradito articolo 13 della
Dichiarazione universale sulla libertà di movimento: oggi “la Terra non
appartiene più a tutti e, allo stesso tempo, non c’è quasi nessuna casa propria
a cui tornare. Tutto si riduce al calcolo, Non esistono più diritti duraturi. Tutti i
diritti sono revocabili”. Pensiamoci bene, per quanto il testo sia di non facile
lettura e a tratti sapientemente ideologico (con tanti “ismi” e frequente
sostantivizzazione concettuale di lemmi). Note bibliografiche a piede di pagina
e significativo ricchissimo indice finale dei nomi delle personalità citate.

v.c.

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