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Medici senza Frontiere. “Dagli all’untore!” di manzoniana memoria.

Fonte internet

Fonte internet

 

Gianfranco De Maio – Medico di Medici senza Frontiere

Tutti noi, indipendentemente dal nostro andamento scolastico, abbiamo dato almeno un’occhiata sui banchi di scuola ai “Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni. Per questo non può sfuggire a nessuno l’immaginario della fake news dell’untore. Eppure, tra le righe delle accuse inaccurate e fuorvianti che ci sono piovute addosso negli ultimi giorni, questa è la più grave e infamante.

Tralasciando che gli operatori di Medici Senza Frontiere hanno sempre accolto le persone soccorse stringendo loro le mani senza indossare guanti o mascherine, non c’è subcultura sanitaria che tenga: le infezioni a trasmissione respiratoria, come la tubercolosi, e quelle a trasmissione ematica/sessuale, come HiV, Epatite B e C, non potranno mai diffondersi attraverso indumenti e avanzi di cibo.

Per quelle a trasmissione oro-fecale, come Epatite A ed E, salmonella, è necessario che quei rifiuti vengano ingeriti e masticati. Anche l’acaro della scabbia, malattia della pelle più comune tra i migranti ma curabile con semplici creme ed emulsioni, potrebbe infestare nuovi soggetti solo se quei vestiti venissero indossati.

Peccato però che tutti i nostri rifiuti di bordo vengono consegnati alla società autorizzata alla loro gestione, dalla presa in carico fino allo smaltimento. Il tutto è regolato da trasparenti contratti con gli agenti portuali e avviene alla luce del giorno a ogni sbarco.

Se ci fosse davvero stato un rischio, ci saremmo augurati che le autorità preposte fossero intervenute prima, avessero sequestrato i nostri rifiuti, posto in quarantena i siti di smaltimento. Niente di tutto questo è mai successo.

Dal 2015 a oggi, non è scoppiata alcuna epidemia e non si è corso mai un rischio per la salute pubblica. Non è una questione di fortuna. La nostra clinica di bordo è un’infermeria per persone sopravvissute a un naufragio, non un ospedale. La maggior parte dei nostri pazienti presenta ustioni da carburante, ferite dovute al viaggio o alle torture subite in Libia, disidratazione, sintomi da annegamento. Chi ha bisogno di cure specifiche viene evacuato con elicotteri o motovedette della Guardia costiera italiana, ma è molto raro che una persona malata intraprenda un viaggio così lungo e pericoloso.

Non esitiamo mai a metterci in discussione, né ci sentiamo al di sopra della legge, ma consideriamo inaccettabile essere accusati di aver organizzato un’attività criminale finalizzata al traffico illecito di rifiuti. Il trattamento dei rifiuti e delle acque è centrale per la nostra attività medico-umanitaria e i nostri protocolli sono presi a esempio da realtà come l’Organizzazione mondiale della sanità.

Mentre stiamo lottando contro la peggiore epidemia di ebola in Repubblica Democratica del Congo, ci preme anche smontare questa marea montante di disinformazione e ignoranza attraverso un’informazione scientifica seria e basata sull’evidenza.

La trentesima Giornata mondiale contro l’AIDS è alle porte, siamo in tempo per non incorrere in falsi miti.

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