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Libri da leggere

Daniel_Pennacspecialedi Valerio Calzolaio

Capolinea Malaussène. Il caso Malaussène 2

Daniel Pennac

Traduzione di Yasmina Melaouah

Noir

Feltrinelli

2023 (orig. Terminus Malaussène. Le cas Malaussène 2, 2023)

Pag. 397, euro 22

Valerio Calzolaio

Dalle parti di Parigi, dentro e ai lati del cuore XX arrondissement. Verso il settembre 2021 (a otto mesi dalle elezioni presidenziali del 2022). Il seguito pratico del Signor Malaussène: in scena il rapimento interrotto e ripreso del ricco sgargiante Georges Lapietà (che ha l’elenco dei potenti corrotti) e la rischiosa rifinitura (lontano dal Vercors) del secondo romanzo-verità (terribile) del brasiliano Alceste Fontana, insieme a ogni anfratto e risvolto di tutte le vecchie storie dell’intera tribù allargata del capro espiatorio più famoso al mondo, Benjamin Malaussène. L’uomo d’affari era stato rapito dallo stesso figlio Iuc con gli amici Mara, Nange e Sigma, per fare una spettacolare opera d’arte. Solo che alcuni veri malviventi avevano compiuto la stessa scelta e ne era venuto fuori un gran casino. Il capo dei cattivi è Nonnino, età vetusta e voce dolce, amante di gratin dauphinois, violento e implacabile, ha un esercito colto e fedele di delinquenti ai suoi ordini, li ha educati alla verità cash e formati professionalmente, li guida con risolutezza nera. Ispettori e magistrati, bravi e somari, cercano di essere all’altezza. Ben soprassiede a Julius il Cane, al dormitorio familiare e all’orfanatrofio annesso; nella banda dei ragazzi c’erano il figlio e i cugini, Mara (incinta) sta con Iuc; come sempre lui si fa carico di tutto, ogni suo parente ha spesso sfiorato la morte, si vede scorrere davanti agli occhi il catalogo di esplosioni, massacri, violenze. Da dipendente tuttofare delle Edizioni del Taglione della Regina Zabo ha avuto ora l’incarico di procrastinare l’uscita del libro (“La loro grandissima colpa”), in cui Fontana racconta senza metafore non solo i pessimi comportamenti della propria stessa famiglia, otto fratelli (tre femmine e altri quattro maschi) e due genitori che li hanno adottati, ma anche i traffici sui piccoli calciatori rapiti in Brasile. La bella mamma, mentre accudisce il marito Paul (innamorato, un poco rimbambito agli Aliossi, residenza per anziani), fa le solite cazzate. Fuochi pirotecnici. E bombe.

Daniel Pennac (Casablanca, 1944) chiude il cerchio (da cui il titolo) e narra meravigliosamente un’altra gustosa avventura contemporanea di realismo magico. All’inizio il riassunto del volume precedente (2016) e la figura genealogica, in fondo la semplificante ripetizione del repertorio delle denominazioni e definizioni dei mitici personaggi seriali “inventati” (ben oltre il centinaio), citati o evocati, di qualche luogo e archetipo. Con la travolgente lettura manteniamo così memoria di amorevoli storie noir (l’autore termina ringraziando chi lo accolse 40 anni fa nella cantina della Série Noire), di fiabe ironiche e horror, di avventure mirabolanti intorno al mondo, di empatiche figure inevolvibili, di significati multisenso e impatti multisensoriali, di dialoghi scoppiettanti e colpi di teatro, di scene orride o poetiche in luoghi metropolitani e naturali, oltre che degli innumerevoli sfaccettati battiti dei silenzi (saturi, logorroici, cinematografici, invasori, lunghi, pensosi, divertiti). La narrazione s’avvia in terza persona su Nonnino; segue poi Ben in prima (come sempre); si occupa degli altri amici e sodali in terza; continuando ad alternarsi punti focali, scene e sequenze in quaranta capitoli e otto parti, l’ultima inevitabilmente intitolata alla “mamma” (che ha finora trascorso con figli e nipoti meno di mille giorni, non più di trenta mesi con la sua progenie), ogni parte con una frase del relativo testo in esergo. Ognuno dei precedenti romanzi della serie (1985, 1987, 1989, 1995, 2017; all’inizio anni diversi in Italia, ma sempre con la stessa straordinaria traduttrice) trova riferimenti e agganci, pur se Ben non è più il giovanotto versatile che può cambiare lavoro come cambia umore; da qualche decennio si smazza autori celebri; è un essere sociale, un capofamiglia, un uomo con dei doveri, ligio alle sue responsabilità. Ancora una volta è cruciale Verdun, la giudice Talvern, incaricata del caso Lapietà, minuscola saggia sorella urlante di Ben, moglie di un enorme professore panettiere. Aveva detto che “vivere significa passare il tempo a riempire i due piatti della bilancia”, arrivata a fine carriera e costretta a cambiare ancora vita, in meglio e con altre bilance. Segnalo il Père-Lachaise che plana più volte di notte sulle vie di Belleville, suscitando forse un qualche ulteriore stupore. Il calvados viaggia sugli 80 gradi. Il colonnello Nonnino gestisce anche i cori, Vivaldi e Vedrò con mio diletto sono utili a farsi reclutare. Oddio, addio?!

 

v.c.

Formule mortali. La prima indagine dei Cinque di Monteverde

François Morlupi

Noir

Salani Milano

2023

Pag. 391 euro 18 (1° ed. Libreria Croce 2018, ampiamente riveduta e corretta)

Valerio Calzolaio

Roma, agosto 2018. Quel sabato 18 agosto il metodico ipocondriaco commissario 53enne Biagio Maria Ansaldi, 1,75 per oltre 100 chili, occhi neri e folta barba brizzolata, occhiali tondi e pancia prominente, camicia rossa e scarpe gialle, si trova a letto in ospedale, reparto di neurologia al Lancisi. Per la terza volta negli ultimi quattro mesi ha avuto un attacco di panico, è svenuto all’entrata del suo cinema nell’elegante tranquillo quartiere Monteverde ed è caduto in una buca, atterrando su un cumulo di sabbia. Nessuno ha chiesto di lui, è in cura dalla dottoressa Sandra Trombert. Non sarebbe consentito, ma la magra e muscolosa 30enne vice ispettrice Eugénie Loy, capelli neri, lunghi e lisci, piercing viola appuntiti (fuori servizio) sul grazioso naso, sofferente viso regolare senza trucco, seno piccolo, vistoso tatuaggio sul braccio a forma di lanterna, riesce infine a entrare nella stanza del diretto superiore. La bionda Sandra è amica di Eugénie, entrambe italo-francesi, a scuola insieme. Sono le quattro del mattino, i due poliziotti chiacchierano. Meno di due ore dopo un 83enne va a fare una passeggiata a Villa Sciarra e rinviene un cadavere: prima una mano mozzata senza dita, poi gli arti amputati disposti sul terreno a disegnare una celebre formula fisica, E = mc2. Chiamano al telefono Loy, Ansaldi decide di uscire subito con lei, accorrono sulla scena del crimine, dove trovano già l’agente scelto Roberto Di Chiara, sconvolto. Dopo il sopralluogo si riuniscono nella sala conferenze del commissariato di via Cavallotti, anche con gli altri due agenti William Leoncini (aveva appena salutato la ragazza della notte prima) e Roberto Caldara (era in auto per una gita con moglie e figli). La storia è intricata; vi saranno altri cadaveri, formule e rapimenti; scoprono un caso analogo in Corsica; l’indizio delle monete conduce a fanatici religiosi; esistono video con le nefandezze nel dark web; la setta sembra estesa e con tante cellule. Rischieranno la vita e diventeranno una vera squadra.

L’italo-francese informatico (in una scuola francese di Roma) e ottimo scrittore François Morlupi (Roma, 1983) esordì con questo romanzo nel 2018, inaugurando una serie divenuta di grande successo, composta finora di altri due romanzi del 2021 e del 2022. Il nuovo editore ha deciso saggiamente di ripubblicare il primo, forse il migliore, tanto più che l’attuale versione tiene conto dell’esperienza. La narrazione è in terza varia, su tutti e cinque gli investigatori (da cui il sottotitolo dei romanzi seriali), come anche più brevemente su altri personaggi e sui cattivi carnefici, compresi quelli insospettabili che godono per le immagini delle torture e delle lente morti. Equazioni e formule (da cui il titolo) evocano reminiscenze di fisica, matematica e chimica; l’ultimo che scompare è un professore di letteratura italiana, esperto di Dante. Ansaldi è bravo e capace, amante e buon conoscitore di pittura e arte; aveva maturato una notevole efficienza di risultati alla mobile di Milano (continue indagini pericolose e assorbenti su mafia e criminalità organizzata); solo e ansioso, aveva voleva terminare la carriera in un quartiere poco in vista e anonimo; trasferito, si era dovuto occupare nei due anni precedenti soltanto di normale amministrazione; ora deve riuscire a sporcarsi di nuovo le mani e a trasformare i suoi stimati diversi sottoposti in un collettivo affiatato. Morlupi dedica perspicace attenzione alle biografie e alle relazioni interpersonali (pure professionali) dei suoi cinque protagonisti principali a Monteverde (quartiere del quale scopriamo con simpatia spazi e cose, più o meno buone). L’ambientazione è curata, lo stile efficace, il ritmo avvincente, i dialoghi accorti, non proprio sempre riuscite le scene d’azione. William s’invaghisce di Esthella sorseggiando prima piña colada poi un coctail a base di rum bianco, ananas e cocco. Il questore cita Guccini per dileggiare Ansaldi; l’introversa Eugénie preferisce Metallica e Nirvana, ça va sans dire.

 

v.c.

 

 

Rifugiati e solidali. L’accoglienza dei richiedenti asilo in Italia  

Maurizio Ambrosini (a cura di)

Sociologia

Il Mulino Bologna

2023

Pag. 348 euro 27

Valerio Calzolaio

Italia. 2011-2022, con spunti rilevanti sul prima e sul dopo. La società italiana e le sue istituzioni hanno faticato a riconoscere di essere diventate meta di migrazioni internazionali, ma hanno sperimentato una fatica ancor maggiore a entrare nella prospettiva di adempiere al dovere di dare asilo a vittime di guerre e persecuzioni, benché previsto dall’art.10 della nostra Costituzione (che ampia addirittura la casistica rispetto alla Convenzione di Ginevra). L’arrivo di immigrati per lavoro, sebbene colpiti dall’accusa (poco fondata) di sottrarre posti di lavoro ai disoccupati italiani, ha potuto trovare una sponda nei bisogni insoddisfatti del mercato del lavoro, nella visibile carenza di offerta delle mansioni più faticose e socialmente sgradite e, di conseguenza, nella partecipazione dei datori di lavoro alle ripetute sanatorie, famiglie comprese. Tutto ciò, invece, manca ai richiedenti asilo: la legittimazione della loro accoglienza discende pressoché unicamente da motivazioni umanitarie, accolti nei casi più favorevoli soltanto in quanto vittime traumatizzate. Così, nell’ultimo decennio, a partire soprattutto dalle Primavere arabe del 2011, si è accentuata non una “crisi dei rifugiati” ma una crisi dell’accoglienza ai rifugiati, certo in Italia e pure nell’Unione Europea. Nel nostro paese si è diffusa una rappresentazione intossicata dei rifugiati, oltretutto spesso confusi con l’immigrazione in generale (con la nota ostilità verso quasi chiunque arrivi e verso le minoranze religiose), accanto all’idea falsa (smentita dai dati) che siano i confini marittimi la principale porta d’ingresso. La gestione politica dell’asilo non è mai riuscita ad affrancarsi da un quadro emergenziale, fra l’altro con la diffusa riluttanza di molti comuni a collaborare volontariamente. I cosiddetti decreti Salvini hanno peggiorato la situazione, riducendo finanziamenti, competenze, dotazione di personale, accesso ai servizi. Sarà meglio fare un punto chiaro e concreto sulla realtà di dati e dinamiche.

Il grande sociologo delle migrazioni Maurizio Ambrosini (Vercelli, 1956) è un docente e un esperto serio e preparato. Apre l’introduzione al testo con la novità del caso ucraino, una risposta abbastanza positiva del nostro paese all’emergenza, riassumendo poi il quadro organico delle ricerche su sperequazioni e contraddizioni nella protezione dei rifugiati, svolte attraverso una collaborazione fra le Università di Milano, Genova, Trento e Verona, coinvolgendo decine di studiosi. I capitoli sono nove, opera di differenti autori, e riguardano: le “lezioni” acquisibili da un decennio di governance dell’asilo (coi casi di Bologna e Venezia); la prova dell’accoglienza durante il Covid-19; visioni, esperienze e dilemmi tra gli assistenti sociali per de-confinare i rifugiati; gli operatori e i volontari nell’accoglienza; le donne rifugiate nell’esperienza di “Lucha y Siesta” a Roma; i documenti, casa e lavoro, la conoscenza linguistica dei rifugiati a Milano; i rifugiati senza dimora (con il caso di Como); i migranti in transito (visibile e invisibile) sul confine triestino; il conflitto su mobilità ed accoglienza ai migranti in transito a Briançon. Molti esami concreti e localizzati, dunque. Del resto, i rapporti tra autorità locali e forze della società civile non sono riconducibili a una semplice dicotomia tra accoglienza e chiusura. I sociologi coinvolti hanno potuto identificare una tipologia più complessa, esaminata nel volume e forse utile a tanti amministratori comunali e regionali: conflitto, opposizione passiva, tolleranza implicita, devoluzione, cooperazione. L’arretramento della tutela dei diritti umani nell’Unione europea è reale e va contrastato, sul piano giuridico e sul piano sociale, a livello istituzionale e a livello amministrativo, con scelte solidali individuali e collettive. L’auspicio è che la lettura e il confronto rispetto ai temi del volume possano favorire un salto di qualità nel dibattito scientifico (ricchi seppur parziali sono i riferimenti bibliografici) e nel discorso pubblico su argomenti così cruciali per la convivenza umana e per le scienze sociali contemporanee.

 

v.c.

 

 

 

 

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