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Libri, brevi recensioni di Valerio Calzolaio

Manzini

Manzini

ELP

Antonio Manzini

Noir

Sellerio Palermo

2023

Pag. 537 euro 17

Valerio Calzolaio

Val d’Aosta e dintorni (anche francesi e svizzeri). Due settimane di aprile 2014. Il burbero vicequestore Rocco Schiavone s’annoia. In piazza giustamente gli ambientalisti manifestano davanti alla Regione, in tutt’Italia è la giornata del pianeta pulito. Lui beve un caffè al bar di Ettore (che ha preso Porzia, uno dei tre cuccioli di Lupa) e sceglie di andare a vedere da vicino, non riesce proprio a dar torto ai tanti giovani dimostranti. Anche alla questura di Aosta arrivano notizie preoccupate e allarmi ministeriali sulle efficaci azioni di protesta dell’Esercito di Liberazione del Pianeta, acronimo ELP, simbolo con quattro bastoncini verticali in un cerchio (in copertina, su schizzo dell’autore). Rocco incrocia l’ispettrice Caterina, sta correndo con un collega da una moglie maltrattata, la quale non fa denunce, e, quando lei torna, decide allora di pensarci lui al marito violento, tal Roberto Novailloz, carrozziere: gli dà appuntamento e lo mena in un angolo fra due vie, fuori dalle telecamere. Il fatto è che la mattina dopo il maltrattatore viene trovato ucciso, potrebbe essere invischiato in una storia di traffici illeciti (seguita anche dai carabinieri), ed è un delitto che va risolto in fretta se il vicequestore non vuole essere messo di mezzo. Rocco accoglie volentieri anche il caro amico ladro Brizio, che deve allontanarsi da Roma, e forse può dargli una mano. La distrazione viene dall’arrivo di ELP anche sulle Alpi e da due contemporanei strani episodi di vero ecoterrorismo, incongruenti ed esagerati: l’incendio ai locali di un tassidermista e l’omicidio di un ricco industriale con una lettera imbottita di tritolo. Servizi e questore sono certi della prima rivendicazione, Schiavone no, si convince sempre più che sia una vicenda connessa a storie e interessi familiari. Le due indagini all’inizio viaggiano parallele e non sono destinate a intersecarsi, se non per le prove faticose che impongono alla squadra mobile e alla scientifica, ogni componente con i propri attimi felici e guai: pedinamenti diurni e appostamenti notturni, minuziose autopsie e verifiche di laboratorio, consulenze grafologiche e fonetiche, pensieri individuali e azioni in coppia, convulse fumanti riunioni.

Dodicesimo godibilissimo romanzo con Schiavone per l’attore e regista di teatro Antonio Manzini (Roma, 1964), eccelsa serie concepita come opera unica “alla ricerca del tempo perduto”. Oltre ai connessi tredici racconti, a ottimi sette romanzi e due racconti “altri”, dal 2013 finora ha narrato venti mesi valdostani del suo personaggio romano (con incisi sul passato e “apparizioni” affettuose della moglie uccisa Marina), sempre con uno straordinario meritato successo (anche in televisione, spassosa e coinvolgente la quinta stagione, uno dei più grandi successi della storia di Rai Fiction, ora la sesta stagione è in forse). Nella nuova avventura il contingente processo di desertificazione interiore (il continuo circuito di inedia e rabbia, illusioni e delusioni) è confermato dall’infelicità e dalla solitudine amorosa di Rocco (reincontra Caterina, Nora e Sandra, in vario modo; coinvolto dagli amici si concede qualche ora riottosa con una rossa invitante prostituta in una casa di gioco e piacere), la mestizia affievolita prima dalla simpatia istintiva (a distanza) poi dal tifo consapevole (contiguo) per i ragazzi ecologisti. Via via che si giunge al concitato finale, alcune opinioni di Rocco si fanno più esplicite: fastidio fisico per la violenza maschile contro le donne e umana contro l’ambiente; senso di enorme noia per il troppo populismo della recente politica; consapevolezza del difetto più grave, specie in Italia, collettivo e individuale, quello di negare il passato e giustificare i danni inferti. La narrazione avviene in terza persona varia al passato (quasi sempre su Rocco), lo stile appare sempre curato e coerente fra commozione e sorriso, i dialoghi affiatati e divertenti, il titolo connesso ai fattivi ribelli contro chi inquina e copre. Il protagonista non rinuncia a Loden e Clarks, si rilassa con le solite canne non solo di prima mattina (ma servirebbe un boudoir in ufficio!), sottolinea alcune autorali rotture di coglioni ai diversificati livelli: scassacazzi inconsapevoli (sesto), caffè di merda (settimo), matrimoni, ignavi, password e scassacazzi sapienti come Costa e Schiavone stesso (ottavo), gli scassacazzi dittatori e gli omicidi (decimo, talora con pessima lode). Rocco non riesce a ignorare orrori ricordi lacrime, si concentra solo sull’indagine, con tanta pazienza e il solito acume (anche nel gestire i suoi uomini e donne). Tutti gli altri e le altre della squadra aggiornano propri casini e passioni: stanno per sposarsi Michela e Alberto (“la cosa più simile a degli amici” ad Aosta per Rocco), ma questa volta al centro c’è l’insopportabile D’Intino (un suo colpo per sbaglio era costato un rene al vicequestore), visto che nella propria minuscola mansarda arrivano da Mozzagrogna l’amata vedova Pupa Iezzi, accompagnata dalla madre e da nove valigie. Gli amici d’infanzia Brizio e Furio, abbastanza fuorilegge, ormai vengono arruolati e arruolano. Come sempre tanti libri nelle righe o fra di esse, tanti personaggi definiti dagli animali cui assomigliano (fra cui il barracuda Pietro Rakovic). Segnalo che a Milano Gabriele sembra scomparso. Whisky e rum sì, se è vino questa volta Vermentino ligure Colli di Luni (accompagnato da Vivaldi, in sottofondo). Da pischelli si godevano Friends di Mike Francis. v.c.

La terza dimensione delle mappe. Come la geografia dello spazio deciderà il nostro futuro

Tim Marshall

Trad. Sara Caraffini e Giuseppe Maugeri

Scienza Astronomia Politica (geopolitica)

Garzanti

2023 (orig. 2023 The Future of Geography)

Pag. 271 euro 19

Valerio Calzolaio

3

Spazio. Oggi (ieri e soprattutto domani). Lo spazio ha plasmato la vita umana sin dai suoi primordi. I cieli e le stelle hanno ispirato i miti della creazione, suggerito ovunque racconti e leggende, influenzato tutte le culture e stimolato il progresso scientifico. Gli scienziati ipotizzano che già nel tardo Paleolitico i sapiens studiassero le stelle e i primi astronomi usassero i calendari (portatili) mentre si spostavano nei lunghi viaggi legati alla caccia e alle migrazioni. Le valutazioni sugli astri per stabilire quando mettersi in marcia o, poi, quando seminare hanno lasciato tracce su pietre in tanti siti, con un impulso sostanziale legato alla matematica e alla scrittura (“astrolabio” in greco significa “che prende le stelle”). Nei secoli moderni e contemporanei, in maniera graduale, ma non completa, la religione organizzata nei paesi tecnologicamente avanzati si è ritirata nei propri templi e la scienza ha più e meglio occupato la sfera temporale, approfondendo le tre dimensioni dello spazio, altezza larghezza lunghezza (Newton), e la quarta con il tempo (Einstein). Le implicazioni della meccanica quantistica e dello spazio-tempo stanno aprendo nuove strade e nuove domande, le risposte andranno trovate mano a mano che ci allontaniamo dalla Terra. Sarà sempre più cosi: lo spazio diventerà un tema fondamentale per la geopolitica del XXI secolo. Se dobbiamo farci strada nella prossima Era Spaziale dell’astropolitica, possibilmente in modo pacifico e collaborativo, dobbiamo comprendere lo spazio nei suoi contesti geografici, storici, politici e militari. Oggi ci sono tre attori principali (Cina, Stati Uniti e Russia), molte altre nazioni e soggetti che agiscono autonomamente nel settore spaziale (fra i quali Unione Europea e Italia) e altre nazioni e privati che vogliono comunque avere voce in capitolo.

Il bravo colto giornalista e analista inglese Timothy John Tim Marshall (1959) ha scritto un ennesimo interessante libro per orientarsi nella conquista umana dello spazio, dopo quelli, fra gli altri, con le dieci “mappe” che spiegano e sulle centinaia di muri che dividono. La prima parte affronta il passato (“Il sentiero per le stelle”), quello remoto nel capitolo “guardare in alto”, quello dell’ultimo secolo nel capitolo “la strada verso i cieli”. La seconda parte esamina i progetti in corso (“Proprio qui, proprio ora”) con due capitoli introduttivi, di carattere generale, e quattro capitoli sui singoli paesi protagonisti (Cina, Stati Uniti, Russia in declino, gli altri). Le premesse essenziali vanno sottolineate: la geografia dello spazio comincia dalla Terra, perché per prima cosa dobbiamo trovare la via per salire (per esempio, meglio lanciare i razzi in direzione est e in aree prevalentemente disabitate) e lassù già sta diventando un ambiente congestionato; le norme internazionali esistenti sono terribilmente datate e troppo vaghe per essere attuali, non si capisce nemmeno bene a quale altezza finisca il “territorio” sovrano di una nazione e, pure sopra, le dinamiche di concorrenza e conflitto rischiano di prevalere, per esempio sull’irrisolta questione dei detriti. La terza parte guarda al “futuro passato”, alle guerre spaziali e al mondo di domani. Ognuno dei dieci capitoli ha una frase significativa in esergo e si apre con una grande foto a doppia pagina, in bianco e nero. La narrazione è accurata, piena di spunti (pure terminologici e culturali), briosa e competente, con riferimenti trasversali. “Quello che è certo è che continueremo ad avventurarci sempre più lontano dalla Terra. Ci stabiliremo sulla Luna. Vivremo su Marte e oltre”. Meglio farlo in pace. In fondo bibliografia scelta e indice dei nomi.

v.c.

Scienza e bene pubblico

 

Scienza e bene pubblico. Cittadinanza, conoscenza, democrazia

Fabrizio Rufo

Scienza e Bioetica

Donzelli Roma

2023

Pag. 128 euro 17

Valerio Calzolaio

 

Sapere scientifico. 2019-2022. Fin dagli albori della modernità la conoscenza rappresenta un bene pubblico di primaria importanza. Eppure, nonostante il decisore pubblico si trovi sempre più di fronte a scelte che riguardano materie ad alto contenuto tecnico, esiste una sostanziale assenza, almeno nel nostro paese, di un inquadramento e di una relazione istituzionalmente stabile tra conoscenza e decisione, entrambe intese come attributi della sfera pubblica democratica. La conoscenza non dovrebbe essere semplice speculazione, bensì anche e soprattutto la ricerca di regole d’azione, la sua funzione principale è quella di produrre risultati per una progressiva e democratica trasformazione della società. La conoscenza è un’elaborazione molto più avanzata e raffinata dell’informazione, perché richiede, innanzitutto, la capacità di creare connessioni, è un bene relazionale e attivo, non statico e circoscritto. In una visione reticolare (e non gerarchica) della conoscenza assume un ruolo decisivo la “cittadinanza scientifica”: il diritto di chiedere e ricevere informazioni; il diritto di accesso a dati aperti e grezzi; il diritto di consultazione e partecipazione rispetto alle decisioni; il diritto alla collaborazione nella definizione di questioni sociali science-based. Il progresso del sapere scientifico è dunque un valore che deve essere costantemente nutrito di cultura democratica, grazie alla quale diventa possibile ampliare, diffondere e consolidare quell’etica della conoscenza che può e deve regolarlo.

Il colto acuto docente di Bioetica (a Roma) Fabrizio Rufo (1966) considera da sempre la scienza un fatto sociale troppo importante per ignorarne gli effetti nelle profonde e quotidiane modifiche delle nostre azioni (lavoro, salute, alimentazione, tempo libero) e del mondo in cui viviamo. Il volume raccoglie spunti contenuti in saggi stesi per volumi collettanei tra il 2019 e il 2020, integrati e rielaborati in tre capitoli, e un quarto capitolo inedito (il terzo in ordine di pubblicazione). Dopo la premessa si alternano due argomenti teorici e due casi concreti (di biografia scientifica ed ecosistema urbano): il rapporto tra scienza e democrazia (il più lungo); Giovanni Berlinguer, la politica come etica sociale; la salute e l’etica del lavoro; Roma, la città della scienza (il più breve). Il primo inquadra l’intero testo in una “proposta pragmatista”, riprendendo le riflessioni di Giulio Preti, John Dewey e Philip Kitcher, rispondendo efficacemente ai critici della scienza e ai critici della democrazia e definendo il paradigma della bioetica. Il secondo riassume lo straordinario contributo scientifico e civile di Giovanni Berlinguer (Sassari, 1924 – Roma, 2015), dalla tesi di laurea in medicina nel 1952 (sulle differenze di mortalità nei quartieri romani) agli scritti su malattie, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro degli anni successivi, dal decisivo contributo parlamentare e normativo nei Settanta alla bioetica istituzionale e quotidiana dei decenni successivi (contro sia la critica radicale della scienza che lo scientismo). Il terzo affronta storica polisemia di significati e persistenti dilemmi etici legati al nesso salute-lavoro, con attenzione particolare alle prime esperienze di citizen science. Il quarto conferma l’esigenza antica e duratura di considerare Roma una capitale sovranazionale del sapere scientifico, con dovizia di studi e informazioni. In fondo un utile indice delle tante personalità richiamate (Berlinguer, Dewey e Gramsci i più citati, Pietro Greco un paio di volte).

 

v.c.

 

 

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