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Quartiere San Marone: Casa Famiglia “Dopo di Noi”, l’ANFFAS, la PARS, il SERT

veduta esterna sede ANFFAS Foto R. GiustozziAprès moi le déluge! (fr. «dopo di me il diluvio»). La frase è attribuita dalla tradizione a Luigi XV, re di Francia. L’avrebbe pronunciata nel corso di una conversazione con la marchesa di Pompadour, allo scopo di porre fine alle insistenti esortazioni di occuparsi attivamente degli affari dello stato. È citata anche nella forma après nous le déluge, e attribuita alla marchesa di Pompadour. La frase viene citata a sproposito, anche per essere alla “page”, da chi ritiene di essere indispensabile e vede dopo la propria morte il caos ed il fallimento di ogni cosa. Non è stato così per un pugno di famiglie di Civitanova Marche che, avendo dei disabili in casa, dopo aver costituito la sezione locale dell’ANFFAS nel lontano 1984, hanno lavorato per costruire nella nuova sede di via Trilussa un centro residenziale per disabili giovani ed adulti. Grazie a loro, il 30 ottobre 2005 avviene l’inaugurazione della casa famiglia “Dopo di Noi”. Da  dieci anni  la sede di via Trilussa è entrata nel cuore del quartiere San Marone.

 

Il compianto e indimenticato ing. Ferdinando Cabassi, pioniere assieme ad altri uomini e donne nella costituzione anche a Civitanova Marche del nuovo centro residenziale, saliva e scendeva le scale dei palazzi dove si amministra il potere, non per mendicare pietà e commiserazione, ma per rivendicare con forza e dignità quello che è dovuto in termini di diritto riconosciuto dalla Carta Costituzionale: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (Art. 3 della Costituzione Italiana).

 

Il centro residenziale, che può ospitare fino ad un massimo di quattordici utenti, per un periodo ne ha ospitati dieci che o non avevano famiglia o che non potevano essere seguiti dalla famiglia anche se questa esisteva. Alcuni poi provenivano da fuori comune. C’è sempre un gap tra i bisogni reali e le lungaggini burocratiche che ritardano l’ingresso di altri bisognosi. Le norme regionali stanno mettendo nuovi paletti, anche per uniformare tutti i centri. Se fino a pochi anni fa si sosteneva che piccolo è bello e si chiedeva che ogni centro avesse un numero basso di utenti, almeno fino a venti, oggi si tende invece a fare in modo che tutti i centri abbiano almeno sessanta utenti, per accedere ai finanziamenti regionali. Il consiglio direttivo della casa famiglia “Dopo di Noi” di Civitanova Marche ha pensato di creare più nuclei di case famiglie nel territorio (Montecosaro, Montecanepino), consorziati tra loro, ridistribuendo nei nuovi centri residenziali: utenti e personale educativo. Il tentativo è sempre quello di mantenere in ogni centro residenziale lo spirito di Casa- famiglia e non quello di un Istituto, pericolo che si corre quando la struttura diventa troppo grande.

 

Il centro diurno di via Trilussa invece è frequentato da diciotto utenti. L’entrata e l’uscita sono abbastanza elastiche. Si rispettano i bisogni delle famiglie. L’orario comunque va dalle ore 8,00 alle 15,00 o alle 17,00. I responsabili ANFFAS di Civitanova Marche chiedono la collaborazione di un numero più ampio di volontari qualificati, sia per abbattere i costi di gestione, sia per dirottare eventualmente altri operatori in ambiti dove è più urgente la loro presenza. Nel centro operano gli operatori di due cooperative: Il Camaleonte e la Formicabile che prestano la propria opera non a titolo gratuito. Questo personale, a volte, in mancanza di volontari, è impiegato nell’assistenza alla mensa o in altre mansioni, quando invece potrebbe essere utilizzato in altri servizi più qualificati dove spendere meglio la propria professionalità. I finanziamenti che arrivano, in presenza di una crisi economica in atto da diverso tempo, non sono sufficienti a coprire tutte le necessità. Si vuole comunque offrire sempre un servizio di qualità.

La sede ANFFAS di Civitanova Marche

 

Dalla posa della prima pietra (10 marzo 2002) all’inaugurazione della Casa Famiglia “Dopo di noi” (30 ottobre 2005), il cammino dell’Associazione è stato in salita ma con l’aiuto di tanti si è arrivati felicemente al traguardo. Il Comune di Civitanova Marche ha offerto il terreno, le fondazioni Carima e Cariverona hanno contribuito in larga parte a coprire le spese di costruzione. La generosità di tutto il comprensorio locale ha reso possibile che il 30 ottobre 2005 si sia potuto finalmente festeggiare la fine di una lunga ed annosa attesa relativa ad una dignitosa sistemazione riguardante i ragazzi e le attività Anffas.

 

L’inaugurazione della nuova sede ha segnato l’inizio di una presenza Anffas sempre più incisiva ed importante nel campo della diversa abilità. Dal centro pomeridiano si è passati prima all’apertura di un servizio diurno prolungato di undici ore giornaliere poi ad un centro residenziale, quindi ad un centro pomeridiano per ragazzi minorenni, arricchendo le proposte educative con laboratori e prestazioni specialistiche in campo relazionale-riabilitativo. In tutte queste fasi si è tenuta sempre presente l’integrazione con il tessuto sociale e con le sue strutture solidali con le quali si sono pian piano costruite sinergie significative in campo sportivo, ludico-ricreativo, scolastico, teatrale ed in altri versanti.

 

Nel Settembre 2005, ancor prima che la struttura sia inaugurata, parte il centro diurno con orario spezzato antimeridiano e pomeridiano. Nell’Ottobre 2005 viene inaugurata ufficialmente la struttura  di via Trilussa. Nel Novembre 2005 il centro diurno diventa continuativo e prolungato con il pranzo servito in sede. Nel Settembre 2006 si apre il centro residenziale con le prime due utenti. Nell’Ottobre 2011 ha inizio l’esperienza del centro minori con tre pomeriggi a settimana. Nel Marzo 2014 si costituisce la cooperativa di tipo B per l’inserimento lavorativo di disabili intellettivi e relazionali. Nel Settembre 2014 inizia a funzionare il centro minori per quattro pomeriggi a settimana. Nel Novembre 2014, con l’ampliamento del centro residenziale, la struttura arriva a poter ospitare fino a quattordici utenti.

 

Laboratori e Attività

 

I laboratori e le attività legate al territorio hanno arricchito di valore e di contenuti i tempi ed i luoghi frequentati dai ragazzi e adulti disabili. Questi i laboratori attivati: la musicoterapia, Il teatro ed il cinema, la scrittura creativa: le storie siamo noi, l’arte e la manualità, l’ausiloteca ed il computer, le autonomie personali, lo sport in collaborazione con le associazioni “Anthropos”, “Cavalli delle Fonti”, “Bocciofila Fontespina”, “Liberi nel vento” e l’inserimento lavorativo in collaborazione con le cooperative sociali “Il Nodo” e “La Formicabile”. Accanto ai laboratori hanno preso consistenza negli anni molteplici attività legate al territorio: “Perché noi serviamo”, pulizia palestre delle scuole in collaborazione con gli Istituti Comprensivi Sant’Agostino e di via U. Bassi,  l’asilo nido “l’Albero dei Balocchi”, la colonia marina, le vacanze estive a San Benedetto, la pubblicazione del giornale IL GABBIANO Anffas  formato on line e cartaceo, pubblicistica on line, bomboniere, l’iniziativa “Roselline primavera”, la partecipazione alla rassegna d’arte vivente “Vita Vita”, la “Festanffas” a chiusura dell’anno sociale, la lotteria natalizia, lo spettacolo di Natale, il Meeting di bocce, la Raccolta di tappi di plastica, lo spettacolo teatrale pro Anffas del gruppo parrocchiale S. Gabriele, la festa del primo Maggio presso lo chalet da Arturo, “Passeggiare degustando”, il “Progetto inclusione” in collaborazione con la  scuola primaria Istituto comprensivo di Via Tacito, la festa di apertura annuale  dell’anniversario Anffas., Campi scout  di servizio Rover- scolte, la raccolta fondi 5×1000, il torneo “Pietro La Notte”.

 

 

 

Chi si ferma è perduto”. Recita così il vecchio adagio. In questi tempi di crisi, il rilancio dell’associazione è la scommessa su cui costruire il futuro, specie in ambito sociale. La pandemia da Coronavirus ha bloccato per qualche anno alcune iniziative, ma la ripartenza è iniziata, sia nella sede di Civitanova Marche sia in quella di Montecosaro. Con l’occhio attento alle esigenze del territorio ed alle necessità del centro, l’associazione è proiettata ad ampliare l’offerta nel campo della diversa abilità. Per il prossimo futuro, c’è la fattiva presenza dell’ANFFAS nel gestire il nascente parco di Via Guerrazzi sito nelle vicinanze della sede, che per ora viene animato in occasione dell’annuale Festanffas di giugno. venti anni non sono molti  ma non sono nemmeno pochi. Forte della significatività che l’ANFFAS ha portato nel comprensorio civitanovese, la stessa si ripromette di continuare ad esserci e di impegnarsi nel migliorare la propria offerta. La cooperativa “Il Camaleonte” che da sempre gestisce i servizi assistenziali ed educativo- riabilitativi della sede di via Trilussa, continuerà a collaborare e a sostenere l’associazione con la competenza e la fedeltà di sempre.  Sito Internet dell’ANFFAS www.anffascivitanova.it/chi-siamo

 

Cooperativa Sociale P.A.R.S. “Pio Carosi”.

 

Percorrendo la statale Adriatica, poco oltre il passaggio a livello della ferrovia per Civitanova – Macerata, andando verso Porto Sant’Elpidio, sulla destra, un cartello ben visibile, segnala in via Carducci, al N° civico 107/b, la presenza di una Cooperativa Sociale. Si tratta della P.A.R.S. Facile la comprensione della sigla: Prevenzione Assistenza Reinserimento Sociale. Già associazione dal 1990 opera nel campo dell’educazione dei giovani e della cura di dipendenze patologiche e disturbi della personalità: abuso di sostanze ed alcool, disturbi dell’alimentazione e depressione.

 

E’ intitolata a Pio Carosi, un giovane morto a soli quarantuno anni il 22 Ottobre del 1988 per i danni provocati dalla droga, ma che nell’ultimo periodo della sua vita visse un cambiamento profondo grazie al lavoro fatto dagli operatori nella “Comunità Incontro” di don Gelmini. Qui, con l’aiuto degli altri e con la propria forza di volontà, iniziò a percorrere un cammino personale verso quella libertà che invano aveva cercato nelle cose esterne da lui per quarant’anni, come ebbe a scrivere nel proprio diario: “Ora mi sembra di essere in un vortice che mi attira sempre di più; mi attira, sento, verso il raggiungimento di quella libertà che invano per 40 anni sono andato ricercando” (Cfr. Il vortice della libertà, diario del ritorno alla vita di un tossico Pio Carosi, Pollenza, 1993).

 

E’ il fiore all’occhiello della cittadina adriatica ma anche di una buona fetta di territorio dell’intera provincia di Macerata e non solo. Ha infatti proprie sedi a San Ginesio, Cingoli, Amandola, Corridonia, Ancona e Recanati, con comunità di recupero e centri diurni. Il suo scopo è quello di aiutare la crescita dei giovani più difficili, unendo l’aspetto educativo con le risorse offerte dalla medicina e dalla psicologia.

 

I dipendenti della Cooperativa sono un centinaio, una cinquantina i volontari che aiutano dall’esterno le diverse anime della stessa. Le figure professionali che operano nelle strutture sono variegate: psicologi, psicoterapeuti, educatori, medico- psichiatra, maestri d’arte. E’ fondamentale possedere le competenze, ma tutto deve essere unito ad un aspetto fondamentale in campo educativo: fare le cose con amore e passione, non con l’idea di fare un lavoro da impiegato. Il tanto aborrito termine Missione è ancora amato da qualcuno.

 

Sulla storia della Cooperativa rimando alla breve recensione dell’articolo, cliccando il link riportato qui di seguito: http://www.specchiomagazine.it/2019/09/10789/

 

 

 

La comunità terapeutica “Le Querce”.

 

La P.A.R.S gestisce a Civitanova Alta, in contrada Mornano poco oltre il Tirassegno, la Comunità terapeutica “Le Querce”. Si tratta di una struttura di proprietà del Comune di Civitanova Marche data in gestione alla Cooperativa, in convenzione con la locale Azienda U.S.L. n. 8 dal gennaio del 1999. E’ situata in collina, a poche centinaia di metri dal Centro del paese, tuttavia in una località appartata, circondata da un ettaro di terreno, ammantato da querce secolari e da ulivi, in posizione panoramica. E’ la Comunità forse la più grande di tutte quelle gestite dalla Cooperativa. Ha infatti ben 23 posti residenziali e 4 semiresidenziali. Consta di due edifici principali, entrambi articolati su due piani, uno dei quali dotato di un ascensore e servizi per disabili. Sono presenti anche dei locali per le attività ricreative e sportive, nonché stanze adibite per gli incontri d’equipe e per i colloqui.

 

La struttura accoglie anche una bottega artigianale di falegname e restauro di mobili ed un laboratorio di ceramica dotato di apposito forno, per la realizzazione di suppellettili. Agli utenti, grazie anche alla presenza di maestri d’arte ed artigiani, vengono insegnate le tecniche base per la lavorazione della ceramica e del legno. Lo spazio esterno è occupato da un parco per la metà della superficie, da un ampio orto e da un vasto frutteto; è presente inoltre anche una serra dove vengono effettuate coltivazioni di piante e fiori da giardino e dove vengono avviate le coltivazioni da orto.

 

Gli operatori e gli ospiti, per l’affidabilità e la professionalità dimostrate, hanno avuto in gestione dal Comune di Civitanova Marche, la manutenzione di aiuole e spazi verdi cittadini. Dal Novembre 2007, la P.A.R.S. ha rilevato, in virtù della collaborazione avviata da decenni con l’Ente locale, la conduzione della Mediateca Comunale posta in via Ginocchi, sopra la Farmacia, prospiciente la Chiesa di San Giuseppe. E’ uno spazio aperto tutti i pomeriggi dalle 15.00 alle 19.00. I ragazzi vengono aiutati a fare i compiti, vi trovano anche dei momenti ludico creativi ed occasioni per cementare amicizia e condividere  progetti comuni.

 

La comunità educativa “Icaro”

 

Nella struttura di via Carducci è attiva anche la Comunità Educativa “Icaro”. Ospita per un periodo di ventiquattro mesi un numero massimo di 7 minori al fine di garantire il rispetto dell’individualità e dei bisogni psicoaffettivi ed 1 posto di Pronta Accoglienza. I minori sono di ambedue i sessi, dai 6 ai 17 anni. Il personale della Comunità è costituito da figure professionali con una notevole e comprovata esperienza nel settore dei minori e del disagio minorile, capaci di lavorare in equipe multidisciplinari e adeguatamente preparate grazie alla formazione permanente che la Cooperativa stessa garantisce a tutti gli operatori coinvolti. Il fine della Comunità Educativa “Icaro” è quello di sostituire temporaneamente la famiglia di origine per un tempo necessario al superamento delle difficoltà dei genitori e al raggiungimento di un’autonomia della persona. Verrà il tempo in cui il minore sarà in grado di volare da solo nei cieli della vita come il mitico Icaro dell’antica Grecia.

 

La collocazione della casa nel centro della città favorisce il rapporto e l’integrazione nel contesto sociale attraverso contatti con i vari servizi che si occupano di scuola, lavoro, sport e tempo libero. La P.A.R.S. di via Crucci è frequentata da molti ragazzi della Scuola Elementare, Media e Superiore per il sostegno nello studio (dopo scuola); sono seguiti da operatori della Cooperativa in accordo con le Istituzioni Scolastiche o perché segnalati dai servizi sociali del Comune. Nel corso del 2006, il progetto “Icaro” ha seguito 560 studenti di Istituti Superiori, per un totale di 424 ore circa ed 8 minori segnalati dal Comune di Civitanova Marche per un totale di 564 ore.

 

 

 

 

Alza la testa, non il gomito

 

Particolarmente apprezzato è stato il progetto di prevenzione e promozione della salute per e tra i giovani avviato nel 2005, di titolarità dell’ASUR, Zona N° 8 e dato in gestione alla PARS. Il servizio è stato svolto in collaborazione con il Dipartimento per le tossicodipendenze di Civitanova Marche. Gli operatori della Cooperativa si facevano trovare all’esterno delle discoteche della zona, per fare opera di prevenzione all’ingresso e all’uscita dei giovani dai locali Vedere operatori dell’Unità Mobile Territoriale con le attrezzature necessarie tra le quali l’etilometro per misurare la concentrazione dell’alcool etilico nel sangue era un deterrente di non poco conto per i giovani che frequentano la struttura. Molte probabili “stragi” del sabato sera sono state forse evitate da questi angeli della notte. A loro va il ringraziamento di tutta la Comunità che si riconosce nei valori della vita. Essa è un dono. Ci è stata data e dobbiamo spenderla per nobili fini e non per consumarla lungo i sentieri che non portano in nessun dove: droga, delinquenza ed emarginazione.

 

Bibliografia

 

  1. Il vortice della libertà, diario del ritorno alla vita di un tossico Pio Carosi, Pollenza, 1993.
  2. Salvatore Abruzzese, Il miele e la neve, l’avventura della Pars, agosto 2015 Loreto – Trevi.
  3. Sito Internet della PARS: https://tirocini.opl.it/scheda-ente-pubblica.php?ide=2003

 

 

Il Dispensario di San Marone, luogo per la profilassi e la cura di malattie infettive.

 

Tubercolosi e rachitismo nei primi anni del novecento erano due malattie infettive che incutevano paura nella popolazione e allarmavano non poco le autorità. I primi congressi nazionali per la lotta alla tubercolosi si tengono nel 1927, anno in cui muoiono in Italia ben 60.000 persone per questo male che non dava scampo. Si fa strada l’iniziativa di sensibilizzare l’opinione pubblica a non sottovalutare il problema. In campo legislativo si preme perché si stipuli un’assicurazione contro la tubercolosi. Si tengono campagne promozionali per raccogliere fondi. L’intento è quello di creare strutture idonee che accolgano i malati. Anche in questo campo, l’Italia giunge con ritardo rispetto ad altri paesi europei. Il primo dispensario il Royal Victoria Dispensary, che raccoglie i malati di tubercolosi, viene aperto nella città di Edimburgo, in Scozia, nel 1887; in Italia, nel 1919, funzionano su tutto il territorio nazionale 81 dispensari.

 

La prevenzione della tubercolosi doveva avvenire nella fanciullezza e nell’adolescenza, quindi in età scolare, ma si sa che la scolarizzazione di massa era ancora di là da venire. Il medico scolastico raggiungeva pochi ragazzi e ragazze, quelli più fortunati che potevano andare a scuola. I primi dispensari vengono aperti nelle grandi città. In provincia di Macerata, su una popolazione di 285.122 abitanti, nel 1931 funzionano solo due dispensari, uno per ogni 150.000 abitanti circa. Si era molto al di sotto di quanto la Direzione Generale della Sanità Pubblica auspicava, un dispensario per ogni 50.000 abitanti. Col tempo, le amministrazioni locali di tutti quei centri investiti dalla prima industrializzazione si pongono il problema di costruire un dispensario dove curare gli ammalati di tubercolosi.

 

A Civitanova Marche operavano già la fabbrica Cecchetti, la fabbrica delle bottiglie e altre realtà industriali. Si arriva così al consiglio comunale del 10 marzo 1933 dove si decide la costruzione di un dispensario all’incrocio tra le vie Mazzini e Massimo D’Azzeglio. Ben presto però ci si rende conto che l’ubicazione non è delle migliori. Il posto era ubicato nel centro del paese che si andava allora popolando Si opta allora di creare il nuovo dispensario a San Marone, quartiere ancora poco abitato, con la campagna attorno. Il luogo esatto è all’altezza del quadrivio formato dalla strada che sale a Civitanova Alta (via G. D’Annunzio) e la nuova variante della statale Adriatica, che si raccorda verso Nord con la via Colombo, già Aprutina Superiore.

 

Una fotografia del 1933 è un documento unico per leggere tutto il grande quadrivio di San Marone. Funzionava già dai primi anni del novecento la tranvia Civitanova Alta – Porto Civitanova, verso Sud c’era l’altra variante della Statale Adriatica (attuale via Carducci), via Dante era ed è tuttora la strada per Macerata, mentre l’attuale via Cecchetti – Buozzi era la strada che entrava ed entra dentro l’abitato della cittadina adriatica. Sul retro si apre il santuario di San Marone con la canonica e di lato, sulla sinistra le case di via Parini, le abitazioni dei “Cecchettari”, gli operai che lavoravano nella fabbrica “Cecchetti”.

 

Sulla vie di comunicazione, la pesca, la ferrovia, l’agricoltura con la Tenuta dell’Amministrazione Bonaparte, l’industria e l’artigianato, la stazione ferroviaria, la fabbrica di bottiglie, la fabbrica di sedie Mercanti, le officine Cecchetti e Taddeo Giusti, l’energia elettrica, i consorzi agrari, il molino Americano, i pastifici,  gli oleifici, il villino Capparuccia, il saponificio Ciamberlani, le fornaci, le officine elettriche, la saccheria Vignati, le fonderie, le abitazioni pubbliche e private, la chiesa di San Marone, la case popolari di via Dante (le sette sorelle), la sanità e il dispensario, rimando al saggio di Marco Diomedi, San Marone, quartiere industriale e residenziale a ridosso del centro urbano, pubblicato nel nono volume Civitanova Immagini e Storie, pagg. 37- 76, Capodarco di Fermo, 2001).

 

Proprio sul dispensario di San Marone, Marco Diomedi scrive: “Il fabbricato richiamava i canoni dell’architettura del periodo: blocco monolitico, simmetrico e lineare, dove unica discontinuità era costituita dal fronte principale con una rientranza in corrispondenza dell’accesso e da due torri. Le  di massima erano di mt 15,50 sul fronte per 19 di profondità, con un piccolo giardino, in parte lastricato per essere ben lavabile, posto anteriormente affinché i visitatori potessero trascorrere in località appartata dal pubblico e non sulla strada  quei pochi momenti di attesa prima dell’ingresso. Le pareti esterne erano lisce e senza ornamenti, di colore bianco come si confaceva alle costruzioni sanitarie, e la copertura era piana, accessibile mediante una scala mono rampa interna ad una delle due torri, nelle quali si trovavano due ripostigli; in questa specie di solarium si potevano sfruttare le qualità elioterapiche del nostro clima da parte dei malati stessi” (Marco Diomedi, Dispensario, ibidem, pag. 71). Tutta la struttura, situata in un posto allora poco trafficato, garantiva la massima privacy e quello che oggi abbiamo imparato a conoscere con l’espressione distanziamento sociale. I malati di tubercolosi erano emarginati perché la malattia era considerata particolarmente pericolosa e infettiva.

 

Nel corso degli anni, la struttura, nata come dispensario per la prevenzione e la cura della tubercolosi, ha ospitato altri servizi propri di una società complessa. A tutt’oggi è la sede del SERT (Servizio per le Tossicodipendenze). “Il SERT è un servizio pubblico del Sistema Sanitario Nazionale dedicato alla cura, alla prevenzione alla riabilitazione delle persone che hanno problemi derivanti dall’abuso di sostanze psicoattive, come ad esempio droghe e alcool, in grado di generare dipendenza. I SERT dipendono dalla Regione e sono attivi all’interno della Asl, cioè in ogni Distretto Sanitario. All’interno del SERT operano diversi professionisti qualificati e specializzati nella dipendenza da sostanze psicoattive come medici, infermieri professionali, educatori professionali, sociologi, assistenti sociali e psicologi. Offre servizi gratuiti e garantisce l’anonimato, fermo restando la obbligatorietà da parte del paziente nel fornire i propri dati anagrafici alla struttura. I servizi offerti hanno l’obiettivo di fornire il sostegno e l’orientamento ai tossicodipendenti e alle proprie famiglie dal punto di vista medico-infermieristico anche grazie alle campagne di informazione e di prevenzione.

 

Nel dettaglio, le strutture accertano lo stato di salute psicofisica del soggetto, arrivando alla definizione di programmi terapeutici individuali che possono essere effettuati o nel SERT stesso o in altre strutture convenzionate come i centri di recupero. È fondamentale il monitoraggio continuo del soggetto: per questo vengono effettuati molto spesso esami del sangue, delle urine e dei capelli. I SERT operano nel rispetto dei criteri fissati dai livelli essenziali di assistenza (LEA) assicurando la disponibilità dei principali trattamenti relativi alla cura e riabilitazione dall’uso di sostanze, garantendo, compatibilmente con le risorse economiche a loro disposizione, la libertà di scelta del cittadino e della sua famiglia ad attuare i programmi terapeutico – riabilitativi presso qualunque struttura autorizzata in tutto il territorio nazionale. I SERT, in accordo con il paziente e con il proprio nucleo familiare, anche mediante l’utilizzo di altri servizi specialistici, pubblici e privati accreditati o autorizzati, si occupano della prevenzione e della cura di tutte le patologie correlate alla dipendenza da sostanze” (Fonte Internet).

 

Raimondo Giustozzi

 

Bibliografia: Marco Diomedi, San Marone, quartiere industriale e residenziale a ridosso del centro urbano,  Civitanova Immagini e Storie, Vol. 9,  pp. 37- 76, Capodarco di Fermo, 2001.

 

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