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Don Primo Mazzolari, profeta inascoltato. Le idee valgono per quello che costano non per quello che rendono.

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Fare memoria dell’eredità culturale, religiosa, sociale e politica di don Primo Mazzolari, la seconda guerra mondiale e la liberazione di Civitanova Marche dal Nazi – Fascismo per opera del Secondo Corpo D’Armata Polacco, dopo settanta cinque anni il Fascismo minaccia ancora la vita democratica. Sono stati tre appuntamenti che hanno animato la vita culturale di Civitanova Marche nell’arco di tre giorni, con uno sguardo rivolto al passato, l’attenzione verso il presente, con una nostalgia circa il futuro.

Giovedì ventisette giugno, alle ore 21,30, presso la sala don Lino Ramini di via del Timone N° 14, il professore Anselmo Palini ha tratteggiato la figura di don Primo Mazzolari. Il prete di Bozzolo è in compagnia di quanti, nella notte delle dittature, hanno opposto la loro ribellione, in difesa della libertà: Dietrich Bonhoeffer, Edith Stein, i fratelli Sophie e Hans Scholl con il loro amico Christoph Probst (I ragazzi della Rosa Bianca), Teresio Olivelli (Ribelli per amore), Oscar Romero, Jerzy Popieluszko e molti altri ancora.

Il segno distintivo nella vita di don Primo Mazzolari è stato Gesù Cristo. Profeta inascoltato anche all’interno della Chiesa, boicottato e perseguitato per lunghi anni dal Santo Uffizio, Mazzolari era un sacerdote animato da una profonda ansia pastorale e da una vita appassionata, entusiasta, tribolata ma felice. Si era formato nell’oratorio di Brescia, animato dai Padri Filippini, centro culturale di libertà negli anni bui del Fascismo. Molti di quel piccolo circolo culturale entrarono a far parte delle gloriose brigate partigiane bresciane Fiamme Verdi e caddero per mano di Nazisti e Fascisti. Gli amici di sempre saranno: padre Ernesto Balducci, David Maria Turoldo, Giorgio La Pira, Luigi Santucci.

Scrive don Primo Mazzolari: L’uomo libero e consapevole è sempre un resistente, qualunque siano i tempi e i regimi. Ci sono sempre delle cose che non possono essere ascoltate dal galantuomo. Appoggia il movimento Neoguelfo guidato da Pietro Malvestiti e stringe amicizia con Achille Grandi, futuro fondatore e primo presidente delle ACLI (Associazioni Cristiane dei lavoratori italiani) nell’immediato dopoguerra. Per la sua resistenza al Nazismo e al Fascismo è costretto a nascondersi per oltre nove mesi, cambiando spesso abitazione perché minacciato dai Repubblichini delle Repubblica di Salò. Nel 1924 scriveva: “Mi chiedo se proprio nessuno deve alzare la voce di condanna, se il sacerdote, che è il protettore nato degli oppressi, può stare pago di soffrire interiormente e di pregare […]. Il dubbio, per conto mio, l’ho risolto: io sento il dovere di dichiararmi apertamente a favore degli oppressi“. Nel novembre del 1925 si rifiuta di cantare in chiesa il Te Deum di ringraziamento a seguito del fallito attentato al duce. Convoca i fedeli in chiesa in una giornata piovosa e fredda, in chiesa, in ora tarda per recitare con loro il Padre Nostro. I Fascisti presenti, schiumanti di odio e di rabbia, nei giorni successivi, gli sparano tre colpi di pistola alla finestra della sua abitazione.

L’episodio è uno dei tanti, scelti dagli organizzatori dell’incontro, del film L’uomo dell’argine di Gilberto Squizzato. L’episodio è stato commentato da Aldo Caporaletti, promotore della conferenza. Questa la  selezione di alcune scene del film: Celebrazione del 1° maggio 1922 (21. 00- 26.15), richiesta del Te Deum a seguito del fallito attentato a Mussolini (41.00 – 50- 30), commemorazione del 4 novembre 1932 (1.17.15 – 1.21.00), i poveri e i lontani, la bella avventura (1.23.00- 1.25.45), problemi di coscienza in merito alla guerra (1.36.00 – 1.38.40), l’appoggio ai Neoguelfi (1.46.00 – 1.48.12), il dramma della seconda guerra mondiale. Fedeltà al Vangelo. Rivolta morale (1.58.00 – 2.04.30), come coniugare amore al prossimo e partecipazione alla guerra. Obbedienza a Dio e allo Stato (2.09.35 – 2.16. 55), don Primo Mazzolari incompreso dalla sua Chiesa e maltrattato dal Sant’Uffizio ( 2.20.25 – 2.22.06), i poveri e la libertà (3.19.40 – 3.22.45) DVD (L’uomo dell’argine). Il film completo è possibile vederlo sul sito sotto riportato.

https://www.youtube.com/watch?v=thOd3dJQE-U

I temi sviluppati da don Primo Mazzolari: i lontani, l’Ecumenismo, il dialogo con tutti, la misericordia di Dio, il ruolo dei laici che non sono al servizio dei preti ma ponti, la pace, i poveri, la distinzione tra errore ed errante sono stati riproposti da alcuni brani, letti dall’attrice Emilia Bacaro, Compagnia Teatrale “La Piccola Ribalda”.

L’amore non conosce confini

L’amore non conosce confini, non conosce staccionate: varca ogni siepe, valica ogni montagna. Le mura s’arretrano davanti all’amore del Padre. Nessuna tristezza nostra può fermare l’amore di Dio, per cui la Chiesa, che è Gesù peregrinante sulla terra, è il fuoco che accende tutto, la paternità che tutto abbraccia. Niente è fuori della paternità di Dio, niente è fuori della Chiesa. Tutto appartiene alla sua maternità, perché apparteniamo all’amore di Cristo. Egli è venuto per tutti, è morto per tutti; non importa se tutti non lo ricevono. Il suo diritto non può essere negato dalla nostra resistenza. Per così poco non disarma l’amore”.

La misericordia di Dio

Non posso non pensare anche per Giuda la misericordia di Dio, questo abbraccio di carità, questa parola «amico» che il Signore gli ha detto, mentre lui lo baciava per tradirlo, io non posso pensare che questa parola non abbia fatto strada nel suo povero cuore. Forse l’ultimo momento ricordando quella parola e l’accettazione del bacio, anche Giuda avrà sentito che il Signore gli voleva ancora bene, e lo riceveva tra i suoi, di là. Forse il primo apostolo è entrato insieme ai due ladroni: un corteo che certamente pare non faccia onore al figlio di Dio, come qualcuno lo concepisce, ma che è una grandezza della sua misericordia… Lasciate che io domandi a Gesù, a Gesù che ci accetta come siamo, lasciate che io gli domandi, come grazia pasquale, di chiamarlo «amico». Perché la Pasqua è questa parola, detta a un povero Giuda come me, detta a dei poveri Giuda come voi. Questa è la gioia: che Cristo ci ama, che Cristo ci perdona, che Cristo non vuole che noi ci disperiamo. Anche quando noi ci rivolteremo tutti i momenti contro di lui, anche quando lo bestemmieremo, anche quando rifiuteremo il sacerdote all’ultimo momento della nostra vita, ricordatevi che per lui noi saremo sempre gli amici (Bozzolo (MN), Giovedì santo 1958).

Giustizia sociale e povertà

Io posso regalare una chiesa al mio parroco; ma ricordatevi che se non amo i poveri di questa chiesa, non mi spalanco il Paradiso. Vorrei che sentiste l’efficacia di queste parole, e sentiste anche quanta menzogna, c’è nel riconoscere una presenza del Cristo che è comoda, e nel non riconoscere una presenza che è scomoda, molto scomoda. I poveri li avrete sempre con voi. Ricordatevi che il giorno in cui noi rifiuteremo il povero, avremo rifiutato il senso della presenza che annulla anche la presenza sacerdotale e la presenza eucaristica. Non ho colpa io se il Cristo è nato povero, è vissuto povero, è morto nudo sulla croce. Non ho colpa io. E’ questa la realtà. E ricordatevi che, se Cristo ha accettato questa realtà nel suo intimo, come il servo di tutti, ricordatevi che non l’ha fatto sportivamente… L’ha fatto, come egli ha detto nell’ultima cena, per darci un esempio, perché come io ho fatto, così facciate anche voi. Perché questa è la maniera di essere uomini, questa è la maniera di dichiarare l’amore ali uomini, questa è la maniera di salvare veramente quella che voi chiamate la solidarietà e che io chiamo con un nome più cristiano e più completo: la comunione. Intorno al mio altare, come intorno alla mia casa e al mio lavoro, non ci fu mai suon di denaro; il poco che è passato nelle mie mani- avrebbe potuto essere molto se ci avessi fatto caso – è andato dove doveva andare”.

Un parlare franco segno di amore fedele alla Chiesa

“Chiudo la mia giornata come credo di averla vissuta, in piena comunione di fede e di obbedienza alla Chiesa, e in sincera e affettuosa devozione verso il Papa e il Vescovo. So di averla amata e servita con fedeltà e disinteresse completo. Richiamato o ammonito per atteggiamenti e opinioni non concernenti la dottrina, ottemperai con pronto ossequio. Se il mio franco parlare in problemi di libera discussione può aver dato scandalo, se la mia maniera di obbedire non è parsa abbastanza disciplinata, ne chiedo umilmente perdono, come chiedo perdono ai miei superiori di averli involontariamente contristati, e li ringrazio di aver riconosciuto in ogni circostanza la rettitudine delle intenzioni. Nei tempi difficili, in cui ebbi la ventura di vivere, un’appassionata ricerca sui metodi dell’apostolato, è sempre una testimonianza d’amore, anche quando le esperienze non entrano nell’odine prudenziale e pare che non convengano agli interessi della Chiesa. Sono malcontento di aver fatto involontariamente soffrire; non lo sono fi aver sofferto”.

Don Primo Mazzolari ha saputo sempre coniugare nella propria azione pastorale vangelo e storia. Ha sempre rivendicato la libertà nei confronti del potere politico, quando questo andava contro la dignità della persona umana, offendeva Dio e gli uomini. Ha apertamente condannato il Fascismo e la guerra, comportandosi da resistente, come Teresio Olivelli, come Giancarlo Puecher, come David Maria Turoldo. Ha praticato anche l’obbedienza ma sempre in piedi. Le idee valgono per quello che costano non per quello che rendono. Davanti a chi ostenta i simboli religiosi, legandosi al polso la corona del rosario, chissà cosa avrebbe detto il parroco di Bozzolo. Ma il testamento che don Primo Mazzolari ci ha lasciato è nello scritto , Ci impegniamo noi non gli altri, commentato da don Mario Colabianchi, parroco dell’Unità Pastorale Cristo Re – San Pietro.

“Ci impegniamo noi e non gli altri, unicamente noi e non gli altri, né chi sta in alto né chi sta in basso, né chi crede né chi non crede. Ci impegniamo senza pretendere che altri s’impegnino con noi o per suo conto, come noi o in altro modo. Ci impegniamo senza giudicare chi non s’impegna, senza accusare chi non s’impegna, senza condannare chi non s’impegna, senza cercare perché non s’impegna, senza disimpegnarci perché altri non s’impegnano. Sappiamo di non poter nulla su alcuno né vogliamo forzar la mano ad alcuno, devoti come siamo e come intendiamo rimanere al libero movimento di ogni spirito. Noi non possiamo nulla su questa realtà che è il nostro mondo di fuori, poveri come siamo e come intendiamo rimanere. Se qualche cosa sentiamo di potere – e lo vogliamo fermamente – è su di noi, soltanto su di noi. Il mondo si muove se noi ci muoviamo, si muta se noi ci mutiamo, si fa nuovo se qualcuno si fa nuova creatura, imbarbarisce se scateniamo la belva che è in ognuno di noi. L’ordine nuovo incomincia se qualcuno si sforza di divenire un uomo nuovo.

La primavera incomincia con il primo fiore, il giorno con il primo barlume, la notte con la prima stella, il torrente con la prima goccia, il fuoco con la prima scintilla, l’amore con il primo sogno. Ci impegniamo perché non potremmo non impegnarci. C’è qualcuno o qualche cosa in noi – un istinto, una ragione, una vocazione, una grazia – più forte di noi stessi. Nei momenti più gravi ci si orienta dietro richiami che non si sa di preciso donde vengano, ma che costituiscono la più sicura certezza, l’unica certezza nel disorientamento generale Lo spirito può aprirsi un varco, attraverso le resistenze del nostro egoismo, anche in questa maniera, disponendoci a quelle nuove continuate obbedienze che possono venire comandate in ognuno dalla coscienza, dalla ragione, dalla fede.

Ci impegniamo per trovare un senso alla vita, a questa vita, alla nostra vita, una ragione che non sia una delle tante che ben conosciamo e che non ci prendono il cuore, un utile che non sia una delle solite trappole generosamente offerte ai giovani dalla gente pratica. Si vive una sola volta e non vogliamo essere giocati in nome di nessun piccolo interesse. Non c’importa della carriera, né del denaro, né delle donne, specie se soltanto femmine; non c’importa la nostra fortuna né quella delle nostre idee; non c’interessa di passare alla storia (abbiamo il cuore giovane e ci fa paura il freddo della carta e dei marmi); non c’interessa di apparire eroi o traditori davanti agli uomini, ma solo la fedeltà a noi stessi. C’interessa di perderci per Qualcuno che rimane anche dopo che noi siamo passati e che costituisce la ragione del nostro ritrovarci. C’interessa di portare un destino eterno nel tempo, di sentirci responsabili di tutto e di tutti, di avviarci, sia pure attraverso lunghi erramenti, verso l’Amore, che diffonde un sorriso di poesia su ogni creatura e che ci fa pensosi davanti a una culla e in attesa davanti a una bara. Ci impegniamo non per riordinare il mondo, non per rifarlo su misura, ma per amarlo.

Per amare anche quello che non possiamo accettare, anche quello che non è amabile, anche quello che pare rifiutarsi all’amore perché dietro ogni volto e sotto ogni cuore c’è, insieme a una grande sete d’amore, il volto e il cuore dell’Amore. Ci impegniamo perché noi crediamo nell’Amore, la sola certezza che non teme confronti, la sola che basta per impegnarci perdutamente”.

 

https://www.youtube.com/watch?v=sgkkA5_R3M0&t=37s

 

Dopo la conferenza di giovedì 27 giugno su don Primo Mazzolari, organizzata dall’Unità Pastorale San Pietro – Cristo Re e coordinata dal promotore culturale Aldo Caporaletti, sabato ventinove e domenica 30 giugno è stata commemorata la liberazione di Civitanova Marche dal Nazi – Fascismo ad opera dei soldati polacchi, evento che avvenne giusto settanta cinque anni fa. Eppure, dopo settantacinque anni, Nazismo e Fascismo minacciano ancora l’Italia e l’Europa, secondo l’analisi di Paolo Berizzi, nel libro NazItalia, presentato sabato pomeriggio, sempre il ventinove giugno, alle diciotto, presso l’auditorium del Liceo Scientifico “Leonardo Da Vinci”. La liberazione di Civitanova per opera dei lancieri dei Carpazi è stata ricordata al mattino, al pomeriggio di sabato ventinove e è proseguita domenica trenta giugno con diverse iniziative. Di queste due iniziative e delle istituzioni che le hanno promosse, si parlerà in altri articoli anche per dare spazio a tutto.

 

Raimondo Giustozzi

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