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Palestina

w_51882350di Valerio Calzolaio

 

 

Autori vari (Raja Shehadeh, Amira Hass, Talye Selasi, Asma’ al-Atawna, Elisabetta Bartuli, Nour Abuzaid, Yumna Patel, Widad Tamimi, Eleonora Vio, Ibtisam Azem, Reem Kassis)

Traduzioni varie (Anna Lovisolo, Raffaella Scardi, Cristiano Peddis, Cristina Dozio, Luigi Maria Sponzilli, Ada Arduini, Silvia Rota Sperti)

Fotografie varie (Ahmad al-Bazz, Pietro Masturzo, Tanya Habjouqa, Paddy Dowling, Yasmine Omari, Anne Paq, Antonio Faccilongo, oltre ad alcune agenzie)

Geopolitica

Iperborea Milano

2023 (testi 2023, uno 2007, uno 2017, uno 2022)

Pag. 192, euro 22

Valerio Calzolaio

 

Palestina. Quando? In teoria oggi (a cavallo del fatidico 7 ottobre 2023) si tratta di soli 6 mila km² (5,6 Cisgiordania, con 140 checkpoint, e 0,4 striscia di Gaza, 40 chilometri di costa senza approdi) ove vivono 5,4 milioni di sapiens palestinesi (3,3 nella prima, esclusi i coloni israeliani, e 2,1 nella seconda) ufficialmente Refugees da generazioni (dal 1947-48), a fronte di una popolazione palestinese nel mondo di 14,3 milioni, di cui 5,9 sono appunto complessivamente i Refugees sotto mandato UNRWA, ovvero altri 0,5 in campi profughi di Stati limitrofi. La giornalista israeliana trapiantata in Cisgiordania Amira Hass compie una lucidissima analisi della progressiva feroce occupazione delle terre palestinesi conquistate da Israele nel 1967: se la frammentazione dello spazio fisico con muri, strade, insediamenti e posti di blocco è parte integrante della strategia usata dallo stato occupante per tenere la Palestina sotto il proprio controllo, è attraverso l’accumulo e la giustapposizione di storie individuali e collettive che la sofferenza e i danni inflitti vengono fuori in tutta la loro drammatica entità. Proviamo ad approfondire, allora, le cronache recenti di vite a Ramallah, a Gaza, a Gerusalemme, a Jenin, a Hebron, in Israele, nell’esilio e nella diaspora, le esistenze dei profughi palestinesi, maschili e femminili, anziane e infantili, anche quelle connesse alla religione islamica monoteista abramitica e a una società conservatrice ultrapatriarcale.

La collana The Passenger (per esploratori del mondo) è ormai nota e molto apprezzata, commissiona o raccoglie articoli recenti su luoghi umani del pianeta (città, paesi ed ecosistemi) in bei volumi illustrati e vuol farci meglio capire, partendo sempre da temi d’attualità. Questa volta ha anticipato una drammatica evoluzione storica. Il volume è uscito a settembre 2023, il criminale attacco terroristico di Hamas è stato effettuato alla fine della prima settimana di ottobre, il conflitto preesisteva e persiste. Leggere la ricchezza dell’esperienza umana e l’individualità delle voci e delle situazioni che animano la frammentata Palestina può aiutare a contestualizzare le opportunità di futuro, per loro, per Israele, per noi. Il volume è ricchissimo di foto (d’autore), frequenti precisi significativi dati grafici schede illustrazioni infografiche (originali e ben leggibili). Dopo due pagine di numeri (angoscianti quelli sul consumo d’acqua e la sete, sui fondi e i redditi, sulle importazioni e l’assistenza umanitaria), nel primo servizio lo scrittore, avvocato e attivista Raja Shehadeh presenta e aggiorna il suo famoso libro del 2007 (tradotto in italiano nel 2010) sul girovagare (sarhat) tra le colline intorno a Ramallah, con la continua riduzione del raggio d’azione per l’espansione degli insediamenti dei coloni. Seguono una decina di pezzi di autori palestinesi, israeliani e italiani per raccontare storie d’amore e fughe, letterature e pulizie etniche, campi profughi e belle esperienze di convivenza, paure e caos. Qualcosa di importante è cambiato il 7 ottobre ma la storia è fatta soprattutto di lunghe durate, una parte del futuro è ancora da scrivere ed è meglio sapere quanto più possibile del passato prossimo. A chiusura una curiosa riflessione con ricette di Reem Kassis (autrice di libri di cucina, originaria di Gerusalemme e residente negli Stati Uniti) su “la cucina palestinese e l’appropriazione culinaria israeliana”, una spiegazione su Handala, l’immagine del piccolo orfano di schiena riprodotta ovunque, una playlist e una breve bibliografia.

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