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La pinacoteca civica “Marco Moretti” di Civitanova Marche Stagioni culturali nella città di Annibal Caro.

Casa_Annibal_Caro_facciata_esternaRaimondo Giustozzi

Se una prima stagione culturale di Civitanova Marche nasce alla fine del mille ottocento e agli inizi del novecento attorno a Sibilla Aleramo, Giuseppe Natalucci, Francesco Pellegrini, Aurelio Ciarrocchi, nella frazione di Porto Civitanova, negli anni quaranta – cinquanta, una nuova stagione di grossi fermenti culturali ruota attorno a Luciano Moretti, definito da Roberta Ruggeri il poeta dell’arte. Mai altra definizione è più appropriata di questa. Civitanova Marche divenne per un decennio, anche se soltanto d’estate, “un insospettato crocicchio della vita culturale italiana”, e questo, grazie a Luciano Moretti, “amato sia per la sua carica umana che per la sua natura arguta e le doti umoristiche”(Roberta Ruggeri, Luciano Moretti poeta dell’arte, pag. 29, Macerata, 1987). Luciano Moretti era il fulcro attorno al quale ruotavano molti artisti.

Da Milano, in bicicletta, a sessant’anni, con i pantaloni rimboccati, veniva Giovanni Scheiwiller. Arrivava in piazza, scendeva dalla bicicletta e sedeva a rinfrescarsi al caffè sotto le logge. Il critico d’arte, editore e giornalista era stato conosciuto da Luciano Moretti attraverso il pittore Domenico Cantatore. Questi, nato a Ruvo di Puglia, ma residente a Milano, si recava, soprattutto d’estate a Montefiore dell’Aso, dove risiedeva parte della sua famiglia di origine. Da qui si trasferiva, in “Guzzino”, assieme alla propria moglie Carla, a Civitanova Alta, da Luciano Moretti. Alla “corte” di quest’ultimo, lo raggiungeva Adolfo De Carolis, celebre pittore di Montefiore dell’Aso. Tra Scheiwiller e Moretti, dal 1938 in poi, ebbe inizio anche uno scambio epistolare. La stessa cosa avvenne, dal 1952 al 1954, tra Moretti e Cantatore.

“Anche Leonardo Sinisgalli frequentava Civitanova Marche. Una volta lo raggiunse Alberto Lattuada, regista, sceneggiatore, attore, produttore cinematografico, critico cinematografico e critico d’arte, appassionato di arte, letteratura e di fotografia, una personalità veramente eclettica. “Sinisgalli rievocava quel periodo come se vi fossero passate le fate, che da Milano anzi da via Rugabella – dove con lui e Cantatore si incontravano Carrieri, Adolfo Gatto e tanti altri – li chiamavano a Civitanova, ritrovandosi tutti d’estate, ma senza la nebbia, con le colline in altalena verso il mare, come un patchwork scosso dal vento” (Cfr. Ibidem, pag. 31). Insomma, anche se solo nel breve periodo estivo, tutti gli artisti e letterati, tra i quali Salvatore Quasimodo, di via Rugabella, definita allora la piccola Montparnasse lombarda, si trasferivano a Civitanova Alta.

Giovanni Scheiwiller, Vanni per gli amici, voleva che i pittori diventassero poeti o illustrassero poesie e i letterati diventassero critici d’arte. Per questo, nella seconda metà degli anni Trenta del secolo scorso, iniziò a pubblicare, come editore, la collana “All’insegna del Pesce d’Oro”, legata al rapporto con i poeti Sinisgalli, Quasimodo e Gatto (Ibidem, pag. 29). Luciano Moretti inviò a Vanni opere grafiche e contributi letterari da pubblicare, ma nulla che fosse di sua produzione. Per la naturale modestia che lo contraddistingueva e per il desiderio di favorire gli altri, Luciano Moretti preferiva affinare la propria cultura, favorendo sempre gli altri. Esempio di modestia che oggi non esiste più. Collaborò con Leonardo Sinisgalli, inviandogli un articolo pubblicato su Ferrania, dedicato a Domenico Induno. La firma di Moretti è assieme a quelle di Carrà, Valsecchi, Cardarelli.

Luciano Moretti partecipa nel 1949 al Convegno della Cultura nelle province, promosso dagli scrittori marchigiani. Tra questi Luigi Crocenzi, fotografo e uomo di cultura, e il poeta Alvaro Valentini, di cui esiste una lettera del 1950 in merito a due articoli che Moretti scrisse su Recanati. “Luciano Moretti”, racconta suo figlio Paolo, “a Civitanova viveva tutto l’anno dividendo con gli amici soprattutto i brevi momenti estivi. Con  la sua barba fuori moda, guidava gli artisti milanesi per le strade bianche e i solchi arati dei campi, dove un acquarello, un disegno o magari una poesia scaturivano naturalmente per riflesso o ritrazione del paesaggio o dei discorsi che tra loro scambiavano”. Liliana, figlia di Domenico Cantatore, in un brano “Infanzia a Civitanova Alta”, scrive: “Di solito, nei tardi pomeriggi, quando il sole si colorava di ambra, con gli amici di mio padre ci avviavamo per passeggiare lungo i sentieri campagnoli o verso il letto sassoso del fiume Chienti, dove serpeggiava un rivolo di acqua limpida che rinfrescava i nostri piedi nudi” (Ibidem, pagg. 37-38).

Continua ancora Liliana: “Durate quelle nostre scampagnate, ci seguiva il buon odore di pane fresco, di prosciutto paesano, di frutta varia che portavamo con noi; perfino i colori dell’acquarello di mio padre avevano un loro odore. Ogni tanto egli si fermava e, seduto sullo sgabello portatile, spandeva col pennello i suoi colori sul foglio di carta, creando cieli rossi e gialli, orizzonti collinosi intensamente viola.. talvolta mi mettevo accanto a curiosare e mano a mano che l’acqua del barattolo di vetro si tingeva d’azzurro, di giallo, di verde, trasformandosi come un acquatico camaleonte, nasceva splendente l’immagine dipinta sull’album… in paese ci si riuniva ai tavoli del bar della piazzetta a conca, lastricata di ciottoli grigi.. col calare della sera, l’olimpico gruppo si spostava sotto i portici la cui vastità di notte mi impauriva” (Ibidem, pp. 37- 38).

“Luciano Moretti cessava di vedere gli amici di Milano quando i pomeriggi cominciavano a respirare un po’ meno con le cicale e giungeva l’autunno che faceva rigogliare il muschio sui coppi del paese”, ricorda Paolo Moretti, “non più allora i discorsi di Brera, le frasi di Quasimodo e di Ungaretti, o le trovate di Gabriele Mucchi e di Munari, insieme commentate e a cui insieme si scriveva magari con una cartolina scherzosa: la corrispondenza riprendeva il posto della parola diretta” (Ibidem, pag. 41). Luciano Moretti ebbe un lungo e continuo scambio epistolare con Gabriele Mucchi, scrittore, giornalista e scenografo, anche lui assiduo frequentatore dello studio di Domenico Cantatore in via Rugabella, a Milano, dove gravitavano quasi tutti gli artisti del tempo.

Moretti si recò a Milano verso il 1940 dietro l’invito di Cantatore ed ebbe modo di conoscere, tra i molti intellettuali che gravitavano in via Rugabella, anche Cesare Zavattini, Giò Ponti, Ugo Mulas. Nella stessa cerchia di amici conobbe Chiara Jeker Luraghi, figlia del presidente dell’Alfa Romeo, esponente di quel mondo milanese di mecenati industriali che si dilettavano anche di arte. Della Luraghi è presente nella Galleria d’arte moderna “Marco Moretti” di Civitanova Alta un olio del 1966 dal titolo “Fiori”. Luciano Moretti riceveva dagli amici qualche quadro che andava ad arricchire anno dopo anno una propria collezione di opere d’arte.

Sempre a Milano allacciò amicizia con il poeta Adolfo Gatto, con lo scrittore e critico d’arte Raffaele Carrieri, con il quale ebbe anche un lungo contatto epistolare. Conobbe il pittore Fiorenzo Tomea, di cui scriveva: “Per la strada tutta interiore dei pallidi ricordi di infanzia, delle simboliche candele sulle spiagge desolate, dei casti fiori di campo, Tome è tornato alla sua montagna: i monti di Zoppè, il paesaggio del Cadore; presenze domestiche negli impianti negati ad ogni retorica, negli impasti non più densi e un poco torpidi, ma via via più freschi e distesi, negli accordi tonali della pittura veneta, ritrovati in una innocenza ben diversa dall’ingenuità di tanta pittura domenicale” (Ibidem, pag. 43). Il libro di Roberta Ruggeri, dal titolo “Luciano Moretti, poeta dell’arte” non è il classico saggio per la presentazione di un catalogo d’arte moderna, nella fattispecie quella di Civitanova Alta, ma uno strumento prezioso per conoscere da vicino il mondo culturale che gravitava attorno a Luciano Moretti e ai suoi amici.

“Moretti durante il suo soggiorno milanese avvicinò quel folto gruppo di letterati che si radunavano al “Savini” in Galleria. Tra gli altri c’erano Tofanelli, Solmi, Leli, Sandro Penna, Salvatore Quasimodo che recensì l’opera di Cantatore dedicandogli anche una monografia in collaborazione con Valsecchi, alla cui bibliografia contribuì anche Luciano Moretti” (Ibidem, pag. 43). Tra la corrispondenza di Moretti con Quasimodo c’è una lettera del marzo 1943, nella quale il maestro Luciano Moretti chiedeva al poeta l’esatta interpretazione di una controversa epigrafe scolpita su di una lastra in cotto, messa presso la casa di Annibal Caro a Civitanova Alta. L’epigrafe del 1772, scritta in latino, disposta su quattro righe, recita così: “Hannibalis Cari domus haec / quo sospite Pallas / et Musae et Charites / incoluere Deae” MDCCLXXII. Nella lettera, Salvatore Quasimodo scriveva: “Caro Moretti, ecco la traduzione dell’epigrafe settecentesca: “Questa è la casa di Annibal Caro / dove felicemente abitarono / Pallade, e le Muse e le Grazie”. Come vede, sospite ha valore avverbiale. Grazie del ricordo – cordialmente – suo Quasimodo.

Grande era l’amicizia che Domenico Cantatore aveva con Luciano Moretti. Traspare in molte sue lettere. D’estate, il pittore era sempre a Montefiore dell’Aso e approfittava per raggiungere il maestro a Civitanova Alta. In una lettera datata Milano 1941, Cantatore informava l’amico Luciano Moretti di aver chiesto a Carlo Carrà la sua “Venere” per donargliela. Avuta la pregevole opera, il pittore, dopo aver appuntato la dedica, spediva il tutto all’indirizzo di Civitanova Alta. Sotto questa acquaforte che fu donata dal maestro per la Galleria di Civitanova Marche è infatti scritto a matita: N° 11- 25 a Luciano Moretti con simpatia – Milano 3.12.1941, Carlo Carrà. (Ibidem, pag. 45).

Per una breve biografia su Luciano Moretti.

Luciano Moretti nasce a Ripe di Sanginesio (MC) il 6 giugno 1906 da povera gente. Il padre Giuseppe, fabbro, emigra in Argentina poco dopo la nascita di Luciano. La mamma, Adelaide Lippi, si mette a fare la sarta, con qualche lavorante, per consentire ai due figli di proseguire negli studi. Luciano ha infatti un fratello più grande di lui di undici anni. Si chiama Lelio Moretti. E’ una stravagante figura di poeta e di scrittore, amico di Michelstaedter. Muore nel 1916, in guerra, ufficiale dei bersaglieri, appena ventidue anni. La sua immagine, già esaltata per fascino e superiorità intellettuale, ricostruita nella memoria di Luciano, diventa ancora più mitica e idealizzata. “Lelio, a Sanginesio, veniva chiamato il “matto”, forse per la sua tendenza a vagabondare di notte, per il suo aspetto arruffato e per il carattere scontroso e solitario. In pochi anni scrive poesie, drammi, ampie considerazioni filosofiche e saggi, come quello pubblicato nel 1916 su una traduzione metrica di Orazio Flacco” (Ibidem, pp. 21- 22).

Luciano, rimasto solo, senza il fratello, cerca il legame con altri del posto. Lo trova in Claudio Bentivoglio, più anziano di lui di qualche anno, di nobile famiglia, colto ed estremamente sensibile. L’amicizia con il Bentivoglio gli apre le porte per stringere amicizia con il pittore Guglielmo Ciarlantini e con Adolfo De Carolis, suo maestro. Durante gli studi magistrali a Sanginesio, Luciano Moretti ha come insegnante Dolores Prato. Questa “si lega, ma senza complicazioni sentimentali a Luciano Moretti, che avrebbe poi seguito nella vita familiare e professionale” (Paola Magnarelli, https://www.treccani.it/enciclopedia/dolores-prato_%28Dizionario-Biografico%29/). Si spera di poter dedicare alla scrittrice un convegno o conferenza quanto prima.

Dolores Prato è un vivace personaggio nel mondo culturale di quegli anni, amica di Sibilla Aleramo, di Flora, di D’Arrigo, di Cohen, di Leo Longanesi e di Concetto Marchesi. E’ la sponda culturale romana che, unita a quella milanese nel corso degli anni, farà di Luciano Moretti una figura di primo piano nel mondo dell’arte e della cultura. Luciano si iscrive all’Università di Urbino ma non conseguirà mai la laurea. Agli inizi degli anni Trenta stringe un’importante amicizia con Aldo Patocchi, incisore ticinese nato a Basilea nel 1907, col quale collabora per un lungo tento, fino agli anni Settanta. Intanto si guadagna da vivere, facendo il maestro elementare, prima a Montemonaco, nel 1935. Si recherà spesso nella cittadina assieme a sua moglie e al pittore Domenico Cantatore.

La tappa successiva, dopo Montemonaco, è Civitanova, dove rimane per tanti anni. Nella città di Annibal Caro conosce Olga Spinosi, giovane fiorentina, insegnante di francese nella scuole locali. I due si sposano e nascono due figli: Paolo e Marco. Il periodo civitanovese è quello che dà l’impronta a tutta la vita. Vive un grave lutto famigliare. Marco, il figlio più giovane muore appena ventiduenne. A seguito di questa tragedia e in memoria del figlio scomparso, Luciano Moretti dona al Comune di Civitanova Marche la propria collezione di opere d’arte, che aveva messo da parte nel corso dei suoi continui contatti con gli amici romani, urbinati e milanesi. “Nel 1951, per consentire alla moglie di proseguire l’insegnamento, si trasferisce a Roma, abbandonando Civitanova con estremo rimpianto ed avviandosi ad un progressivo isolamento” (Ibidem, pag. 54).

Arnoldo Ciarrocchi ricorda così con brevi frasi quasi cadenzate la partenza dei Moretti da Civitanova: “Poi i Moretti andarono via dal mio paese / Fu come se si fosse perduto per un disastro il Palazzo del Duca / Al mio paese rimase un vuoto, / come quando si demolisce una casa / e rimane la buca. / Paolo e Marco li ho tenuti in braccio / Lasciarono il mio paese / Mio padre non parlò più di loro / Come se avessero tradito il paese / Io Marco l’ho tenuto in braccio come San Giuseppe / I marchigiani si muovono / per andare a Roma dal tempo di Sisto V, / in una corrente migratoria che volta le spalle al mare” (Ibidem, pag. 54). Il padre di cui Arnoldo Ciarrocchi parla nel testo è Aurelio Ciarrocchi, tipografo, poeta dialettale, altra grande figura di Civitanova Alta.

Ma Luciano Moretti non dimentica affatto Civitanova, anzi, nei primi anni di permanenza nella capitale, spera sempre che quella esperienza si concluda, evitando di mettere radici e di stabilirsi in una nuova residenza definitiva. Continua l’attività di insegnante. Assume diversi incarichi nella Confartigianato. Partecipa a convegni e gli vengono conferite anche cariche ufficiali, come quella di presidente dell’Associazione Nazionale Arte e Mestieri e della Conf. Mestieri Artistici. Pubblica propri lavori su diverse testate di ispirazione socialista, come “L’Avanti”, “La Gazzetta dei lavoratori”, “La Giustizia”, quotidiano del PSDI e “Unirsi”, periodico quindicinale indipendente, dove nel 1951 apparvero sue monografie di artisti e saggi sulle arti applicate e sull’arte popolare della maschera e de birocci (Ibidem, pp. 54- 57- 58).

La donazione delle proprie opere, dipinti, opere grafiche, carteggi, al Comune di Civitanova Marche, per la costituzione di una gallerie d’arte moderna intitolata al figlio Marco, tragicamente scomparso in giovane età, avviene nel 1972. Da questa data e fino al 1998 tutte le opere sono collocate in tre ambienti della Delegazione Comunale di Civitanova Alta, con un allestimento spartano che non contribuiva a valorizzare quanto esposto. Nel corso degli anni (1972 – 1998) il corpus proveniente dalla donazione Moretti si è andato arricchendo di altre opere, di diversa origine, spesso donate generosamente dai lori stessi autori. Questo ha richiesto di trovare altri spazi. L’acquisizione della casa di Annibal Caro ha permesso di portare tutte le opere esistenti in luoghi più idonei. Il successivo acquisto ad opera del Comune anche del vicino e grande Sacrario, contiguo al palazzo di Annibal Caro, ha consentito di dedicare alla collezione altri spazi espositivi, tra i quali una grande sala dedicata a Arnoldo Ciarrocchi, uno dei più grandi incisori della seconda metà del Novecento.

“L’abitazione civitanovese della famiglia di Annibal Caro non poteva trovare utilizzo migliore che quella di divenire un luogo consacrato all’arte: l’amicizia del poeta con i maggiori artisti e letterati del suo tempo si rispecchia, a distanza di cinquecento anni, nella passione collezionistica che ha animato un altro abitante di Civitanova, il maestro Luciano Moretti che ha donato la sua raccolta di grafica contemporanea al comune per ricordare il figlio Marco, scomparso prematuramente. Grazie a questo generoso gesto, la Pinacoteca intitolata al giovane defunto può vantare una propria specificità nell’ambito delle istituzioni museali della provincia di Macerata, in quanto è l’unica ad avere un indirizzo specialistico volto alla documentazione della produzione grafica del Novecento. Le raccolte spaziano infatti dal Futurismo agli Settanta illustrando i maggiori protagonisti delle varie stagioni artistiche attraverso incisioni e disegni: da Severini a Sironi, da Carrà a Morandi, da Tamburi a Guttuso è possibile ripercorrere il tragitto dell’Arte Italiana del Novecento, spaziando dal figurativo all’astratto. Un settore particolarmente ricco è dedicato agli incisori marchigiani e soprattutto alla produzione di Arnoldo Ciarrocchi, originario di Civitanova, e di Domenico Cantatore che fu spesso ospite della cittadina maceratese. Il percorso museale è arricchito da alcune importanti opere di autori del XVI – XVII – XVIII secolo, recentemente restaurate, fra le quali emerge la Madonne del Soccorso, del perugino Baldo de’ Serofini, che documentano l’amore per l’arte che ha animato i civitanovese di ieri e l’attenzione alla tutela che guida le scelte dell’amministrazione” (Stefano Papetti, ultima pagina del depliant allegato al libro dello stesso: “Pinacoteca Civica Galleria d’Arte Moderna Marco Moretti, Casette d’Ete, 2004).

Bibliografia.

Roberta Ruggeri, Luciano Moretti poeta dell’arte, Pinacoteca Comunale galleria d’Arte Moderna “Marco Moretti”, Macerata 1987.

Stefano Papetti, Pinacoteca Civica Galleria d’Arte Moderna Marco Moretti, Casette d’Ete, 2004.

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