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Libri. Sei recensioni.

fonte internet

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Recensione Il silenzio alla fine

 

Il silenzio alla fine

Pietro Leveratto

Noir

Sellerio Palermo

2020

Pag. 306euro 15

Valerio Calzolaio

 

New York. Inizio 1932. L’ouverture e il finale sono in Florida nel 1966, ad aprile e qualche mese dopo, due soli personaggi, l’anziano dottor Goe e il perfetto maggiordomo nero Clarence. La vicenda si svolge però tutta a New York, dove nel febbraio 1932 arriva in nave (da Napoli) la 47enne camicia nera antemarcia Gaspare Tiralongo, già siciliano di campagna, che frequenta il circolo dei camerati Mario Morgantini, si affida al simpatico biondo chiacchierone trentenne bootleggerJoe Cusumano e ogni venerdì invia a Roma resoconti circostanziati (che nessuno legge). Vi si trovano anche il direttore d’orchestra austriaco David Weissberg, alto e corpulento, geniale riservato scontroso, e il suo poco più vecchio avvocato tedesco, caro amico e collaboratore tuttofare Bruno Göetz, magro e di bassa statura, accomodante e competente, gran scrittore di diario cui confida anche un’omosessualità mai dichiarata né praticata. Gaspare aveva conosciuto bene Benito Mussolini vent’anni prima in Svizzera, dopo innumerevoli tentativi di farsi leggere e ascoltare da lui, il duce decide di inviarlo a una generica missione negli Stati Uniti, giusto per levarselo di torno. David era stato fino a poco tempo prima il Direttore del Metropolitan Opera House, sempre accompagnato e “gestito” da Bruno; ora il nuovo maestro è un italiano libertino e altrettanto geniale, Andrea Bergallo, socialista dichiarato e antifascista emigrato in America Latina. Weissberg e Bergallo sono i direttori d’orchestra più famosi della loro epoca, rivali (anche per una breve tresca del secondo con la moglie del primo) ma accomunati dall’età e dal repertorio d’elezione. Ad aprile Gaspare ha la bella pensata di far rapire Andrea per fargli rimangiare le continue offese al regime e al Duce e comincia un’altra storia metropolitana criminale che in vario modo coinvolge tutti quelli e altri figuri. Nemmeno la mafia può stare a guardare.

Il grande musicista Pietro Leveratto (Genova, 1959), contrabbassista di jazz, compositore, arrangiatore, docente al Conservatorio di Roma, all’esordio nel romanzo non poteva che scrivere un intenso colto noir musicale. Gli è riuscito bene, anche perché ha scelto la documentazione storica di contesto ambientale e sociale, per quanto senza nessun personaggio reale: il testo ha stile e ritmo, i silenzi al punto giusto (da cui il titolo). La narrazione è in terza persona varia, tutti i venticinque capitoli hanno un’intestazione che richiama partiture di classica e libretti di composizioni, nel cuore della vicenda perdono l’andamento cronologico per seguire i fili di pensieri e gli eventi, paralleli e intrecciati, dei protagonisti, nel contesto frenetico di New York, con lo sfondo delle politiche convulse nelle patrie di ciascuno. Il manager teatrale, anch’egli di origini italiane, appare convinto che i cantanti siano ancor più folli dei direttori e l’intero testo risulta una voce da dentro rispetto alla storia dei generi musicali e delle relative relazioni sociali negli ultimi due secoli. Né mancano accurati resoconti sulle dinamiche razziali dei tempi andati (e presenti) con il vecchio caso dei mozzarellanigger a New Orleans. Fra l’altro, poliziotti e federali sono distratti perché proprio quello era il periodo in cui tutta l’America si trovava in ansia per la sorte del piccolo Charles Augustus Lindbergh jr., poi trovato ucciso, come noto. Si beveva molto, nonostante (o forse grazie a) il proibizionismo, pure bordeaux e Bollinger. Musica per tutti i gusti, con l’interessante crescente motivata centralità dello swing.

 

v.c.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Recensione Come eravamo

 

Come eravamo. Viaggio nell’Italia paleolitica

Marco Peresani

Scienza, Paleoantropologia

Il Mulino Bologna

2020 (edizione aggiornata, prima ed. 2018)

Pag. 174euro 12

Valerio Calzolaio

Italia. Pleistocene (fra 2.650.000 e 11.650 anni fa, circa). L’Italia di oggi è un lontano ricordo di quella che era milioni di anni fa, sebbene molti dei caratteri impressi dai mutamenti climatici siano rimasti ben visibili nel paesaggio fisico. Oscillazioni del livello marino e ripetute glaciazioni hanno dato altezze e funzioni diverse alle linee costiere sul Mediterraneo, ad Alpi e Appennini, a fiumi laghi pianure, alla straordinaria biodiversità e varietà geologica, per quanto nel Paleolitico gli ominini necessitassero di poche rocce scheggiabili per mantenere il loro bagaglio tecnologico. Per gli umani di allora vivere senza fissa dimora e coprire vasti territori con continui spostamenti comportava la riduzione al minimo dei materiali da trasportare come armi, utensili e quanto via via evolveva (vestiario, elementi da costruzione per i ricoveri, oggetti di culto, alimenti conservati, contenitori, medicinali). Determinare date o periodi precisi per il popolamento della penisola è impresa incerta e controversa: i ripari erano grotte, caverne, fessure, cavità con acqua potabile non lontano. Si sono spesso trovate tracce di più specie (e comunque di più gruppi umani) stratificate nella stessa superficie: Homo antecessor, Homoheidelbergensis, homo neanderthalensis non necessariamente in ordine cronologico, talora compresenti nel territorio italiano di allora, solo molto dopo noi sapiens, quasi alla fine del Pleistocene. Presso le cave di Apricena (Gargano) vi fu una delle prime presenze ominine nell’Europa occidentale, oltre 780.000 anni fa, all’incirca pure a Monte Poggiolo (appennino romagnolo). Dopo di allora potrebbe anche essere che l’Italia non sia stata abitata per 200.000 anni, le successive frequentazioni antropiche s’inquadrano in una fase climatica più temperata. Nel 2014 a Isernia la Pineta emerse il resto umano più antico, un primo incisivo superiore deciduo di un individuo di 5-7 anni d’età. Vi è una lunga storia prima di arrivare alla fine dell’ultima glaciazione e al Neolitico.

Marco Peresani (Udine, 1963) è associato di Culture del Paleolitico a Scienze Preistoriche e Antropologiche presso l’Università di Ferrara e prosegue, accanto all’attività di ricerca e insegnamento, un’utilissima attività di divulgazione su usi e costumi, luoghi e tempi, sincronie e diacronie delle presenze umane nella penisola (recentemente divenuta Italia), prima che ci fossero coltivatori allevatori, villaggi, strade, lingue e molto prima che Homo sapiens restasse l’unica specie del genere presente in Europa, parlante simbolico e geneticamente meticcia. Dieci capitoli descrivono errante storia manifatturiera e mutevole geografia puntiforme, individuando due momenti di svolta: da una parte 300.000 anni fa la padronanza del fuoco e le grandi rivoluzioni culturali; d’altra parte la diffusione quasi ovunque dei neandertal, veri grandi protagonisti autoctoni del nostro continente prima dell’arrivo dei sapiens. Adeguata trattazione è dedicata al confronto e agli eventuali incontri fra queste ultime due specie umane, compresenti in più parti d’Italia (a partire dalla Puglia) nelle varie tappe dell’ominazione e dell’evoluzione culturale (Uluzziano, Aurignaziano, Gravettiano, Epigravettiano, Mesolitico). Vi è forse un po’ di schematicità classificatoria, esigenza imprescindibile per chi scava e reperta, tuttavia talora inevitabilmente rigida rispetto a mescolanze e intrecci di tempi e luoghi, ai “meticciati” cui spesso si accenna. Ovviamente i fenomeni migratori sono spesso elemento costitutivo della narrazione, sia quelli animali (e vegetali), che quelli strettamente umani, da est nord e sud, le fughe e le conquiste piuttosto che le curiosità e le scoperte, pur continuandosi erroneamente a considerare tutti nomadi i cacciatori raccoglitori paleolitici (il “nomadismo” è cosa di neolitici). Ottimo l’undicesimo e ultimo capitolo con le visite guidate (a cominciare dallo splendido Museo della Preistoria di Nardò) ai siti ben organizzati in molte regioni italiane.

 

v.c.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Recensione Il tempo non esiste

Il tempo non esiste. L’uomo nell’eterno presente

RossanoBaronciani

Società, Letteratura, Cinema &Tv

Effequ Firenze

2020

Valerio Calzolaio

2

 

Trasmissione di culture. Ora. E sempre? “Che il tempo storico e quello privato non esistano affatto me lo insegnò FredricJameson quando, nel capitolo Nostalgia del presente del suo Postmodernismo ovvero la logica culturale del tardo capitalismo, negò con forza il ruolo del tempo inteso come categoria unificatrice della realtà, affermando che la nozione di periodo storico non può mai essere rappresentativa per una esaustiva e completa ermeneutica della vita e delle sue narrazioni. La critica di Jameson è radicale, poiché non solo l’idea di storia, così come è stata sempre concepita, finisce con il non avere alcuna corrispondenza con la realtà, ma addirittura la stessa struttura del tempo finisce con lo svolgere solamente la funzione di creare e definire il passato e il futuro dal punto di vista delle classi dominanti, di chi ha detenuto il potere nel corso della storia dell’umanità…. Gli ultimi studi di fisica quantistica corrono in aiuto di questa interpretazione, in quanto negano la durata del tempo come azione continua e uniforme, poiché il tempo non esiste nella realtà se non come memoria, ovvero come misuratore dell’esperienza umana (Carlo Rovelli)”. Il tempo nella storia e nella fisica, dunque, non possiede una linearità cronologica e ogni narrazione “lineare” sarebbe arbitraria, un umano artificio, qualunque sia il contesto reale e qualunque sia lo strumento narrativo adoperato, scritto e orale, linguistico e visivo. Forse, da sempre o da qualche secolo, tutti noi umani viviamo ovunque in un eterno presente.

Il docente di Etica della comunicazione e Antropologia culturale all’Accademia di Belle Arti di Urbino Rossano Baronciani (Pesaro, 1967) offre ai lettori una autobiografia culturale di propri ricordi ed episodi, letture e visioni, passioni e idiosincrasie, spaziando dal cinema alla letteratura, dalla televisione alla politica (il caso Moro, in particolare), dalla fotografia al teatro, dai social agli organi d’informazione. Mette all’inizio una sua foto da bambinoallegro, narra poi in prima persona con stile forbito dei propri familiari e delle residenze esistenziali, dei primi contatti infantili e giovanili con il mondo dello spettacolo, di luoghi frasi concetti che più lo hanno colpito e formato, sempre riferendosi alla complessità e contraddittorietà dei riferimenti temporali: “il tempo esiste solo in quanto scelta arbitraria dell’uomo, come strumento utile per costruire narrazioni che, in definitiva, ci inventiamo, perché scegliamo in maniera arbitraria quali avvenimenti mettere in relazione fra loro”. Attento al dibattitto degli ultimi due secoli su modernità, anti e postmodernismo, il volume è strutturato in due distinti “libri”, il primo (appunto “il tempo non esiste”) con alcuni spunti di cinema, televisione e politica da ricordare o dimenticare, il secondo (“la società pornografica”) concentrato su sguardo (foto), illusione (Pasolini più che Leopardi), pornografia (la onnipresente visione del mondo dal punto di vista del buco della serratura). Tante citazioni colte, varie recensioni di spettacoli e opere d’arte d’ogni tipo, scarsa riflessione sulle antiche profonde articolate riflessioni degli storici e dei fisici sulle proprie scienze.

 

v.c.

Consumi culturali

 

 

 

 

Recensione Arte è liberazione

 

Arte è liberazione

Tomaso Montanari e Andrea Bigalli

Arte

Edizioni GruppoAbele Torino

2020

Pag. 143 euro 20

Valerio Calzolaio

 

Italia. Da prima che fosse istituita. Due militanti professori cristiani amici, l’uno prete (parroco a Firenze) e docente all’Istituto Superiore di Scienze Religiose e l’altro divulgatore (marito, padre) e docente di Storia dell’arte all’Università per stranieri di Siena spiegano insieme quanto l’arte possa essere ancora capace di liberarci. Arte figurativa, cinema, letteratura, musica liberano mente e cuori, e possono rompere l’assedio del pensiero unico. L’esperto Tomaso Montanari (1971) ha scelto venti opere, una per regione italiana, scalate lungo venticinque secoli (dalla Cattedrale di Siracusa del V° secolo a.C. a una tela di Levi del 1961 in Basilicata e a un murales su Gramsci del 2016 in Sardegna), poi commentandole (dopo la riproduzione fotografica a colori) con Andrea Bigalli (1962). Lo splendido volume di ampio formato “Arte è liberazione” mostra che si può viaggiare per l’Italia guidati da due stelle polari: il Vangelo e la Costituzione. Introduzione di Luigi Ciotti.

 

v.c.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Recensione La magia del numero 10

 

La magia del numero 10, Romanzo calcistico

Luigi Potacqui

Sport

Illustrazioni di Mario Monno

Sonzogno Venezia

2020

Pag. 207 euro 15,90

Valerio Calzolaio

 

L’ultimo secolo. Da metà campo (in avanti). Luigi Potacqui(Giulianova, 1 gennaio 1986), fondatore della seguita community “Romanzo calcistico” narra “La magia del numero 10”. Iniziò a portare la maglia con quel numero Pelé, seguirono decine di altri atleti nei campionati e nelle nazionali di tutto il mondo, come pure in quelli minori e dilettantistici sparsi ovunque. Il numero fa il monaco. A simbolo di provate o auspicate tecnica, fantasia e genialità, “uniche” in quella squadra soprattutto quando si attacca e si vuol realizzare un gol. Ecco ventidue sintetici godibili profili di calciatori che hanno segnato la storia del football (qualcuno con altro numero e identica centralità): Del Piero, Pelé, Totti, Zidane, Zico, Maradona, Zola, Meazza (anni trenta), Baggio, Rivera, Ronaldinho, Platini, Kakà, Cruijff (lui col 14), Messi, poi altri sei diez sudamericani, infine Rui Costa. Scegliete chi scalda più il vostro cuore, tifosi e non tifosi, curiosi del bello. Bibliografia finale.

 

v.c.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Recensione Storia naturale della birra

 

Storia naturale della birra

RobDeSalle e IanTattersall

Gianni Pannofino

Antropologia

Codice Torino

2020 (orig. 2019)

Pag. 292 euro 27

Valerio Calzolaio

 

Comunità umane sapienti. Da migliaia di anni. Zuccheri (soprattutto in cereali e frutta) + lieviti (funghi, ovunque) = alcol + anidride carbonica, la formula è semplice. La birra è probabilmente la bevanda alcolica più antica al mondo e certamente la più importante sul piano storico. Il biologo molecolare RobDeSallee l’antropologo IanTattersall, scienziati americani, avevano scritto insieme, bevendo insieme, una storia naturale del vino “Il tempo in una bottiglia” (2013). Ora ci dicono tutto sulla “Storia naturale della birra”, scienza e aneddoti. Dalle prime rudimentali pratiche di fermentazione dei sumeri fino al rinnovato amore per la produzione artigianale nell’America di oggi, narrano storie intriganti e sorprendenti con acume e divertimento. Ecologia, primatologia, fisiologia, evoluzione, chimica, archeologia, sociologia, fisica, neurobiologia: perché iniziammo a berla, le combinazioni di ingredienti per l’inconfondibile gusto, come il nostro corpo la metabolizza.

 

v.c.

 

 

 

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