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Recanati tra Storia e futuro Alle soglie del terzo Millennio

Recanati photo by aqvideomakerPremessa. Historia magistra vitae. Sentiamo spesso ripetere che la Storia è maestra di vita. È evidente che non è vero. La Storia non ci insegna nulla, altrimenti non continueremmo a ripetere gli stessi errori. Nell’introduzione a un recente libro di Storia economica ho trovato però una frase che sembra ripetere le stesse cose, ma che cambia la conclusione e che dovrebbe farci riflettere: per questo la propongo come inizio per questo incontro:

“La Storia non insegna nulla, e tuttavia punisce ferocemente quanti non ne apprendono la lezione”.

Oggi vorrei fare un tentativo: trarre dalla Storia degli ultimi 100 anni qualche indicazione o almeno qualche suggerimento per il futuro della nostra città. Credo sia un tentativo utile. Anzi sono convinto che sia un tentativo necessario e mi auguro che gli amministratori della nostra città riescano ad approfittare dalle indicazioni che ho cercato di trarre dalla Storia più recente.

Come si vede dalla locandina, ho utilizzato il lavoro fatto per il terzo volume della Storia di Recanati e in particolare le pagine conclusive del libro. In quelle pagine, infatti, avevo già fatto uno sforzo in questa stessa direzione: proporre agli amministratori della città le indicazioni per lo sviluppo di Recanati che ritenevo si potessero trarre dalla Storia degli ultimi 100 anni.

 

Le parole chiave per il futuro. Tutti gli studi dei maggiori esperti a livello internazionale (non solo economisti ma anche sociologi, politologi e scienziati) sono concordi nel dire che le prospettive per l’Italia, e quindi per le Marche e per Recanati, ruotano attorno a poche (6) “parole-chiave”:

formazione, lavoro, ricerca, innovazione, coesione sociale, sostenibilità (ambientale e sociale).

Quelle 6 parole andrebbero analizzate e meglio approfondite. Ma le conclusioni che se ne possono trarre sono chiare e indiscutibili.

1) Se la formazione è cruciale, occorre puntare sulla scuola, sulla qualità della scuola, sull’alternanza scuola-lavoro e sulla formazione continua, con l’obiettivo di avere più competenze (e più laureati) soprattutto nei settori scientifici e tecnici.

2) Se la ricerca è cruciale, occorre finanziare la ricerca e i centri di ricerca. L’Italia non sostiene la ricerca. Le Marche ancora di meno, anche perché le nostre piccole imprese non investono in ricerca.

3) Se l’innovazione è cruciale, occorre favorire l’innovazione tecnologica. La produttività è bassa non certo perché i salari sono alti, ma perché non si investe nelle nuove tecnologie.

4) Se la sostenibilità ambientale e sociale è cruciale, occorre puntare su un lavoro “decente”, sulle energie rinnovabili, sull’agricoltura biologica, ma occorre anche salvaguardare la coesione sociale aiutando i più deboli e contrastando le disuguaglianze con politiche fiscali di redistribuzione.

Le prime indicazioni che vengono dalla Storia. Sgombriamo il campo da una prima convinzione, e cioè che il Comune può fare poco, soprattutto per il lavoro, anzi, secondo alcuni, non può fare niente. Sono tanti gli esempi che mostrano proprio il contrario: dagli accordi fatti nel primo Novecento per favorire l’insediamento di nuove imprese non locali (es. accordo con il comasco Clerici per la fabbrica dei pettini) alla concessione dei locali comunali per la nascita o lo sviluppo delle imprese locali (da Maggini nel monastero di Castelnuovo alla filanda Piccinini e poi alla Eko nel convento di San Francesco), dalla creazione della zona industriale Squartabue, frutto della Comunità delle Tre valli fino agli incentivi concessi a chi sceglieva di ristrutturare edifici posti nel centro storico. Gli esempi potrebbero essere molti di più, ma basta così.

Seconda riflessione. Importanza del turismo. Negli ultimi anni a livello locale si è puntato molto sul turismo, ottenendo importanti risultati. Recanati non è soltanto la “patria di Leopardi”, ma è vero che, dopo la “crisi” del 2008, il parziale rilancio della città è avvenuto proprio grazie a Leopardi. Prima il film “Il giovane favoloso”, poi la gara alla nomina a “capitale della cultura italiana” e infine le celebrazioni del bicentenario dell’Infinito hanno fatto crescere l’immagine della città, contribuendo ad aumentare notevolmente quel turismo culturale oggi così importante, anche dal punto di vista economico. Ma il turismo culturale richiede qualità e per avere qualità bisogna favorire la formazione degli operatori turistici: il Comune può farlo concordando iniziative promosse insieme con le Scuole del settore e con le associazioni degli operatori turistici.

Allo stesso modo puntare sul turismo significa tutelare il paesaggio. Nonostante la perdita del tradizionale paesaggio mezzadrile, ancora oggi il territorio recanatese mantiene molti dei tratti armoniosi che avevano colpito Giacomo Leopardi. Recanati è la terra dell’Infinito perché è ammirando quel paesaggio che Leopardi ha scritto alcune delle sue più grandi liriche; ma ancora oggi nel suo territorio è possibile respirare l’Infinito. Il senso dell’Infinito può essere colto nella bellezza delle colline che circondano la città; nella qualità della vita e nell’arte di qualità che quelle colline racchiudono; e infine, nella vita quotidiana, negli antichi sapori e nelle tracce della storia che quelle colline ancora oggi conservano. È evidente allora che si è di fronte a un territorio che va salvaguardato con estrema cura. Con attenzione. Con convinzione. Per valorizzarlo.

Non solo turismo. Il terremoto del 2016 e la recente pandemia del Covid 19 hanno però fatto comprendere come sia rischioso affidarsi unicamente al turismo. Servono più motori trainanti. Ma proprio il richiamo al Covid ci suggerisce una terza riflessione. Non dimentichiamo le lezioni della Storia. Il Covid ci ha fatto comprendere l’importanza del servizio sanitario pubblico e della medicina territoriale. E allora non stanchiamoci di lavorare per rafforzare i servizi sanitari del territorio.

Più motori trainanti. Gli esperti che hanno lavorato alla Ricerca “Marche +20” coordinata dall’Università di Ancona hanno insistito sulla necessità di avere più “motori trainanti”. Non solo il turismo, quindi, ma neppure soltanto l’industria. L’industria resta importante; per questo occorre rafforzare il potenziale produttivo del «motore industriale». Nel settore industriale occorre creare condizioni favorevoli all’investimento, ma senza aumentare il consumo di suolo, come invece si è fatto nella Zona industriale di Squartabue.

Soprattutto servono politiche capaci di favorire l’innovazione a livello tecnologico, cognitivo, produttivo e organizzativo. Ma servono più motori trainanti: altre opportunità di crescita possono venire anche dal turismo appunto, e da servizi per il mercato, agricoltura e risorse naturali.

“Più motori trainanti” vale anche per Recanati; che deve riuscire a valorizzare l’economia della cultura e le produzioni agricole locali, che nel biologico e in comparti come l’olio e il vino hanno raggiunto una elevata qualità riconosciuta dal mercato, ma non deve rinunciare al ruolo svolto nell’ultimo cinquantennio nel settore industriale.

Essere specializzati in settori tradizionali non significa necessariamente essere destinati al declino; comunque non è questo il caso dell’area distrettuale in cui si colloca l’economia recanatese, a cavallo delle due province di Ancona e Macerata, che già si caratterizza per la presenza di varie attività ad elevato valore aggiunto, non solo negli strumenti musicali e nella lavorazione della plastica, ma anche nella meccanica strumentale.

L’innovazione. Oggi a livello internazionale la competizione è strettamente connessa alla capacità di innovazione. La diffusione dell’innovazione sta incontrando evidenti difficoltà nelle Marche; nella regione risultano insoddisfacenti sia le spese in Ricerca e sviluppo e resta ancora bassa la propensione ad assumere lavoratori con alte competenze. Non si comprende che la qualità del capitale umano è oggi il fattore fondamentale capace di rendere più competitive le imprese.

Fra gli imprenditori, i più attenti all’innovazione chiedono che si investa di più in nuove Scuole tecniche e in particolare nella creazione di Istituti Tecnici Superiori. A Recanati in questa direzione si sono mossi con convinzione i Guzzini e il Gruppo Pigini, che hanno sostenuto l’istituzione presso l’Itis “Mattei” di un Corso Tecnico Superiore per il marketing e l’internazionalizzazione delle imprese.

L’effetto città. La Storia più recente dimostra che per lo sviluppo è fondamentale il ruolo della città. Vari studi hanno dimostrato che il dinamismo di alcune regioni è accresciuto dalla presenza di una grande città che favorisce fenomeni di accumulazione di conoscenze e di capitale umano, dando luogo a processi di apprendimento collettivo. In una realtà multicentrica come le Marche, manca l’effetto città e quindi manca la propensione all’innovazione. Solo mettendo in rete le medie città della regione sarà possibile dar vita a sistemi urbani dotati delle necessarie infrastrutture e di servizi innovativi. Ma oltre a collocare Recanati in questa rete di città, è necessario puntare alla creazione di un’altra rete: un “sistema” aperto all’innovazione tecnologica.

Un sistema che favorisca una logica di collaborazione tra imprese grandi e piccole, università, centri di ricerca, istituzioni pubbliche, associazioni di categoria e altri soggetti sociali interessati alla diffusione delle innovazioni. Una rete di questo tipo può aiutare ad affrontare i principali problemi di questa fase: il problema della formazione di competenze tecniche più “avanzate”, la diffusione di una cultura dell’innovazione e il nodo dell’apertura ai mercati internazionali (internazionalizzaz).

È positivo che Recanati abbia firmato il Protocollo di Intesa con i Comuni di Loreto e Porto Recanati, ma non ci si può fermare lì. Servono reti più ampie. E dare concretezza a queste Intese.

 

Puntare sulla qualità. Secondo gli esperti (il recanatese Gioacchino Garofoli) dobbiamo puntare su «una produzione manifatturiera di qualità che si combini con servizi avanzati e con ampio utilizzo di formazione e ricerca». È un cambiamento che richiede «più conoscenza, più servizi, più capacità strategica, più cultura internazionale».

Per realizzare questo «cambiamento senza fratture», occorre passare da uno sviluppo sostanzialmente spontaneo a uno sviluppo che deve essere programmato e gestito puntando a una forte coesione a livello regionale e conciliando il cambiamento economico con la transizione ecologica avviata dall’Unione Europea, per realizzare uno sviluppo sostenibile dal punto di vista non solo economico, ma anche ambientale e sociale.

L’esperienza dell’ultimo cinquantennio ha dimostrato che il governo di processi complessi non può essere lasciato alle sole forze di mercato. Occorre guidare le trasformazioni economiche e sociali, per evitare che, in una regione policefala come le Marche, le traiettorie spontanee di sviluppo diano luogo a sistemi urbani che, invece di essere motori della crescita economica, si configurino come città non solo “senza governo”, ma anche “senza intelligenza e senza strategia”.

 

Lo ripeto. Servono politiche pubbliche, a livello nazionale e regionale, ma anche comunale. Come è avvenuto più volte nel passato, si può incidere sulla vitalità e sullo sviluppo del proprio territorio: anche oggi si possono creare le condizioni favorevoli all’investimento in nuove attività economiche, ma bisogna garantire le necessarie infrastrutture, sia quelle materiali che quelle immateriali, dai trasporti pubblici all’indispensabile rete digitale. A Recanati servono anche adeguati incentivi all’insediamento di nuove imprese e all’apertura di laboratori artigianali o di nuove attività commerciali per rispondere alla crisi del Centro storico. Insomma, la politica può e deve guidare lo sviluppo; può farlo con azioni dirette, ma può farlo anche coordinando e stimolando l’insieme dei soggetti impegnati nelle politiche di sviluppo locale.

Gli studi condotti negli ultimi decenni hanno dimostrato l’importanza del ruolo svolto da un tessuto associativo diffuso ai fini non solo della coesione sociale, ma anche della crescita del «capitale sociale» e dello stesso sviluppo economico di una città. Senza una società civile vigile e partecipe e senza un tessuto sociale dinamico ogni città è destinata al declino economico, culturale e sociale. Gli amministratori comunali e gli esponenti della società civile devono essere consapevoli che un associazionismo vivace è una grande ricchezza per l’intera comunità.

Credo che siano queste le più importanti indicazioni per il futuro di Recanati che possono essere tratte dalla Storia degli ultimi 100 anni. Per realizzare interventi che vadano in questa direzione E servono non solo amministratori competenti e coraggiosi, convinti del valore della partecipazione e della necessità di coinvolgere l’intera comunità locale. Ma serve anche una classe dirigente politica e imprenditoriale, a sua volta consapevole dei problemi. E servono cittadini partecipi e attivi. Ma soprattutto serve una visione del futuro. (La parola al sindaco).

L’aggravarsi della crisi ambientale ci dice che ormai siamo di fronte a una crisi di sistema: ci dice che è giunto il momento di cambiare il nostro modello di sviluppo. Recanati può svolgere un ruolo significativo anche in questa direzione; lo dimostrano la crescente attenzione che i cittadini manifestano per la salvaguardia dell’ambiente, la cura nei confronti del paesaggio leopardiano, le esperienze di “altraeconomia” rafforzatesi negli ultimi anni, i rapporti della città con l’entroterra appenninico, vero laboratorio di vita sostenibile.

E’ l’augurio che faccio al sindaco, ai nuovi amministratori e alla nostra città.

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