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Libri. Nuove recensioni di Valerio Calzolaio

Pulixi Fonte internet

Pulixi Fonte internet

Recensione La libreria dei gatti neri

La libreria dei gatti neri
Piergiorgio Pulixi
Giallo
Marsilio Venezia
2023
Pag. 296 euro 15
Valerio Calzolaio

Cagliari. Qualche mese fa. Per quattro ore e mezza Lucia Castagna e Nicola Vincis hanno gestito una festicciola con un esercito di bambini indiavolati. Sono genitori esausti, vorrebbero dare fuoco alla casa o morire, almeno scomparire. Il figlio Lorenzo ha compiuto gli anni ed è in camera a valutare il bottino di guerra. Suonano alla porta e un intruso alto con volto coperto da passamontagna li addormenta con lo spray. Si risvegliano tutti e tre legati di fronte a una telecamera digitale adagiata su un treppiede, l’uomo ha una pistola in mano e chiede a Nicola di scegliere entro sessanta secondi (scanditi da una clessidra) se deve uccidergli la moglie o il bambino. Poi, sulla base di una tardiva disperata indicazione, preme il grilletto e Lucia muore. Lo sconosciuto ha filmato tutto e se ne va. Quattro giorni dopo accade così che Marzio Montecristo, bel proprietario burbero barbuto alto asciutto della libreria indipendente Les Chats Noirs (specializzata in letteratura gialla), si vede arrivare in negozio due poliziotti della squadra Mobile, l’alta slanciata tonica sovrintendente Angela Angie Dimase (coetanea 38enne di cui lui è innamorato segretamente da quando avevano tredici anni) e l’ispettore Flavio Caruso (che ben intuisce la situazione relazionale). Nella casa delle vittime hanno trovato una foto di quando Marzio era ancora un maestro di matematica (era stato licenziato per aver aggredito un pessimo genitore violento oltre quattro anni prima), Lorenzo era un suo alunno ed è l’unico sopravvissuto, il padre si è gettato dal balcone. Brutta storia. E potrebbe ripetersi. A indagare si mettono anche quelle e quelli del gruppo di lettura che si riunisce in libreria tutti i martedì, all’inizio (quasi quattro anni prima) su iniziativa dell’esile Nunzia, 78enne espertissima del genere e affiatata con Marzio, ora ammalata d’Alzheimer e ricoverata in una residenza per anziani nella zona di Flumini.
L’autore e sceneggiatore Piergiorgio Pulixi (Cagliari, 1982) si è affermato con acume e coraggio come uno dei più bravi scrittori italiani sulla scena letteraria europea. Dopo aver partecipato giovanissimo al Collettivo Sabot (animato da Massimo Carlotto), dopo la tumultuosa quadrilogia sul corrotto Mazzeo (nel nordest), dopo altre apprezzate prove hard-boiled, spy-story, giallo, noir e thriller, ambientate a Milano e nella ricca Lombardia, è infine tornato con straordinaria efficacia nella natia mitica Sardegna e ha vinto il Premio Scerbanenco 2019 con “L’isola delle anime”. Il nuovo romanzo restituisce il contesto di una delle prime esperienze lavorative di Pulixi, la libreria cui si riferisce anche il titolo. Nei sessantasei brevi capitoli (scene) la narrazione è in terza varia, più spesso ovviamente sul caro Marzio, un protagonista in permanente fibrillazione, accentuata durante le settimane dell’indagine dalla scoperta che forse Angela non sta più con Fabrizio, l’altro amico di sempre, sportivo sfrontato e disinvolto col gentil sesso. Solo che ricominciano gli “omicidi della clessidra” e tutti si concentrano sulle possibili tracce. Il cupo mistero s’infittisce, con innumerevoli divertenti spunti o citazioni tratte dai romanzi gialli che hanno fatto godibile storia. Fra vecchi e ragazzi, pensionati e studenti, curiosi e frati, il signorile Vittorio Scalabrini porta agli incontri del gruppo di lettura giallo-noir ogni volta un vino diverso, interessante il rosso Nastasìa, il cannonau prodotto da una cooperativa agricola tissese. A cena nel locale a picco sul mare, con una vista mozzafiato sulla baia di Calamosca, fra il prosecco felice e il whisky triste, dalle casse risuona l’intensa Pyro dei Kings of Leon.

Recensione Approdi

Approdi. Musei delle migrazioni in Europa
Anna Chiara Cimoli
Prefazione di Claudio Rosati
Cultura, Museologia
Clueb Bologna
2018
Pag. 297 euro 28
Valerio Calzolaio

Musei europei. Da pochi decenni. La museologia delle migrazioni non è qualcosa di eccentrico, i musei relativi ci fanno riflettere sul modo stesso di essere museo, a partire dalla rilettura critica delle collezioni che sono il frutto di un peregrinare che il museo ha cristallizzato all’interno della sua monade. Si tratta di attività relativamente recenti, concentrate nell’ultimo trentennio. Il primo pioneristico caso di museo dedicato alle migrazioni nel mondo è quello rimasto aperto nel porto di New York dal 1972 al 1991; poi ad Adelaide fu inaugurato nel 1986, a Ellis Island nel 1990, a San Paolo nel 1998, a Halifax nel 1999, a Città del Capo nel 2000, a Buenos Aires nel 2009, fra gli altri. In Europa il primo è quello di San Marino che risale al 1997; poi a Fafe in Portogallo fu inaugurato nel 2001, a Gualdo Tadino (regionale umbro) nel 2003, a Bremerhaven in Germania e vicino Barcellona (“regionale” catalano) nel 2004, a Parigi nel 2009, fra gli altri. Accanto a quelli più grandi e nazionali, vi è stata fin dal principio una rete minuta e capillare di piccoli centri di ricerca con una sezione espositiva, a volta intermittente e perlopiù legata a esperienze locali. Solo in Italia si contano quasi una trentina di musei, alcuni di dimensioni minuscole (case-museo), quasi tutti senza trattare le migrazioni dal punto di vista dei flussi in entrata (a differenza che nella maggior parte degli paesi occidentali), mentre alcuni trattano il tema delle migrazioni in modo tangenziale. In sostanza, una classificazione è prematura, meglio partire dalla situazione europea, con passione civile e capacità di comparazione critica.
Anna Chiara Cimoli, brava ricercatrice di storia dell’arte e dell’architettura, esperta museologa milanese, ha pubblicato un bel testo sulla museologia connessa al diacronico e asimmetrico fenomeno migratorio. Il volume è strutturato in cinque parti: un lungo colto saggio iniziale che segnala un interesse tematico di lungo periodo e riconosce la difficoltà di inventariare le pratiche innovative riguardanti i migranti etichettandole dentro schemi disciplinari; le “pratiche”, ovvero l’analisi concreta di sette specifici musei europei delle migrazioni (immigrazione Catalogna; immigrazione Danimarca; emigrazione Germania; mare Genova, sezione migrazioni; immigrazione Francia; mare Anversa; emigrazione Polonia), con una scheda ben articolata sulla base di una visita dell’autrice e l’ulteriore contributo di un responsabile o di una responsabile dell’istituzione; le “letture” teoriche, ovvero tre brevi saggi o articoli usciti negli ultimi dieci anni su riviste specializzate (uno dell’autrice stessa); le “voci” delle diverse possibili discipline interessate, ovvero otto riflessioni in materia come stralci di narrazioni varie, interviste, testi sollecitati; l’epilogo (“tempo di nuove pratiche”, riferito più complessivamente al lavoro interculturale) cui seguono gli utili apparati iconografico (foto) e bibliografico (parziale) e l’elenco provvisorio di una quarantina di musei delle migrazioni nel mondo (undici per l’Italia). In più punti si sottolinea che la migrazione risulta una leva fondamentale dell’umanità fin dalle sue origini (acuti e opportuni i riferimenti a Lampedusa) e che è inevitabile una certa “torsione” nei musei per rappresentarla senza confini. In tal senso, il testo è assai ricco di spunti e volutamente incompleto, sollecita approfondimenti e lancia reti, lasciando intanto spesso prevalere il punto di vista dell’impatto strettamente espositivo rispetto alle premesse e ai nessi di carattere biologico, antropologico, geografico, storico, sociologico e statistico del comparato meticcio fenomeno umano emigratorio e immigratorio, in sostanza rispetto a cosa sono la libertà di migrare e il diritto di restare, a un approccio al migrare scientifico e multidisciplinare.

Recensione Heat 2
Heat 2. 1988 – 2000
Michael Mann e Meg Gardiner
Noir
HarperCollins Milano
2022
Valerio Calzolaio
3
Los Angeles, Paraguay, isole del mondo. Inizio nel 1995-1996, ben presto si va sia nel 1988 che nel 2000. C’era una volta il gran bel film Heat – La sfida, ambientato e uscito nel 1995: splendidi interpreti, fra gli altri Al Pacino (il poliziotto Vincent Thomas Hanna, del 1948), Robert De Niro (il colto ladro Neil McCauley) e Val Kilmer (il delinquente complice Chris Shiherlis, un fratello di fatto), varie brave attrici e caratteristi; soggetto, sceneggiatura e regia dell’ottimo Michael Mann (prese lo spunto da una serie televisiva sul poliziotto, che aveva realizzato e diretto nel 1989); lunga durata (quasi tre ore), girato in California; buone critiche e notevoli incassi, successo finanziario. In tanti vi muoiono e proprio alla fine Hanna uccide McCauley. Questo è il prologo ora di uno splendido romanzo, pubblicato un quarto di secolo dopo dallo stesso regista. Chris era stato gravemente colpito alla clavicola: fuggito a stento, venne salvato dal cauto buon Nate (intermediario, ricettatore e faccendiere della vecchia scuola) e riuscì a riparare prima in Messico poi in America Latina, rifacendosi lì lentamente una nuova vita, pur lontano dall’amata moglie Charlene e dal piccolo figlio Dominick. Vincent si mette sulle tracce di Chris, dei soldi e di Eady, l’ignara nuova compagna di Neil. Una volta tanto il cartaceo viene dopo la pellicola, prequel e sequel visto che racconta approfonditamente come si era arrivati alla sfida narrata dal film e cosa accade poi ai protagonisti sopravvissuti, ormai legati da un destino comune. Troviamo i tre nel 1988, Vincent a inseguire delitti e misfatti violenti, i due amici criminali a realizzare furti clamorosi e violenti. Il biondo possente bellissimo Chris si trova a Las Vegas, colmo di dollari, benzedrina e marijuana, e compra i favori di una escort che gli piace, decidendo di liberarla presto dal pappone per far crescere un amore; poi torna a Chicago dall’amico capobanda Neil, che sta progettando un ardito colpo di alti livello e rendimento. In città c’è anche il pessimo intelligente psicopatico Otis Wardell che con i suoi compie trucide rapine in serie (torturando chi gli capita e violentando le donne). Nessun dorma.
Il mitico eclettico regista, sapiente sceneggiatore, produttore di cinema e televisione Michael Kenneth Mann (Chicago, 5 febbraio 1943) ha ormai ottanta anni e nel 2022 ci ha deliziato con un noir adrenalinico, scritto quasi a quattro mani (con caratteri leggermente minori) insieme alla famosa scrittrice di polizieschi Meg Gardiner (Oklahoma, 1957). Il titolo richiama esplicitamente il film, secondo atto. La narrazione è in terza varia al presente (1995-96, 1988, 2000), su tutti i protagonisti, inventando spazio creativo per le sadiche gesta del criminale veramente cattivo (assente nel film). Wardell nel 1988 riesce più volte a salvarsi per il rotto della cuffia in modo sanguinario e si mette poi sulle tracce della banda di Neil, rovinandone i relativi piani e trovandosi una nuova perversa identità. Tutti i residui destini si reincrociano di nuovo nel 2000, una sfida dietro l’altra: Chris si è inserito in una nuova organizzazione criminale che realizza affari e conflitti in tutto il mondo, ma continua sempre a odiare il poliziotto che gli ha ucciso Neil; reciprocamente Vincent ha in sospeso la cattura dell’ultimo della feroce banda, ma deve sempre più spostare l’attenzione sullo psicopatico Wardell, un imperativo che sente presto nel sangue. Il tempo rimbalza ogni tanto (ma non troppo spesso) avanti e indietro. I capitoli sono progressivi e riguardano tutte le scene essenziali, 97 in tutto, ognuna con notevole introspezione dei personaggi principali, con proprie dinamiche scenografiche e colonne sonore, tutte davvero palpitanti. Forse ci vorrebbero almeno tre film per trasferirle compiutamente sullo schermo (o un’intera serie tv). Impossibile tentare di riassumere bene anche solo l’inizio della gesta noir, delle relazioni affettive, degli omicidi necessari, delle stragi occorse. Segnalo l’isola indonesiana di Batam, nello stretto di Malacca, un milione di abitanti a quindici chilometri da Singapore e a mezzo mondo di distanza da Los Angeles. Neil leggeva molto e cita Camus a proposito. Ogni alcolico che serve, Veuve Clicquot già al primo incontro fra Chris e Charlene.

Recensione Don Chisciotte e i suoi fantasmi

Don Chisciotte e i suoi fantasmi
Alberto Manguel
Traduzione di Maria Nicola
Letteratura
Sellerio Palermo
2023
Pag. 127 euro 12
Valerio Calzolaio

L’immenso scrittore, poeta, drammaturgo e militare Miguel de Cervantes (Alcalá de Henares, 29 settembre 1547 – Madrid, 22 aprile 1616), pubblicò nel 1605 il sovversivo romanzo El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha, quattro anni prima del decreto di espulsione dei moriscos. Dopo il 1492 ebrei e mori furono via via cacciati dalla Spagna (due terzi della popolazione), solo i convertiti potevano restare, il potere impose una limpieza de sangre. Cervantes finse di aver trovato il manoscritto del moro Sidi Ahmed Benengeli in carcere ad Algeri (1575-1580) e che il suo protagonista, amante dei romanzi cavallereschi, si era fatto cavaliere errante, rifiutando di piegarsi alle convenzioni menzognere del mondo, obbedendo unicamente alle norme dettate dalla coscienza. Mescolando realtà e finzione, storia e biografia venne fondato il romanzo moderno. “Don Chisciotte e i suoi fantasmi” è l’ultimo interessante saggio che il grande Alberto Manguel (Buenos Aires, 1948) dedica a Cervantes.

Recensione I dieci millenni dimenticati che hanno cambiato la storia

I dieci millenni dimenticati che hanno cambiato la storia
Jean-Paul Demoule
Traduzione di Irène Bouslama e Lucia Visonà
Storia
LEG Gorizia
2019 (orig., 2017)
Pag. 208 euro 24
Valerio Calzolaio

Pianeta. Neolitico. Dodicimila anni fa sapiens eravamo poche centinaia di migliaia, sparsi in tutti i continenti ma non stanziali, isolati in gruppi erranti. Ora siamo circa otto miliardi, sedentari, perlopiù con residenza unica o prevalente nelle fasi dell’esistenza (pur talora migrante). L’introduzione progressiva dell’agricoltura e dell’allevamento ci ha reso “residenti”, diffondendo anche “pratiche” che esistono ancor oggi: lavoro, guerra, religione. L’archeologo e storico della tarda preistoria Jean-Paul Demoule (Neuilly-sur Seine, 1947) denuncia le omissioni nello studio de «I dieci millenni dimenticati che hanno cambiato la storia». In dodici colti capitoli riassume chi forse (col punto interrogativo) ha «inventato» agricoltura, case e villaggi, utensili metallo ruota, dei (e Dio), arte (e design), capi (e servitù volontaria), guerra (e stragi), tombe e cimiteri, la dominazione maschile, le migrazioni, popoli etnie nazioni. Cronologia, Europa, glossario, biblio negli annessi.

v.c.

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