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Libri. Il bacio, i bacilli e compagnia bella! Con antologia di trenta poesie e novantanove disegni.

di Raimondo Giustozzi

Poliedrico l’avvocato Roberto Gaetani, tutta una vita passata a studiare codici e pandette, ma versato nella poesia e nella saggistica, collezionista di cartoline illustrate e disegnatore. Dedica la pubblicazione dell’ultimo suo libro, Il bacio, i bacilli e compagnia bella : “A mio figlio Claudio, che ci ha lasciati improvvisamente, l’otto settembre dello scorso anno, senza potersi confrontare con queste impressioni del tempo che passa”. Grande è la tenerezza di padre.

Il libro, edito in 200 esemplari dalla tipografia San Giuseppe srl di Pollenza (MC), il 21 gennaio 2023, si divide in tre parti. Nella prima (pp. 27 – 51), l’avvocato riporta per intero l’opuscolo “Il bacio – conferenza di Aurelio Ciarrocchi”, stampato dallo stesso Ciarrocchi nella propria tipografia di Civitanova Alta, nel 1932. La copertina dello scritto reca una incisione, probabilmente di Arnoldo Ciarrocchi, figlio di Aurelio, ispirata ad una cartolina disegnata da Tito Corbella negli anni venti. L’incisione non è firmata, ma si presume che sia proprio di Arnoldo, che nel 1932, anno della stampa dell’opuscolo, aveva 16 anni, essendo nato il 9 dicembre 1916. E’ senz’altro, scrive Roberto Gaetani, una delle prime opere di Aurelio Ciarrocchi, annoverato dagli studiosi come uno dei più noti incisori del secondo dopoguerra.

Il bacio – conferenza di A. Ciarrocchi

La conferenza di Aurelio Ciarrocchi – annota Roberto Gaetani – è una spensierata divagazione sul tema del bacio. Nel preambolo della conferenza, Aurelio Ciarrocchi precisa che il suo è solo uno “Zibaldone, un mosaico di pensieri, di aforismi e di paradossi, cuciti insieme, senza alcun ordine e, forse, senza nemmeno alcun nesso, dalla mia inveterata mania di collezionista. Dico questo perché nessuno abbia a pensare che io voglia farmi bello colle piume del pavone e per sfuggire la taccia di usurpatore e di plagiario” (Aurelio Ciarrocchi, Giuseppe Natalucci, Roberto Gaetani, Baci, bacilli e compagnia bella, pag. 27, Pollenza (MC), 2023). “Il bacio è la somma di tutti i desideri, di tutte le dolcezze, è la chiave con cui si dischiude il paradiso. Poeti di tutti i tempi hanno tentato una migliore definizione del bacio”. Aurelio Ciarrocchi riporta testi di Catullo, Cirano, Rostand, Dante Alighieri, Mario Albani, Stecchetti, Alfredo De Musset, Demoico, Trilussa, Dafni, Panzacchi, Carducci. Aurelio Ciarrocchi era un autodidatta. Attingeva a piene mani nella ricchissima biblioteca dell’amico Eldo Marchetti di Morrovalle.

Nel testo della Conferenza dedicata ai baci non poteva mancare la poesia di Valerio Catullo dedicata a Lesbia, la donna amata dal poeta di Sirmione: “Viviamo ed amiamo, mia Lesbia / e i rimproveri dei vecchi pedanti / tutti insieme non stimiamoli un soldo. / I giorni tramontano e tornano, / ma noi, quando cade la breve luce della vita / dobbiamo dormire una sola e interminabile notte. / Donami mille baci, poi altri cento, / poi altri mille, poi ancora cento, / poi di seguito mille, e poi di nuovo altri cento. / Quando poi ne avremo dati migliaia, / confonderemo le somme, per non sapere, / e perché nessun malvagio ci invidi, / sapendo che esiste un dono così grandi di baci”.

Un altro  mezzo di comunicazione, che si andava affermando tra le due guerre, era quello legato alle cartoline, quanto mai utile a favorire approcci sentimentali tra l’uomo e la donna. Roberto Gaetani, noto appassionato collezionista di cartoline, ne ha distribuite ben trentuno nella prima e seconda parte del libro, compresa quella di Tito Corbella. “Le cartoline sul bacio tra innamorati incominciavano a prospettare, sul finire degli anni venti, atteggiamenti sempre più passionali, come si evince dal tipo di cartoline più recenti, che riproducono innamorati, con le spalle nude, con in testa qualcosa di più concreto delle controllate passioni, suggerite dalle prime cartoline riprodotte” (Ibidem, pag. 8),

Baci e bacilli – conferenza di G. Natalucci

L’opuscolo di Aurelio Ciarrocchi viene ripreso, senza essere mai citato, dal dottor Giuseppe Natalucci, che svolse la funzione di medico condotto a Porto Civitanova, dal 1893 al 1926. Il dottor Natalucci dava alle stampe l’opuscolo “Baci e Bacilli”, pubblicato a Milano, nel 1934, dalla Tipografia Enrico Zerboni, col proposito di rintuzzare la “Conferenza” di Ciarrocchi. In questo opuscolo, il dott. Giuseppe Natalucci fa una storia del bacio, con ampia messe di citazioni storiche, bibliche e letterarie, prendendo spunto dal fatto che “il governo della neonata Russia bolscevica, in mezzo alle sue non poche paradossali riforme, avesse emesso, in nome dell’igiene, uno speciale editto contro il bacio” (Ibidem, pag. 55). L’opuscolo, Baci e Bacilli viene riprodotto nella seconda parte del libro (pp. 55- 82).

Giuseppe Natalucci, medico condotto a Porto Civitanova, dal 1893 al 1926, era la persona più colta e vivace della frazione che ambiva diventare comune autonomo, staccandosi da Civitanova Alta. L’autonomia giunse nel 1913 e Natalucci festeggiò l’evento nel primo “Annuario” del 1914, intitolato Libertas, ideato in gran parte dallo stesso. I successivi annuari uscirono nel 1929 col titolo Pax, nel 1923, col titolo Cluana, e nel 1929 con una rinnovata dedica a Cluana, in omaggio della antica città romana che si credeva localizzata nella città bassa. Dal 1891 al 1915 diresse, nella propria casa di Porto Civitanova, “La Gazzetta medica delle Marche”, periodico sanitario mensile. La sua opera più importante è il libro “Medici insigni italiani, antichi, moderni, contemporanei”, nati nelle Marche. Sono biografie di 257 medici, divisi per ognuna delle quattro province, con indicazione dei relativi contributi scientifici di ogni medico.

Nella frazione di Porto Civitanova, che si andava sviluppando proprio alla fine del 1800 e nei primi anni del nuovo secolo, operava anche un altro medico condotto, Francesco Pellegrini, persona di vasta cultura, molto amata dal ceto popolare della città bassa. Era il confidente di Rina Faccio, al secolo Sibilla Aleramo, che pubblicherà nel 1906 il romanzo autobiografico “Una donna”, ambientato per tre quarti proprio a Civitanova, senza mai nominarla. Pellegrini e Natalucci si conoscevano, perché avevano studiato assieme presso l’Università di Bologna con il pro. Augusto Murri, di origini fermane. I rapporti tra i due ad un certo punto si guastano, perché “Natalucci si inserisce con poca discrezione nelle vicende personali di Rina Faccio e di suo marito, Ulderico Pierangeli” (Ibidem, pag.14). Quest’ultimo aveva sostituito l’ing. Ambrogio Faccio, padre di Rina, a seguito del grande sciopero dei duecento operai che lavoravano nella fabbrica delle bottiglie, manifestazione promossa e guidata da Michele Alfredo Capriotti, sindacalista e marito di Corinna Faccio, sorella di Rina. Michele Alfredo Capriotti era grande amico del dott. Pellegrini. La polemica tra Pellegrini e Natalucci scoppiò improvvisa e ci mancò poco che non finisse in un duello, come era costume dell’epoca. Tale prassi venne vietata dopo la morte in duello di Felice Cavallotti, noto deputato radicale.

Rina Faccio lascia definitivamente Civitanova nel 1899. Nello stesso anno muore il dott. Francesco Pellegrini per “Nefro- ileo meningo tifo”, malattia contratta nel corso delle continue visite che il medico condotto faceva nelle case del borgo marinaro, prive, all’epoca, di adeguati servizi igienico sanitari. Michele Alfredo Capriotti, dopo il matrimonio con Corinna Faccio, lascia anche lui Civitanova per raggiungere Argenta, nei pressi di Comacchio, dove farà il sindacalista. Da qui si trasferirà poi a Cesena e Parma per altri importanti incarichi sindacali. Dall’Emilia Romagna andrà poi a Milano, dove svolse funzioni amministrative presso la Società Umanitaria, grande istituto filantropico della città meneghina. A Civitanova il dott. Giuseppe Natalucci, dal 1902 al 1926 rimane il personaggio più autorevole e influente della cultura locale. Nel 1934, quando dà alle stampe l’opuscolo “Baci e bacilli”, non abita più a Civitanova ma nei dintorni di Roma, dal figlio Nino. Il dott. Natalucci aveva tre figli: Igea, nata a Monterotondo, nel 1892, località dove il padre svolgeva la professione di medico condotto, prima di approdare a Porto Civitanova, Domenico Guglielmo, detto Nino, nato a Civitanova nel 1893, il terzo, nato nel 1902, chiamato Nathan, in omaggio al sindaco di Roma, muore in Tripolitania, quale ufficiale dell’esercito italiano.

Lo scritto “Baci e Bacilli” è una dotta dissertazione “Intorno alle origini, all’essenza, alle definizioni, ai significati, alla diffusione ed ai prospettati eventuali pericoli del bacio” (ibidem, pag. 55).  “Il bacio, nella sua origine, risulta la più naturale espressione dell’universale sentimento della vita; e fu solo in seguito che assunse il significato di tenerezza, di benevolenza, di rispetto, di devozione, entrando pure, come simbolo diverso, nelle varie costumanze dei popoli: la parola adorare deriva da ad os portare, cioè baciare. Una poetica leggenda fa risalire l’origine del bacio a Venere, quando, dopo aver portato il giovinetto Ascanio sui monti della sua bella isola fiorita, Cytera, lo adagiò su un talamo di olezzanti viole e lo baciò. Il bacio ha un’origine remota. Nella Genesi, Isacco, dice al figlio: Accostati a me o figlio e vieni a baciarmi. Questi si accostò e lo baciò”… L’antichità del bacio è bene ricercarla presso gli antichi Egizi. Il bacio era anche conosciuto presso gli Assiri, i Caldei ed i Babilonesi. Nel Vangelo troviamo il bacio della pace. Il bacio di Giuda si innesta con il dramma della Passione di Cristo. Nell’Epistola ai Corinti, San Paolo esorta i fedeli di Corinto, dicendo: “Salutatevi gli uni con gli altri con un santo bacio (Cor. 2, 16).

Quanto all’etimologia, la parola bacio deriva da basium, che a sua volta rimanda al sanscrito bbadd che vuol dire aprire la bocca. Nel mondo latino “l’indiavolato spirito di Marziale ci ha lasciato la più esatta e più completa visione dell’intima e quotidiana vita della Roma del primo secolo dell’era nostra”. “Il bacio sugli occhi è una rara raffinatezza d’amore, perché gli occhi sono lo specchio dell’anima”. Danti Alighieri fa dire a Francesca: “La bocca mi baciò tutto tremante”. Il bacio è esaltato da Shakespeare, Leopardi, Torquato Tasso, Carducci, Ronsard, Panzacchi. In questi riferimenti, il nostro non si discosta molto da quanto aveva scritto Aurelio Ciarrocchi, meno acculturato di Giuseppe Natalucci, che nell’ultima parte dell’opuscolo si sofferma ad analizzare le reprimende verso il bacio per considerazioni d’ordine morale e sanitario.

Il provvedimento della Russia Sovietica contro il bacio non è nulla di diverso da quanto già aveva predisposto l’imperatore Tiberio, che aveva proibito per decreto il bacio, largamente praticato dai romani. Con gli imperatori successivi, il decreto di Tiberio rimase lettera morta. Nel corso del Rinascimento la guerra al bacio poggiava su considerazioni d’ordine morale. Negli Stati moderni, il bacio ebbe alterne fortune. Veniva accettato negli Stati Uniti, considerato come una fulgida poesia del mondo, dopo essere stato messo al bando perché considerato come il più potente veicolo di infezione umana. In Inghilterra i giornali politici pubblicavano resoconti attraverso i quali “Emergeva che i bacilli della tubercolosi, della sifilide, della difterite e di altre malattie infettive, potevano trasmettersi con i baci scambiati tra le labbra che avevano qualche screpolatura”. Nonostante queste valutazioni, anche in Inghilterra, come nel resto del mondo, tranne nella Russia Sovietica, “il bacio tra un uomo e una donna è l’aura messaggera dell’aurora” (Ibidem, pag. 80).

E compagnia bella! Divagazioni sull’evoluzione dei rapporti di coppia ispirati dalle cartoline e dall’attuale vita sociale, di Roberto Gaetani

E’ la terza parte del libro. Il contributo è interamente dell’avvocato Roberto Gaetani, che, appassionato di cartoline d’epoca, fino ad esserne diventato uno dei maggiori collezionisti marchigiani, molto conosciuto in Italia, Francia, Olanda e Germania, traccia la vita di coppia attraverso la lettura di queste cartoline. Il punto di partenza dell’indagine storica è l’Ottocento. La rivoluzione francese del 1789 aveva cancellato il vecchio modus vivendi della società medievale, divisa in laboratores (coloro che lavoravano), oratores ( coloro che pregavano) e bellatores (coloro che combattevano). Per tutto il Medioevo e per buona parte dell’età moderna, tutto cambiava ma tutto rimaneva come prima. Dopo la Rivoluzione francese, niente rimane più come prima.

La Francia, nonostante fosse circondata da nazioni che volevano ritornare o rimanere nello status quo ante, nella situazione da vecchio regime, riuscì con Napoleone Bonaparte a trasmettere a tutta Europa una ventata di libertà, ridimensionando il potere del Papa, dando nuovi assetti amministrativi che incanalarono i rapporti tra potere centrale e cittadini. “Il Codice Civile divenne un modello per tutta l’Europa. Ribadiva la fine dei privilegi dell’antico regime, tutelava la proprietà, la laicità dello Stato, l’uguaglianza dei cittadini, la libertà di coscienza e personale; ma, sul piano dei rapporti di coppia, rimaneva aderente alla visione di una famiglia che poneva la moglie e i figli in posizione sottomessa, rispetto al marito e al padre” (Ibidem, pag. 88). Napoleone Bonaparte riuscì ad imporre un suo stile in tutte le arti fino all’uso del colore “verde oliva” per rendere più vivo il Neoclassicismo.

Dopo la sconfitta di Napoleone Bonaparte a Waterloo e il suo esilio a S. Elena nell’oceano atlantico, tutti i beni posseduti dall’imperatore finirono nelle mani di Napoleone III Bonaparte e tra questi i 110 terreni della tenuta civitanovese che comprendeva circa 1200 ettari. Civitanova Marche si trovò ad essere la città più francese d’Italia. Ambedue i Bonaparte incarnarono “Quel senso eroico della vita, fatto proprio dai nostri moti risorgimentali, che influì profondamente nella concezione dell’arte e della letteratura dell’epoca, come si ricava dalle opere di Stendhal (Henri Beyle, 1783 – 1842), tra tutte il romanzo “Il rosso e il nero”. Le arti figurative trovarono in Francia la propria patria di elezione. Tra tutte le forme di comunicazione, la cartolina postale occupava un posto di primo piano.

La prima cartolina illustrata francese risale al 1889, per l’inaugurazione della Tour Eiffel, durante l’esposizione internazionale di Parigi, dello stesso anno. In Italia la prima cartolina illustrata risalirebbe al 1896, emessa in occasione del matrimonio tra Elena di Montenegro e Vittorio Emanuele III, all’epoca ancora principe di casa Savoia. Subentrerà al padre Umberto I, ucciso dall’anarchico Gaetano Bresci a Monza, domenica 29 luglio 1900. Da allora, le cartoline possono essere divise in due tipologie: quelle che riproducono panorami o edifici cittadini, e quelle di fantasia, ispirate alle tematiche più svariate: vita militare, arte, umorismo, fiori, auguri, personaggi dell’epoca. L’evoluzione qualitativa della cartolina può essere divisa in tre periodi distinti. Il primo, quello d’oro va dalla sua prima diffusione agli inizi della prima guerra mondiale (1914). Il secondo periodo va dalla prima alla seconda guerra mondiale (1945). Si caratterizza per la radicale evoluzione dell’abbigliamento femminile e per il diffondersi di regimi autoritari, in Italia, Germania, Russia. Il terzo periodo va dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi. La cartolina dei primissimi anni del 1900 sposa lo stile floreale, in Francia chiamato Art Nouveau, in Germania Jugendstil, in Italia col nome Liberty.

Il libro elenca i maggiori illustratori francesi, tedeschi, italiani, inglesi dei primi due periodi durante i quali la cartolina postale illustrata diventa uno dei mezzi di comunicazione, usata per mandare messaggi, saluti, informazioni, notizie. Il terzo periodo, quello della massima diffusione della cartolina illustrata, in Italia, dal Referendum per la scelta tra Monarchia o Repubblica (2 giugno 1946) ad oggi, è ampiamente descritto con riferimenti a date e avvenimenti, attraverso i quali si delineano le principali tappe dell’evoluzione sociale della donna. Sono 62 pagine (136 – 198) del saggio dense di riferimenti ai governi centristi, di centro sinistra, di unità nazionale, crisi dei partiti della prima repubblica, nascita e formazione di nuove forze politiche fino a quelle attuali.

“Le prime cartoline paesaggistiche, in bianco e nero, tratte da vere fotografie, cominciano a diffondersi alla fine degli anni cinquanta” (pag. 148). Nello stesso periodo comincia a propagarsi la pratica dell’annuale invio di mazzetti di 5 cartoline, per sollecitare offerte a favore di enti assistenziali, quali “La Repubblica dei ragazzi” di Civitavecchia, la “Casa di mamma domenica”, di Milano o la “Pro Civitate Christiana” di Assisi. Alda Bossalini riesce ad accreditarsi come illustratrice di libri per ragazzi. Le sue cartoline proponevano tematiche originali, quali gli “Usi e i costumi matrimoniali nel mondo”, “le pipe”, “le culle dei vari paesi”, le “navi”, le “carrozze”, oppure le principali figure dei “pirati e uomini di mare”, e “gli scopritori di terre ignote”. Edina Altara (1898 – 1983), di origine sarda, creava una serie di cartoline dedicate ai “Ventagli”, “La via della seta”, “Il caffè”, “Lo sport dell’Ottocento”.

La cartolina illustrata con il tempo diventa sempre più marginale come strumento di comunicazione. Radio e televisione diventano i principali canali di informazione. La pluralità di notizie, garantita da televisione pubblica e privata, non sempre è garanzia di libertà. “Le tecniche di propaganda occulta sono pericolose, data la possibilità di introdursi, in via sublimale, nei pensieri di ognuno. La manipolazione occulta dei convincimenti è persino esasperata dall’utilizzo di sistematiche “fake news”, poiché le odierne reti telematiche consentono di trasmettere, ovunque e velocemente, dati non veritieri, propalati come veri, accuratamente prescelti da anonimi centri di persuasione occulta” (Ibidem, pp. 180- 182). Le responsabilità dell’aggressione della Federazione Russa ai danni dell’Ucraina viene mitigata da personaggi di successo, popolari nei social network e in generale molto seguiti dai medie, che sono in grado di influire sui comportamenti e sulle scelte di un determinato pubblico. “Questi influencers nostrani hanno avallato la narrazione russa, per la quale l’invasione di uno stato sovrano, quale è l’Ucraina, è motivata dalla necessità di denazificare quel paese. Una situazione analoga si è riscontrata all’epoca dei dibattiti sulla pandemia da Covid 19, ove ai “No vaxs”, che contrastavano la vaccinazione di massa, disposta da Governo per salute di tutti, sono stati concessi insoliti spazi di esternazione, che ci hanno imposto la sopportazione di vaniloqui privi di valenza scientifica” (Ibidem, pag. 182).

Le “Tribune politiche”, abituali all’epoca di Ettore Bernabei, sono state sostituite da un “ossessivo martellamento telematico”. La massiva dotazione di cellulari ha sostituito il piacere di leggere le notizie sul quotidiano. La musica trasmessa è pervasa da “sonorità ossessive, che inducono a movenze di gruppo, non lontane dalla reminiscenza di danze tribali”. La programmazione nella televisione di stato di commedie, anche dialettali, di Eduardo de Filippo, Gilberto Govi, è stata sostituita da “format” che nascono in altri contesti culturali, che non rappresentano affatto la cultura italiana. Il risultato è quello di aver clonato gli italiani odierni e di averli fatti diventare disattenti fruitori di programmi che sono estranei alla storia culturale dell’Italia. Una cartolina stampata a Bruxelles da Plaizier e pubblicata nel libro sintetizza le conclusioni del libro: “Silvio Berlusconi con le sue televisioni, nell’arco di quarant’anni ha clonato gli italiani a sua immagine e somiglianza. L’autore aveva reperito l’originale da un barbiere, in Sicilia, durante una vacanza estiva” (Ibidem, pag. 200). “La foto rappresenta Silvio Berlusconi, contornato da una decina di persone (vecchi, donne, giovani e bambini), ognuno con espressioni facciali analoghe a quelle del noto personaggio, diversificate però a seconda delle varie età” (Ibidem, pag. 194).

“Nell’Italia odierna la bella cartolina illustrata non è più prodotta, né venduta. L’uso massiccio di cellulari e computer ha trasformato, in pochi decenni, l’intero sistema della comunicazione orizzontale. L’attuale società rifugge persino dalle tradizionali fotografie su carta stampata, cui era demandato il ricordo degli eventi duraturi. Si va pazzi per lo scatto di effimeri selfie, frettolosi e superficiali, che non lasceranno ricordi tracciabili alle generazioni future” ( Ibidem, pag. 192). La nostalgia per il bello si colora nelle ultime pagine del volume nella pubblicazione di ben 32 poesie amorose, italiane e francesi, alcune conosciute dal lettore medio, altre di meno. Sono tutte belle.

Scrive il nostro: “Per ricordare cosa fosse il bacio in altre epoche, propongo un’antologia di testi, tuttora suggestivi, grazie al ritmo di metriche, dimenticate dai poeti contemporanei. E un confronto tra poeti francesi (undici) e poeti italiani (diciannove), per lo più dialettali, che lascia al lettore il giudizio sui diversi tipi di approccio al bacio” (Ibidem, pp. 207 – 312).

 

Raimondo Giustozzicopertina libro

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