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Libri. Sei libri per Natale

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Maurizio-de-Giovanni Fonte internet

Caminito. Un aprile del commissario Ricciardi

Maurizio de Giovanni

Giallo (Noir sentimentale)

Einaudi Torino

2022

Pag. 270 euro 19

Valerio Calzolaio

Buenos Aires e, soprattutto, Napoli. Aprile 1939. Nel caffè dell’altra parte del mondo, una bella cantante cerca di interpretare meglio la struggente canzone sulla stradina delle pene d’amore, da cinque anni è fuggita impaurita dall’Italia e ora si chiama Laura Lobianco, le stesse iniziali rispetto a quelle dell’esistenza di cui ha nostalgia. Dietro a un boschetto di questa parte del mondo, il vedovo maestro in pensione Caputo alla ricerca di nespole trova per caso due cadaveri nel giardino nascosto ai percorsi abituali, dietro alle case popolari, sembra quasi che i due giovani stessero facendo l’amore prima di essere malamente uccisi. In questura il quasi 60enne brigadiere Raffaele Maione si confida col commissario Luigi Alfredo Ricciardi di Malomonte, hanno in sospeso soltanto la denuncia della scomparsa del primo ufficiale di una nave genovese. Prima che finisca il turno arriva però la chiamata dal posto di guardia di San Giovanni, hanno trovato i due morti, vanno insieme sulla scena del crimine. Ricciardi si concentra per abbandonarsi alla dannazione che gli fa sentire l’ultima frase pronunciata dai morti sul luogo e capisce che la coppia aveva il matrimonio in vista, si era data un appartato appuntamento e forse lui è proprio il 27enne Parodi che non era rientrato all’imbarcazione alla ritirata del giorno prima. Fra l’altro, arriva il medico Bruno Modo e se ne va sconvolto, forse lo conosceva, coinvolto in qualche attività clandestina. Cominciano a indagare, Parodi faceva il postino dei carcerati a Ventotene, potrebbe essere stato vittima dei fascisti, ordini ufficiali o meno. Però non tutto quadra, faticano a identificare la ragazza. Ed entrambi hanno pure altri pensieri per la testa: Ricciardi continuamente relativi alla figlia Marta, nata cinque anni prima mentre la moglie Enrica moriva nel parto, chissà se ha ereditato i dannati “poteri” del padre; Maione a causa dell’imperioso arrivo di un appariscente riccone che vuole sottrarre la figlia adottata dalla sua famiglia. Le minacce si addensano e complicano.

Il grande scrittore italiano Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) aveva chiuso oltre tre anni fa la sua prima e più amata serie con il dodicesimo romanzo. Dopo gli esordi con le quattro stagioni del 1931, il seguito delle feste del 1932, le svolte matrimoniale del maggio 1933 e genitoriale dell’estate 1934, aveva dovuto abbandonare alla sua sorte l’amatissimo “diverso” commissario. Ricciardi non era più certo di essere pazzo, pur mantenendo una peculiarità al limite del paranormale: nei luoghi che frequenta percepisce ancora tanto dolore, le voci di chi è morto, ascolta chiaramente ultime parole e sentimenti quando si trova sulla scena della dipartita (criminale o meno), chiama questo fenomeno il Fatto (conosciuto solo da Enrica, con la quale aveva condiviso tutto), chissà se Marta seguirà le sue (tristi e devastanti) orme. Qui vorrebbe ormai la “prova”, verificare se l’ha trasmesso, non lo ha capito bene dal colore degli occhi (verdi i suoi, praticamente neri quelli di lei). La bimba è una nuova inedita protagonista (acuta e sensibile, più alta della media, capelli corti, spesso un bel fiocco sulla testa, mani sottili e nervose del padre, volto dolce e tratti regolari simili alla madre); quattro giorni alla settimana va a studiare con l’istitutrice Edna e il figlio Federico dalla contessa Bianca Borgati di Zisa, cara amica di Luigi ed Enrica; frequenta pure spesso i nonni materni (drammaticamente condizionati dalle leggi razziali); la sempre più brutta governante Nelide la segue ovunque. La narrazione è, come sempre, in terza varia (brevemente anche fra i colpevoli). Il titolo garantisce con commozione (sentimentale) e approfondimenti (argentini) il filo lirico comune di Luigi ed Enrica (sulla loro panchina), di Luigi e Marta (verso la casina della musica), di Marta e Federico (come scopriamo alla fine). Con audacia e qualità, De Giovanni riesce in un triplo salto mortale: recuperare l’invocata serie innovandola nelle dinamiche, politiche sociali relazionali. Altro che letteratura minore di genere! Giusto che sia in testa alle classifiche di vendita. Tanti riferimenti all’isola carcere di Ventotene. Vino rosso.

 

v.c.

 

Recensione La felicità è un dono

 

La felicità è un dono. Perché l’altruismo intelligente è la scelta migliore che puoi fare

Marco Annoni

Prefazione di Telmo Pievani

Scienza

Sonzogno Venezia

2022

Pag. 141 euro 16

Valerio Calzolaio

 

Questo pianeta di primati pure sapiens. L’egoismo individuale e parentale è spesso imperfetto, nel senso che può essere bilanciato da un vantaggio di un gruppo appena più largo, oppure della comunità e di specie. L’evoluzione, infatti, accade a più livelli di selezione ed è ambi o plurivalente: tendiamo a essere meno egoisti e più altruisti quando sentiamo (in teoria e in pratica) di appartenere a un insieme. In un mondo dilaniato da diseguaglianze feroci e da conflitti violenti, abbiamo un grande bisogno di altruismo efficace verso i sapiens e il vivente, niente di solo emotivo o istintuale, niente autolesionismi o sprechi. Fare ciascuno di noi più bene possibile in cerchi morali concentrici sempre più ampi: sé stessi, i parenti stretti e allargati, la propria comunità, le proprie scelte di empatia e solidarietà, il proprio contesto istituzionale, gli otto miliardi della propria specie, gli ecosistemi. Certo, è inutile dividerci in buoni e cattivi: ereditiamo dal nostro passato evolutivo la capacità di fare il meglio e il peggio al contempo. Tanto vale allora capire, prima o poi, una volta per tutte, che e quanto conviene donare e donarsi, ognuno attraverso un personale consapevole cammino. Risulta pertanto utile distinguere le tre dimensioni della felicità del dono, più facile da raggiungere di quanto si creda, in tutti i suoi tre differenti livelli, in vario modo presenti pure nelle grandi tradizioni del pensiero spirituale e religioso: emotivo, cognitivo, esistenziale. Una nutrita serie di studi sperimentali evidenzia che chi dona ha, in media, una vita più felice e soddisfacente, ed è in media anche più in salute. Provare per credere.

Il giovane bioeticista e ricercatore di filosofia della scienza Marco Annoni (1981) descrive le basi serie e oggettive per diventare sapienti “donatori”, intelligenti e felici (da cui titolo e sottotitolo). Possiamo fare del bene o prevenire malori e dolori: chiunque ha la possibilità di salvare o migliorare in modo radicale la vita di decine, se non centinaia, di altre persone che oggi si trovano in una condizione di sofferenza, pericolo o povertà, senza gesti straordinari o eclatanti e senza danneggiare sé stessi (o altri). Praticare l’altruismo attraverso il dono o il volontariato può essere un modo per migliorare il proprio carattere e diventare persone più virtuose, informate e in grado di rispecchiare i valori in cui credono (crediamo). In molti casi, quando si agisce per il bene degli altri, si ha un ritorno positivo anche per sé. L’ottima prefazione è del grande Telmo Pievani. La chiara narrazione è poi molto ben argomentata con gli aggiornati studi empirici, distinta in due parti, prima la natura quindi la pratica dell’altruismo, in tutto sei capitoli che terminano ognuno con la riassuntiva “idea chiave”, da assimilare e gestire. In fondo, una breve appendice per “verificare personalmente e informarsi in modo adeguato” e la bibliografia sintetica. Provar non nuoce.

 

v.c.

 

Recensione A letto nel Medioevo

 

A letto nel Medioevo. Come e con chi

Chiara Frugoni

Storia

Il Mulino Bologna

2022

Pag. 168 euro 22

Valerio Calzolaio

 

Europa. Basso Medioevo. La vita quotidiana di tanti secoli fa ruotava spesso intorno al letto, proprio o altrui: un giaciglio dove riposarsi e scaldarsi grazie al camino e alle coperte; un appiglio affollato dove pranzare, studiare, conversare e ricevere visite (sempre grazie al camino); un’alcova ovviamente, pure e bene. Un po’ come oggi (forse addirittura più di oggi), il letto costituiva un indicatore sociale e si potevano trovare letti di tutti i tipi, con agli estremi quelli sontuosi baldacchini e quelli umili pagliericci, avessero o meno rialzi o pedane, cuscini, ricami o abbellimenti esterni. In genere tutti dormivano nudi, anche i moribondi e gli ammalati; i sani di solito semiseduti, possibilmente sopra numerosi cuscini; poveri ed eremiti su stuoie. Già dal Trecento in Italia (più che in Francia) un buon letto era fatto di solido legno (con testiera angolata o curva) e circondato da cassapanche; la maggior parte costruita da falegnami secondo le esigenze del committente, raramente acquistati belli e fatti; talora occasione lussuosa e magnificente in vista di proposte indecenti di tutti i generi. Il letto risultava il mobile più importante e l’unico confortevole di una casa medievale, quello da profumare contro gli afrori del sudore e i cattivi odori stagnanti altrove, dentro e fuori la residenza. L’antico passato del Medioevo latino-cristiano resta molto e biodiversamente nel nostro immaginario contemporaneo.

L’eccelsa studiosa Chiara Frugoni è scomparsa da pochi mesi (Pisa, 4 febbraio 1940 – 9 aprile 2022): figlia d’arte, storica e scrittrice, esperta di Medioevo e di Storia della Chiesa, docente universitaria a Pisa e a Roma, colta sostenitrice della centralità delle fonti iconografiche, autrice di decine e decine di saggi storici godibilmente preparati e di competenti opere letterarie (perlopiù protagonista San Francesco), consulente di programmi radio e tv, tradotta all’estero, molto apprezzata e premiata in patria. Quest’ultimo volume esce postumo, quindi senza introduzione e conclusioni, pur rivisto e consegnato dall’autrice, con una meditata suddivisione in nove capitoli e relative note (raccolte in fondo) e un utile indice dei nomi e dei personaggi citati. Il testo è una sorta di commento alle splendide figure colorate che talora occupano l’intera pagina, riproduzioni complete o parziali di affreschi esposti in musei di mezzo mondo. Frugoni prende spunto da un oggetto artistico prodotto in quei tempi, il particolare visivo di una miniatura oppure le frasi originali di una novella (molte altre oltre a quelle di Boccaccio), per narrarci costumi e mentalità medievali connessi allo strumento dove (anche) dormivano: in che modo e con chi, appunto, vi dormivano o vi facevano sesso (da cui titolo e sottotitolo); come vivevano e come pensavano lì attorno; cosa si capiva della relativa stratificazione sociale. Ecco la stanza “multitasking” con il letto (anche per atti violenti), i letti molto affollati e ad accoglienza variabile, la Chiesa fra le lenzuola, la festa dei sensi. Arte, scienza, conoscenza conviviale.

 

v.c.

 

Recensione Miracolo a Hollywood

 

Miracolo a Hollywood

Orson Welles

Traduzione, cura e lunga nota finale di Gianfranco Giagni

Commedia teatrale

Sellerio Palermo

2022 (orig. The Unthinking Lobster, 1950; or. francese Miracle à Hollywood, 1952)

Pag. 161 euro 13

Valerio Calzolaio

 

Hollywood. Fine anni quaranta. Mentre si ascolta Bach una voce legge la Genesi, ma il presidente degli Studios Jake Behoovian ferma tutto: “questa è tutta roba che non interessa a nessuno”. Molti film religiosi hanno successo; il regista neorealista italiano Sporcacione (Rossellini?) ne sta girando uno su una santa alla Bernadette che cura gli infermi; ha appena licenziato la diva protagonista, rimpiazzandola con una dattilografa più “spirituale” e, girando una scena, accade che guariscano veri storpi: “Miracolo a Hollywood”! Mentre stava lavorando a Parigi il mitico Orson Welles (1915-1985) scrisse questo divertissement teatrale, subito rappresentato per quattro settimane. Ebbe buone critiche ma scarso interesse di pubblico, anche perché gli attori recitavano in inglese e veniva dato solo un riassunto agli spettatori francesi. Poi nulla più. Opera mai più edita (dopo il 1952 in francese), copione inglese introvabile, ecco allora una bella operazione italiana di archeologia culturale.

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v.c.

 

Recensione Non avrete la sua testa

 

Non avrete la sua testa. Un caso per il commissario Richard

Ezio D’Errico

Giallo

A cura di Loris Rambelli

Fondazione Rosellini Senigallia

2022

Pag. 215 euro 20

Valerio Calzolaio

 

Parigi. Fra un settembre e il gennaio successivo, prima di o intorno agli anni 1940-41. Guida e visitatori scoprono un morto all’interno del Museo Grévin, numero 10 di boulevard Montmartre: nello storico semicupio non c’era una statua di cera ma un maschio truccato come Marat. Qualche tempo dopo, un prigioniero attende in carcere la sentenza di colpevolezza e l’esecuzione capitale, mentre l’ultra 60enne commissario Richard al Quai des Orfèvres chiede rinvii e supplementi d’inchiesta per salvarlo dalla ghigliottina, dimostrandone l’innocenza. “Non avrete la sua testa” (appunto) è il romanzo inedito del grande pittore e narratore “simenoniano” Ezio D’Errico (1892 – 1972). Mondadori non lo pubblicò a causa delle vicende legate alla guerra. Uscì in dieci puntate (una per capitolo) su un settimanale romano nell’agosto 1946, poi nel 2018 in formato digitale, mai prima in volume. Una vera e propria preziosa chicca della straordinaria Fondazione Rosellini. Ottima cura di Loris Rambelli (1948).

 

v.c.

 

Recensione Per un’unica conoscenza

 

Per un’unica conoscenza. Pietro Greco e Il Bo Love

Pietro Greco

Articoli di scienza e arte

Prefazione di Lucia Votano

Postfazione di Telmo Pievani

Padova University Press

2022

Pag. 257 euro 19

Valerio Calzolaio

 

Il mondo sapiens, luoghi e tempi. Il chimico giornalista Pietro Greco (Barano d’Ischia, 20 aprile 1955 – Ischia, 18 dicembre 2020) manca fisicamente alla cultura italiana da 2 anni. Uno dei fili conduttori delle sue opere è cercare di dimostrare che non esistono due divergenti culture, quella scientifica e quella umanistica; seppur le si distingue, spesso forzatamente (una “schisi innaturale” diceva citando il chimico scrittore Primo Levi), entrambe sono strumenti necessari per esprimere la creatività dei sapiens. Circa due anni e mezzo prima di morire, Greco aveva preso per mano la giovane redazione di Il Bo Live, storico giornale dell’Università di Padova, trasformandolo nel magazine digitale universitario più letto in Italia. Vi scrisse anche 267 pezzi, oltre a realizzare varie interviste video, podcast e curatele; ora l’ottima redazione raccoglie una 50ina di articoli, distinti attraverso cinque sezioni “Per un’unica conoscenza”: cittadinanza, ricerca, cultura, storia, salute.

 

 

v.c.

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