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Libri: Paul Bushkovitch, Breve storia della Russia, dalle origini a Putin

Breve storia della Russiadi Raimondo Giustozzi

Il saggio di Paul Bushkovitch, Breve storia della Russia, dalle origini a Putin, è il volume numero 23 della collana geopolitica, curata da Federico Rampini. Nato a St. Louis (Missouri.), Paul Bushkovitch (22 maggio 1948) è professore di Storia alla Yale University. Fa parte del comitato editoriale dei “Cahiers du monde russe” (Parigi), e ha pubblicato libri e articoli sulla storia e gli imperatori della Russia. Nel 2013 ha pubblicato, per Einaudi, Breve storia della Russia, volume pubblicato, in edizione speciale per il Corriere della Sera, il 12 agosto 2022, su licenza di Giulio Einaudi Editore S.p.A., Torino.

Il grande romanziere Aleksander Solzenicyn sosteneva che la Russia avrebbe dovuto fare la stessa operazione culturale di rinuncia all’imperialismo che era riuscita alla Germania e al Giappone dopo la seconda guerra mondiale. “Dobbiamo lottare non per l’espansione dello Stato”, scriveva Solzenicyn nel 1991, rivolgendosi al riformatore Mikhail Gorbaciov,  “ma per la chiarezza di ciò che rimane del nostro spirito”. Cosa lo colpiva del periodo convulso che seguì al crollo del comunismo? “Osservo con allarme che il risveglio della coscienza russa è stato incapace di liberarsi dal pensiero di superpotenza e dalle riflessioni imperiali”.

Solzenicyn si considerava sia russo sia ucraino, e sosteneva che la Russia post – sovietica aveva tutto da guadagnare riconoscendo l’indipendenza dell’Ucraina e di tutte le altre repubbliche ex sovietiche. Voleva perfino restituire le isole Kurili al Giappone. “Solo così saremo liberi di dedicare le nostre energie a uno sviluppo interno”. Eppure il premio Nobel della letteratura si considerava un vero nazionalista russo. Proprio di questo gli venne fatta una colpa quando nel 1974 si esiliò dall’Unione Sovietica e andò a vivere negli Stati Uniti.

Gli stessi che lo avevano appoggiato quando era in carcere nel proprio paese, ora lo rimproveravano perché Solzenicyn non condivideva le idee convenzionali della sinistra americana e sosteneva delle posizioni che non si accomodavano alle categorie occidentali. Iniziò nei suoi confronti una vera e propria demonizzazione. Fu accusato di ogni nefandezza. La sua religiosità fu tacciata di oscurantismo, il suo nazionalismo venne scambiato per anti – semitismo. Poiché voleva salvare l’anima della Russia, fu catalogato come un retrogrado, fautore di una teocrazia. La diffamazione nei suoi confronti andrebbe rivisitata oggi perché è rivelatrice dei nostri scheletri nell’armadio. Trent’anni fa nei suoi saggi politici dell’era post – sovietica, il premio Nobel indicava una strada, un percorso stretto e difficile, che oggi andrebbe riesplorata: la possibilità di un nazionalismo non aggressivo, non distruttivo delle identità altrui, non imperialista. Giappone e Germania avevano imboccato la propria strada fuori dall’imperialismo. La stessa cosa doveva essere fatta dalla Russia. C’è un lavoro da fare sull’anima russa, sulla coscienza di sé della nazione, che solo i russi possono fare. Chi continua a vedere nelle aggressioni di Putin una risposta alle azioni dell’occidente, tradisce una profonda ignoranza della storia russa e delle linee direttrici che ne hanno ispirato i leader” (Federico Rampini, prefazione, pp. 7- 8, in “Breve storia della Russia dalle origini a Putin, di Paul Bushkovitch, Milano, 2022).

“Esiste”, continua sempre Federico Rampini nella sua prefazione “Un Dna dell’imperialismo dominatore che ha le sue radici nella storia di questo paese? Il saggio di Paul Bushkovitch è una guida esemplare per cercare risposte serie a questa domanda. Bisogna leggerlo da cima a fondo con molta attenzione senza preconcetti. E’ prezioso anche perché la storia della Russia interseca continuamente quella dell’intera Europa, parla anche a noi”.

Nella storia della Russia c’è la questione del giogo mongolo, o meglio il lungo periodo, più di duecento anni, di dominazione della Russia da parte dell’Orda d’Oro, potenza nomade venuta dall’Asia Centrale. Questo significò che nel XIV e XV secolo la Russia fu tagliata fuori dal rinascimento europeo, e per una buona parte di quel periodo visse sotto il controllo di dinastie islamiche. Karl Marx e Karl Wittfogel, proprio per questo motivo, propendono per attribuire alla Russia un dispotismo orientale, che condizionò pesantemente tutta la storia successiva della Russia. Paul Bushkovitch non nega la costante autocratica della storia russa, ma mette in dubbio che  la si possa far risalire a questo effetto mongolo, anche perché l’Orda d’Oro fu distruttiva per un periodo iniziale, poi i conquistatori islamici si limitarono a riscuotere i tributi dalla Russia. L’Islam praticava lo stesso atteggiamento in altre zone d’Europa e non.

Quello che Paul Bushkovitch sottolinea invece è il carattere messianico che segna fin dall’inizio il nazionalismo russo. Non appena si liberarono dal giogo islamico, i russi iniziarono a presentarsi come il nuovo Israele, il popolo eletto, con Mosca la nuova Gerusalemme oppure la Terza Roma (dopo l’originale e Costantinopoli): “Come gli antichi israeliti”, scrive lo storico, “i russi erano l’unico popolo della Terra che Dio aveva prescelto per affidare loro la vera fede. Come l’antico  Israele, la Russia era circondata da nemici miscredenti: gli svedesi, i polacchi cattolici, i tatari mussulmani a sud e altri ad est. Dio avrebbe consegnato i nemici della Russia nelle sue mani, come aveva fatto per il re Davide”. Anche al tempo del comunismo, Mosca divenne la chiesa di un credo rivoluzionario che avrebbe affrancato tutti gli oppressi della terra (Ibidem)

Invece si sa come sono andate le cose. Niente di più falso ha avuto il potere di obnubilare le menti e le speranze di tanti rivoluzionari. Pochi riuscirono a trovare un’Uscita di Sicurezza, valga per tutti Ignazio Silone. Nelle sue pagine conclusive, Bushkovitch scrive che “Il miope nazionalismo russo ha finito per rivelarsi un fallimento”. Non c’è dubbio che questo verdetto severo si applichi ai grandi zar modernizzatori, quanto a Stalin e a Putin, tutti incapaci di trasformare la Russia in una nazione civile alla pari dei modelli europei più avanzati come Inghilterra, Germania, Francia. Suona invece troppo ottimista quando giudica che quel nazionalismo resuscitato da Putin nell’era post – sovietica abbia poca eco nella popolazione” (Ibidem, pag. 9).

Si sa che il saggio è stato pubblicato nel 2012 per la prima volta, lontano anni luce dalla guerra ancora in corso, lanciata da Putin contro l’Ucraina. Nei discorsi del nuovo zar ci sono tutte le motivazioni della guerra contro l’Europa vista come l’impero del male, contro una civiltà giunta al tramonto della propria storia, imbelle e moribonda. Noi siamo dalla parte del bene, sembra dire Putin, l’Occidente invece è dalla parte del male. Fino a pochi decenni or sono era l’Islam ad agitare lo scontro di civiltà. Quanto all’Italia, gli opinion leader, invece di preoccuparsi tanto se il nuovo Parlamento italiano, sicuramente di destra, stando ai sondaggi, rinverdirà i tragici anni del ventennio fascista, dovranno chiedersi quanti e quali politici italiani, per miopia politica, hanno visto in Putin quasi l’uomo della provvidenza, da blandire, fino a riconoscergli un ruolo da protagonista nella politica europea. Per non parlare poi di tutti gli oligarchi russi che hanno fatto affari in Europa negli ultimi trent’anni. Si poteva prevedere tutto questo? Certo che si poteva, anzi c’erano tutte le avvisaglie per capirlo, tranne una parentesi forse, riconducibile all’incontro di Pratica di Mare (2002). Fu solo un sogno, tanto che nel 2008 la Russia di Putin ha aggredito prima la Georgia con due guerre sanguinose in Cecenia, poi la Crimea, l’Ucraina nel 2014 e nel 2022. (N.D.R.).

“Di sicuro il saggio ci aiuta a capire che scrivere la storia della Russia significa addentrarsi in un campo minato, perché le informazioni propagandistiche sono sempre in agguato. Ogni regime ha riscritto la storia a proprio uso e consumo, forse ancor più di quanto avvenga in altri paesi. Secondo una battuta in voga durante la perestroika di Gorbaciov, come di ricorda Bushkovitch, la Russia è l’unica nazione per la quale non solo il futuro è imprevedibile, ma anche il passato, talmente esso viene manipolato e distorto. Dopo le tragedie dell’epoca zarista e di quella comunista, oggi chi comanda a Mosca scimmiotta la vecchia Russia. E’ triste una constatazione che fa l’autore: le vette più alte della scienza e della letteratura russa risalgono al XIX secolo e agli inizi del XX secolo, nulla di paragonabile è stato creato in seguito” (Ibidem, pag. 9).

E’ Paul Bushkovitch stesso a tracciare una breve presentazione del libro, nel Prologo che occupa solo quattro pagine (11 – 14). Scrive: “La Russia non è un’idea. E’ un paese ben preciso con una specifica collocazione sul globo terracqueo, con una lingua e una cultura condivise da una vasta maggioranza della popolazione e con una storia assolutamente concreta. Eppure, al di fuori dei suoi confini, la Russia è stata considerata per buona parte del XX secolo non già un luogo bensì un’idea, più precisamente l’idea del socialismo.

Molti propagandisti, meno rozzi di altri, si chiedevano se l’economia pianificata era un valido strumento di crescita, quanti erano i prigionieri politici, com’erano riusciti a sovietici a mandare il primo uomo nello spazio, quale nome bisognava dare al sistema sovietico, se socialismo, comunismo e totalitarismo, se l’intellighenzia russa aveva spianato inconsciamente la strada al comunismo. In tutti questi dibattiti, l’intera storia della Russia fino al momento della rivoluzione figurava come una sorta di preambolo. Il crollo dell’Unione Sovietica portò invece in superficie una marea di pubblicazioni storiche, tra le quali anche monografie sugli argomenti più disparati, molte biografie e una quantità enorme di documenti del regime sovietico. Lo scopo di queste pubblicazione era quello di fare luce su alcuni ambiti precedentemente chiusi ad ogni indagine: il patto segreto Molotov – Ribbentrop del 1939, la collettivizzazione, la carestia, che per inciso causò in Ucraina più di cinque milioni di morti. Anche gli storici occidentali parteciparono a questa intensa attività editoriale ma senza colmare tanti lati oscuri, tra tutti l’evoluzione della Russia durante il periodo sovietico. Il dibattito era ancora troppo politicizzato per essere fruttuoso.

Per quanto possa sembrare un paradosso, il crollo dell’Unione Sovietica ha dato impulso alla letteratura storica sulla Russia antecedente il 1917, data della rivoluzione bolscevica. In questo modo la storia precedente della Russia non è un semplice preambolo della Rivoluzione d’Ottobre ma un millennio di fatti storici, che non si conclude con l’esperienza sovietica, per quanta importanza abbia potuto avere. Nella marea delle nuove pubblicazioni, appartenenti in questo caso soprattutto a storici russi, viene trattato praticamente ogni periodo e ogni aspetto della storia della Russia prima del 1917. Disponiamo ora di saggi biografici dedicati non solo a zar e imperatrici ma anche a figure politiche minori e a personalità che hanno poco di straordinario. E’ emersa dunque una storia di carattere locale in grado di regalare quel genere di conoscenza sulla ricchezza storica del paese che per altre nazioni è un sapere comunemente acquisito da secoli” (Ibidem, pag. 12).

Nella sua evoluzione storica e nella sua attualità, la Russia rappresenta un insieme di molti elementi diversi tra loro. Fino al XV secolo, il popolo russo chiamava la propria terra “Rus’ e non Rossija” che comprendeva territori ora al di fuori dei confini propriamente russi. Fin dalla sua alba storica, la Rus di Kiev, questa terra ospitava popolazioni che non erano russe e neppure slave, ma che i russi accettavano come parte integrante della loro società. E’ il primo capitolo del saggio: la Russia prima della Russia. Verso il 1917, gli zar e i loro sudditi, tra cui milioni di coloni russi nelle steppe meridionali e in Siberia, avevano ormai fatto proprio un territorio che andava bel al di là degli originali confini meridionali, e che lo stato sovietico non esitò a inglobare, almeno per buona parte. Di conseguenza la storia di quelle terre si estende oltre i confini della Federazione Russa e deve incorporare le diverse incarnazioni della Russia come anche le sue diversità.

La società russa, economicamente arretrata fino al XX secolo, condivideva molti tratti comuni con quasi tutte le società preindustriali: agricoltura povera, agglomerati urbani rari e di piccole dimensioni, analfabetismo di massa. Il suo destino era quello di trasformarsi nella più grande unione politica di terre contigue tra loro, unione che arrivò alla fine ad estendersi su tutta l’Asia settentrionale. Si trattava di uno sterminato dominio ugualmente distante dall’Europa Occidentale e dal mondo mediterraneo. Era un impero che comprendeva territori sconfinati ma scarsamente popolati, almeno fino alla fine del XVII secolo.

“Per i primi sette secoli di storia, il suo carattere periferico (rispetto all’Europa Occidentale e al mondo del mediterraneo) fu rafforzato dalla conversione al cristianesimo ortodosso, una fede minoritaria in Europa, anziché a una qualsiasi delle altre chiese del mondo occidentale (cattolica, protestante, calvinista, anglicana, con tutte le successive gemmazioni). Con Pietro il Grande (Mosca 1672 –  San Pietroburgo 1725), la Russia fece irruzione nella cultura europea nel giro di una sola generazione, partecipando da quel momento a tutte le fasi della vita culturale del Vecchio continente, a cominciare dall’Illuminismo” (Ibidem, pag. 13).

Pietro il Grande aveva aperto per la Russia una finestra sull’Europa. Vladimir Putin, che si paragona a lui, con la guerra contro l’Ucraina, l’ha chiusa per sempre. Meglio così, sia per la Russia, sia per l’Europa. Lo ha detto uno studioso russo. Non va bene rovinarsi entrambi. Non può esistere un dialogo tra sordi. Oggi va così, domani si vedrà. Il nuovo zar somiglia al vecchio per le guerre di conquista. Non è vero che Pietro il Grande riconquistasse terre che un tempo appartenevano alla Russia. La terra sulla quale fece costruire San Pietro Pietroburgo l’aveva strappata alla Svezia con la guerra. “Un Paese o è sovrano o è una colonia“, ha detto Putin in un velato riferimento all’offensiva russa in Ucraina. Si è dimenticato di dire che anche l’Ucraina è un paese sovrano, così come sono stati indipendenti la Georgia e tutte le altre ex repubbliche sovietiche, con esclusione forse della Bielorussia che nella guerra contro l’Ucraina si è schierata con il proprio presidente Lukashenko  in modo spudorato con Putin (Nota di chi scrive).

“L’evoluzione culturale fu più semplice e più rapida del cambiamento sociale e politico, creando così una società dotata di una cultura moderna ma inserita in una struttura socio politica arcaica. La rapida industrializzazione, avviata dopo il 1870, generò a sua volta tensioni sociali che portarono alla diffusione di idee occidentali che non necessariamente erano quelle dominanti in occidente. . Per la maggior parte del XX secolo, quindi, a imporre un nuovo ordinamento alla società russa fu il marxismo, un’ideologia sviluppatasi in Renania, rimanendo tuttavia marginale, che combinava la filosofia di Georg W. F. Hegel con elementi dell’economia britannica e con il socialismo utopista francese” (Ibidem, pag. 13).

“Per l’Occidente, la Russia era semplicemente una terra remota. “Era la più settentrionale regione dell’Europa che si consideri civilizzata” (John Milton). Gli europei, dal Rinascimento in avanti, percepivano la Russia una parte dell’Europa, ma settentrionale piuttosto che orientale. Fu soltanto nel XIX secolo che per gli europei, come per molti russi, la Russia divenne orientale. Nell’Europa occidentale dell’Ottocento il termine orientale non era un complimento, perché implicava che la Russia, come le terre che l’Occidente imperialista stava allora colonizzando, era un paese barbaro, dispotico e sporco, abitato da un popolo in qualche modo inferiore. Nessun europeo né americano studiarono il russo, né si applicarono alla conoscenza di quel paese fino all’inizio della guerra fredda. Perfino quando Tolstoj e Cajkovskij erano ormai entrati nel pantheon occidentale, il paese rimaneva ancora un mistero, come ebbe a dire Winston Churchill:La Russia è un rompicapo avvolto da un mistero all’interno di un enigma”. Il carattere dell’ordinamento sovietico, assolutamente unico nel suo genere, non fece che rafforzare il senso del mistero” (Ibidem, pp. 13- 14).

“La Rivoluzione francese al contrario era avvenuta nel cuore stesso dell’Europa occidentale, condotta da una popolo la cui lingua era diventata da secoli il principale veicolo linguistico delle comunicazioni internazionali. La Rivoluzione russa avviene in una terra lontana, e al di fuori della Russia erano ben pochi a parlarne la lingua o ad avere qualche conoscenza del paese e della sua storia. Benché i bolscevichi avessero creato un nuovo tipo di società, partendo da un’ideologia occidentale, per l’Occidente la Russia restava un enigma”.

“Se la Rivoluzione russa non avesse trovato dei sostenitori in occidente, forse la società sovietica sarebbe rimasta soltanto un sistema di governo assolutamente peculiare, che sarebbe diventato oggetto di studio per accademici. Il suo impatto invece fu enorme e tale rimane anche oggi. La Cina, la nazione più popolosa del mondo è tuttora governata da un Partito comunista che non mostra di voler condividere con altri il proprio potere, quali che siano le sue politiche economiche. Per due generazioni del XX secolo il comunismo fu al centro della politica mondiale. La conseguenza di questo che per circa sessant’anni si è parlato di comunismo sovietico ma non della Russia e della sua storia. Con la fine dell’Unione Sovietica, la storia russa non è più costretta a essere la storia dell’evoluzione di questa o di quell’idea e si trasforma finalmente nella continuità di un percorso storico appartenente a un popolo particolare, in un luogo particolare” (Ibidem, pag.14).

Il libro di Paul Bushkovitch, di 503 pagine, si articola in: una prefazione, un prologo, dei ringraziamenti, avvertenza del traduttore per 16 pagine complessive. Il saggio vero e proprio si sviluppa per 474 pagine attraverso 23 capitoli declinati in diversi paragrafi di media lunghezza. Suggerimenti bibliografici e note occupano solo le 13 pagine finali. Questo l’indice del saggio:

  1. La Russia prima della Russia
  2. Mosca, Novgorod, la Lituania e i mongoli
  3. L’ascesa della Russia
  4. Normalizzazione e rivolta
  5. Pietro il Grande
  6. Due imperatrici
  7. Caterina la Grande
  8. Un’epoca di sconvolgimenti
  9. L’apoteosi dell’autocrazia
  10. Cultura e autocrazia
  11. L’era delle grandi riforme
  12. Dal servaggio al primo capitalismo
  13. L’età aurea della cultura russa
  14. La Russia come impero
  15. Il declino dell’autocrazia
  16. Guerra e Rivoluzione
  17. Compromesso e preparazione
  18. Le rivoluzioni della cultura russa
  19. La costruzione dell’utopia
  20. Guerra
  21. Crescita, consolidamento e stagnazione
  22. La cultura sovietica
  23. La guerra fredda

Epilogo: la fine dell’Unione Sovietica.

“La storia russa inizia con quel complesso statale che gli studiosi hanno definito “Rus’ kieviana” e che può considerarsi antenato della Russia moderna. Era il territorio che aveva per capitale Kiev e che oggi comprenderebbe l’intera Bielorussia, la metà settentrionale dell’Ucraina e le regioni centrali e nord occidentali della Russia europea… Il cuore della Rus’ kieviana corrispondeva alla grande via di comunicazione che da Novgorod, a nord, scendeva fino a Kiev seguendo i fiumi principali. La capitale sorgeva nella zona dei terreni più fertili e confinava a sud con altre regioni steppose…Fra le terre meridionali di Kiev e il Mar Nero si estendeva infatti la grande steppa, un’immensa prateria punteggiata da pochi alberi e nutrita dalla fertile terra nera, secca ma non arida… Intorno all’800, lungo l’asse centrale che andava da Kiev e Novgorod, i primi slavi orientali costituivano senza dubbio il gruppo etnico predominante e continuavano a spostarsi a nord e a est alla ricerca di nuove terre da colonizzare… Per la Rus’ di Kiev fu Costantinopoli a rivestire un’importanza ben determinante. Verso il ‘900, i greci, superato il profondo trauma delle conquiste arabe del VII e VIII secolo, avevano ridato vita alla grande e antica Bisanzio, che ora dominava sull’Anatolia e sui Balcani meridionali” (Paul Bushkovitch, la Russia prima della Russia, pp. 17- 22, in Breve storia della Russia dalle origini a Putin, Milano, 2022).

E’ l’incipit del saggio, ricco di mappe storiche, geografiche, cartine, che illustrano visivamente la progressiva espansione della Russia e le vicende storiche di tutto l’immenso territorio nel corso dei secolo, nonché la contaminazione di popolazioni diverse. Pagine preziose sono quelle dedicate alla grande letteratura russa del XIX secolo: Turgenev, Dostoevskij, Tolstoj con la presentazione dei loro romanzi immortali: Padri e figli, di Turgenev, Delitto e Castigo, I demoni, l’idiota, I fratelli Karamazov, di Dostoevskij, Infanzia, adolescenza, giovinezza, Guerra e pace, la morte di Ivan Il’ič e Sonata a Kreutzer di Tolstoj. La cultura e la letteratura russa nel periodo che va dal 1890 circa alla metà degli anni venti del Novecento, chiamato anche Età Argentea  “Non acquisì mai al di fuori della Russia un pubblico paragonabile a quello degli scrittori e musicisti del secolo precedente”: Musorgskij, Cajkovskij, o gli artisti delle arti figurative. Del periodo sovietico, i due autori più conosciuti sono senz’altro Michail Solocov con il Placido Don e Michail Bulgakov con il romanzo Il maestro e Margherita.  Quanto scritto sul libro è solo un invito a leggerlo perché merita davvero.

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