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Zagrebelsky: studenti manganellati? Così iniziano i regimi, nelle strade la prima repressione

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di AMDuemila

Il commento del costituzionalista dopo i fatti di Pisa: “Con il premierato sarà anche peggio

Questo proliferare di cariche e manganelli, questo clima di repressione per ora tiepida, diffondono un senso di insicurezza. Alle mie figlie e nipoti, se avessero l’età di quei ragazzi di Pisa, sentirei la responsabilità di dire di pensarci due volte prima di scendere in strada. Ma così si comprime un diritto, si diffonde una cattiva aria. Il diritto a manifestare è il primo ad essere colpito nei regimi autoritari. In Russia, in Afghanistan, in Iran, in certi regimi islamici, nei Paesi golpisti del Sud America, la prima repressione si fa nelle strade”.
E’ questo il parere del costituzionalista Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Consulta, sulla manifestazione pro-Palestina degli studenti di Pisa repressa dalle forze dell’ordine la settimana scorsa. Diversi giovani, molti dei quali minorenni, sono stati manganellati sotto gli occhi sconvolti dei loro professori del liceo “Filippo Buonarroti”. Diversi i feriti. Lo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha preso posizione in difesa dei ragazzi chiamando il ministro degli Interni Piantedosi: “Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”, ha ha affermato. “Un intervento non consueto”, ha commentato Zagrebelsky. “Non ricordo un precedente tanto netto, un tanto chiaro richiamo ai principi della convivenza civile e ai principi costituzionali. Non è un caso di moral suasion, è una presa di posizione ufficiale che, per quel che vale, ha la mia condivisione totale. Mi ha inquietato che abbia dovuto intervenire il presidente della Repubblica”. Il costituzionalista ha quindi lamentato il fatto che da Palazzo Chigi non sia arrivata nessuna nota di condanna all’agire delle forze dell’ordine.
Mi sarei aspettato che le prime reazioni indirizzate a ricordare i limiti e la funzione della polizia, venissero dal governo, responsabile della corretta gestione dell’ordine pubblico. Dalla presidente del Consiglio e dai due ministri più strettamente coinvolti, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi”, ha affermato. Quindi Zagrebelsky ha riposto a Piantedosi che ha rivendicato l’importanza di mantenere l’ordine pubblico. “Ma quale ordine pubblico?”, si è chiesto Zagrebelsky. “Una cosa è l’ordine pubblico dei regimi autoritari, che è l’ordine nelle strade”.
Altra cosa è l’ordine pubblico nella Costituzione – ha spiegato – che non è repressione ma garanzia dell’ordinato sviluppo delle libertà costituzionali. Brutto segno che abbia dovuto ricordarglielo il presidente della Repubblica. Mi pare che vari ministri non conoscano la Costituzione e neanche certi prefetti e questori, e spesso neanche i giornalisti che parlano di manifestazioni non autorizzate”.
L’articolo 17 della Costituzione dice che tutti i cittadini hanno il diritto di riunirsi, a condizione che la riunione sia pacifica e senz’armi. È sotto il fascismo che occorreva l’autorizzazione dell’autorità pubblica: l’esercizio dei diritti allora era subordinato al beneplacito del governo. La nostra Costituzione non prevede alcuna autorizzazione: delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato semplicemente un preavviso alle autorità. Il preavviso non è la richiesta di un’autorizzazione. Il principio è il diritto, l’eccezione è il divieto che può essere disposto eccezionalmente solo con provvedimento motivato in relazione a “comprovati” motivi di sicurezza o incolumità pubblica”.
Ancora, Zagrebelsky ha commentato la giustificazione del ministro dell’Interno secondo il quale la polizia ha agito in quel modo perché voleva proteggere la sinagoga a Pisa e il consolato Usa a Firenze, luoghi sensibili. “Luogo sensibile può essere qualsiasi cosa, una strada, un cimitero, un’ambasciata, una sede di partito o di sindacato. Ci sono naturalmente luoghi in certe circostanze storiche più esposti alla violenza, come lo sono in questo momento quelli evocativi del conflitto in Medio Oriente. Ma in questi casi si giustifica non il divieto della manifestazione, bensì la disciplina, anche rigorosa, delle modalità di svolgimento: gli organizzatori devono dare un preavviso, che serve all’autorità per predisporre le misure necessarie all’esercizio pacifico del diritto a manifestare. Solo quando ciò non è possibile si può disporre il divieto”.
E se gli organizzatori non danno il necessario preavviso?
La violazione dell’obbligo di preavviso comporta sanzioni soltanto a carico dei promotori e non anche di chi partecipi pacificamente alla manifestazione. Tale partecipazione – cito una sentenza della Corte costituzionale, la n. 90 del 1970 – “si risolve nel concreto esercizio di un diritto costituzionalmente protetto”. E invece non solo questi ragazzi hanno incontrato un abuso del diritto da parte dello Stato, ma sono incorsi direttamente nella sanzione di una manganellata. È stato un episodio poliziesco. L’autorità di pubblica sicurezza non è lì per reprimere ma per garantire l’esercizio di quello che è un diritto, fino a quando in concreto, non ipoteticamente, non trasbordi in violenza”.
Alla domanda su come si spiegano quindi le manganellate agli studenti, Zagrebelsky ha risposto: “Non ne capisco la ragione, se non in termini di intimidazione. Finora per nostra fortuna non c’è stato alcun episodio che abbia provocato ferite gravi o addirittura mortali. Ma questa violenza per ora tiepida, ma che può surriscaldarsi, diffonde un senso di inquietudine e insicurezza. Non voglio fare fastidiose citazioni.
Ma un grande saggio del passato ha detto che la libertà consiste precisamente nella sicurezza dei propri diritti”. E ancora. “La domanda che è lecito porsi è: quel che accade è un rigurgito di cose del passato o il preludio a qualcosa del futuro? Nessuno di noi è profeta, ma ciascuno di noi ha la sua parte di responsabilità nei confronti del futuro. Se questi episodi si ripeteranno e se si è in quella parte del popolo italiano, io penso maggioritaria, che vuole evitare di imboccare la strada di involuzioni autoritarie, è buona cosa che ci si mobiliti. Manifestare per poter manifestare. Mi pare che qualcosa stia già accadendo
”.
L’intervista si è conclusa con una domanda sulla riforma del premierato su cui sta spingendo l’esecutivo.
Quella riforma costituzionalizzerebbe un’idea di democrazia del vincitore e del vinto.
Il vincitore si può facilmente considerare abilitato a usare tutti gli strumenti della vittoria. Quale più classico del manganello?
”.

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