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Uno scrittore cinese parla della Cina in inglese per altre letterature: Xialong

cina-bandieradi Valerio Calzolaio

Lo scrittore cinese Qiu Xiaolong (Shanghai, 1953) ha ormai compiuto settanta anni e vive (emigrato) con moglie e figlia negli Stati Uniti già da 34 anni (da meno della metà della sua esistenza). Insegna letteratura comparata e scrive gialli noir dal 2000: li consegna in inglese, innanzitutto alla critica e al pubblico statunitense, dai quali molto è stato premiato (piace abbastanza anche in Europa e in Italia, edito da Marsilio). Ormai risultano un successo in tanti paesi e circolano (tradotti in ideogrammi) anche nell’amata patria d’origine (ci sono numerose differenze, a cominciare da Shanghai che diventa la città di X), lì è sempre tornato almeno una volta l’anno per aggiornarsi. Sono ambientati nella città natale e in Cina, quasi dieci nella prima metà degli anni novanta (dopo Tiananmen, nella riforma “capitalistica” di Deng Xiaoping), i più recenti ai giorni nostri, permeati di quella geografia umana storicamente determinatasi, condotti per mano attraverso continui lunghi o versi o liriche, editi e inediti. I meccanismi dell’indagine sono intrisi di politica. Il giallo scorre placido, corposo, totalizzante; diventa noir perché la soluzione ha una trasmissione esterna gestita dal partito e dalle istituzioni, viene ufficializzata in modo fantasiosamente diverso dal reale svolgimento dei fatti, lasciando sul campo ferite e disagi.

 

Qiu Xialong è uno scrittore cinese appartenente alla letteratura statunitense, ulteriore conferma di come il genere noir consenta di raccontare meglio quel che accade davvero in ogni paese del mondo. Ha scritto racconti, poesie e tredici bei gialli seriali “occidentali” ambientati in Cina, il cui noir (come in Francia dagli anni Settanta o in Italia dagli anni Ottanta) sta nello svelare anfratti e misteri dei sistemi politici, tanto di quelli più o meno democratici quanto di quelli più o meno totalitari: il noir attiene all’interpretazione e alla gestione politica successiva al delitto, al crimine, alla strage, ciò che rende fluida la soluzione del mistero. Solo che i cittadini nei sistemi totalitari (come nel regime fascista) tendono a poter leggere solo romanzi gialli a soluzione chiara, niente hard-boiled, tanto meno (più tardi) noir. Abbiamo iniziato a parlare di Xialong a partire dall’ultimo giallo uscito nel 2023 e ambientato durante la pandemia a Wuhan. Tutti i suoi romanzi trattano del paese d’origine in termini contemporanei, vicende di potere e amore, liti e crimini nell’enorme popoloso antico ecosistema umano cinese, letteratura e storia in particolare nella seconda metà del Novecento, con il precario contraddittorio passaggio dalla Cina nerorossa alla Cina rossonera, l’arbitrio di mercato nella democrazia che si somma al mercato dell’arbitrio di regime. Vediamo meglio gli esordi, il primo romanzo è ambientato a Shanghai nel maggio 1990 (subito dopo la svolta di Tienanmen): “La misteriosa morte della compagna Guan”, Marsilio, 2002, pag. 543; 2000 Death of a Red Heroine; trad. Paola Vertuani.

 

In fondo al fiume viene casualmente trovato il giovane corpo di Guan Hongying, famosa Lavoratrice Modello, occhi a mandorla e ciglia folte, carina e radiosa, delicata e riservata. Indaga il poliziotto Chen Cao, circa 35 anni, di bell’aspetto, alto, fronte spaziosa e occhi neri, laureato in letteratura inglese e americana, fumatore di Peonia, scapolo, figlio unico, padre morto già esimio professore di neoconfucianesimo, madre attenta operaia (con problemi di stomaco), secondo lavoro di scrittore poeta modernista, poi di traduttore (soprattutto di gialli inglesi) e recensore, quadro emergente del Partito con amicizie potenti, lettore di genere “giallo classico” per svago. È il capo di una piccola squadra per casi speciali (“politici”) del Dipartimento di polizia. Di fatto ha accanto solo l’alto quarantenne Yu Guangming, viso severo e occhi infossati, inviato sedicenne a ri-“educarsi in campagna” in una fabbrica d’armi a mille miglia, nella provincia dello Yunnan al confine con la Birmania, insieme alla bella coetanea futura moglie Jing Peiqin. Una lunga indagine. Una breve necessaria verifica a Guangzhou. Un solo possibile assassino. Movente, prove, testimoni vengono a galla. Niente attentati, niente scazzottate, niente inseguimenti. Su tutto, asfissianti, incombono la Politica, il Partito. Dopo i cambiamenti promossi da Deng e dopo piazza Tiananmen resta da evitare lo stile di vita occidentale borghese e decadente cui va attribuito ogni concreto crimine. Attraverso il giallo e la giustizia poetica, leggere la Cina aiuta a comparare nostre e loro ambigue ideologie: ovunque c’è la cura del cibo povero, il soccorso della poesia, la cultura del tè, le immagini di film.

 

Il secondo romanzo è ambientato sempre a casa: “Visto per Shanghai”, Marsilio, 2004, pag. 357; 2002 A Loyal Character Dancer; trad. Paola Vertuani. 8 aprile 1991: l’ispettore Chen Cao, buon conoscitore della cultura occidentale (decadente borghese), ora fumatore di Kents, capace di danza e taiji, mira scadente, lontana “fidanzata” Ling figlia di un alto quadro, single in un discreto appartamento, s’imbatte in un elegante cadavere mutilato nel parco del Bund. Non può occuparsene perché gli chiedono di assistere l’attesa trentenne ispettrice Catherine Rohn, rappresentante del Marshals Service degli Stati Uniti, attraente vivace sinologa dai biondi capelli e grandi occhi azzurri, che deve scortare Wen Liping, moglie incinta di un testimone chiave a Washington in un processo per immigrazione illegale. Il problema è che Wen risulta appena scomparsa nel nulla, proprio mentre Catherine è in viaggio. Si trovava da venti anni nella provincia del Fujian, speditavi per essere rieducata da contadini poveri di ceto basso. Chen invia ad indagare il suo ottimo esperto agente Yu Guangming, costretto da un decennio a vivere quattro famiglie in quattro minuscole stanzette con moglie e figlio, padre (poliziotto in pensione) e altri parenti. Vengono a dir poco intralciati: incidenti stradali, gradini manomessi, cibi avvelenati, minacce, rapimenti, attacchi. Lentamente se la cavano, fra bande mafiose e triadi imperanti, nuovi ricchi e vecchia politica, attività illegali e poteri paralleli. La narrazione è ancora in terza persona sui vari investigatori, ricca di proverbi, massime, citazioni, detti, versi, con i supposti amori, le passioni personali, i sensi del dovere, della giustizia, del lavoro in un regime in transizione. Grandi scorpacciate di ravioli e serpente e musica importata, valzer, jazz, Internazionale, karaoke. Segnalo il guanxi, lo scambio di favori, frequente.

 

Nel terzo romanzo siamo fissi a Shanghai, ancora nei primi anni novanta: “Quando il rosso è nero”, Marsilio 2006, pag. 285; 2004 When Red Is Black; trad. Fabio Zucchella. L’agente Yu Guangming, ancora poliziotto di basso livello a 400 yuan mensili, padre Vecchio Cacciatore nello stesso mestiere, superati i 40 anni, da 15 sposato con la coetanea Peiqin (bella e colta, contabile in un ristorante statale redditizio, talentuosa gran lettrice), figlio Quiqin liceale smilzo e alto, tutti in una stanza di dodici metri quadrati in una shikumen con almeno 12 famiglie, è alle prese con l’omicidio di Yin Lige, una scrittrice dissidente sulla cinquantina, derelitta e abbandonata dopo una triste storia d’amore con l’anziano famoso professore perseguitato Yang Bing, alta e esile, figlia unica, con conoscenze e progetti americani. L’hanno soffocata nella sua casa-stanza poco dopo le 6 di un freddo mattino. Viveva sola in una shikumen, abitazione tipica a due piani (un tempo per una sola famiglia, ora per oltre dieci), stipiti d’ingresso in pietra, cortile interno. Comincia a indagare con la morte nel cuore: gli hanno revocato l’assegnazione (in riconoscimento degli oltre dieci anni di straordinario servizio, a conclusione del caso del cadavere mutilato) di un piccolo appartamento bilocale al Nuovo Villaggio di Tianling. Resta meticoloso, giudizioso, dedito. L’ispettore capo Chen Cao (a 500 yuan mensili e auto di servizio), qui fumatore di Panda, amici influenti, lo aiuta a distanza. Ha preso due settimane di ferie (dopo tre intensi anni) per un incarico molto remunerativo (con vari deliziosi optionals) offertogli da un imprenditore legato alle Triadi: tradurre una proposta d’affari immobiliari (un complesso residenziale nel centro della città in stile anni Trenta ovvero shikumen) per ricchi soci americani. A tratti Yu assomiglia a Miss Marple, l’abitazione e il vicolo assomigliano al paesino. E Chen annota i pensieri su un taccuino o un foglietto o un tovagliolo. Scoprono un manoscritto, problemi di soldi, mescolanze di opposti come lo ying e lo yang o il rosso e il nero. Poche le descrizioni fisiche e sempre acute le riflessioni linguistiche comparate, mentre sempre incombono Rivoluzione Culturale e contraddizioni socio-capitalistiche, chi può e chi deve, chi è e chi ha, l’accumulazione dall’alto e lo sgocciolamento verso il basso. Qui il nero non è una canzoncina in versi e non c’entra con il giallo. Quando si mangia è cultura, ovunque, in casa o per lavoro, a cena (raffinata) o a colazione (popolare).

 

Nel quarto romanzo, ancor più autobiografico, siamo a Shanghai e Fujian, ma anche a Los Angeles e St. Louis: “Ratti rossi”, Marsilio 2008, pag. 322; 2006 A Case of Two Cities, trad. Vittorio Cartoni. Un maggio dei Novanta. L’ispettore Chen Cao ha fatto carriera in polizia continuando a pubblicare versi modernisti, a tradurre giallisti vari (pure McBain) e poeti americani (T. S. Eliot innanzitutto), a recensire letteratura. Di bell’aspetto, continua a incontrare tante amabili donne con cui flirta senza sesso (né platonico né consumato). Goffo e romantico, pedante e ossequioso, pur cinico o critico sul sistema tende a difenderlo, con nostalgica passione per un certo tipo di società egualitaria. Ora si trova al mega centro benessere “Uccelli Volanti e Pesci Saltanti” con l’amico direttore di giornale e, proprio quando la ragazza gli prende in bocca l’alluce, viene chiamato al cellulare dal potente compagno segretario Zhao Yan per indagare su Xing, un ricco corrotto fuggito negli Stati Uniti. Obbedisce, pur continuando a non capire se fa bene o fa male. E a chi. Un bravo poliziotto è appena morto in un centro sessuale karaoke nella provincia dell’indagato. Poi viene uccisa la bella amica di Chen, celebre conduttrice tv, con la quale aveva appena cenato nella stanza speciale “nido degli innamorati”, mostrandole foto riprese mentre compare a letto con un amante. E d’improvviso gli chiedono di accompagnare all’estero una delegazione di scrittori per incontri letterari e universitari con colleghi americani. Fortuna che c’è Gu, uomo d’affari di grande successo ricchezza e discrezione. Fortuna che c’è Yu, compagno fedele d’antica data, alto coetaneo, capo operativo della squadra casi speciali; e la moglie; e il padre. Dall’America Chen risolve pure troppo: decide di diventare un uomo diverso, non sempre cauto e meticoloso, non sempre politico. Il sottotitolo occidentale potrebbe essere: “o del coito anelato”.

 

Il quinto romanzo è ambientato ancora solo a Shanghai, nella notte di Dongzhi (la più lunga dell’anno) a metà anni Novanta: “Di seta e di sangue”, Marsilio 2011, pag. 392; 2007 Red Mandarin Dress, trad. Fabio Zucchella. Oral’ispettore Chen Cao si è iscritto ad uno speciale corso universitario e sta scrivendo la tesina (il prof è diabetico) sulle svolte decostruttive nelle storie d’amore classiche e la demonizzazione delle donne nel sesso. Quel venerdì sera Chen è proprio con il serial killer di quattro ragazze (nei precedenti venerdì), profanate e strangolate ma non violentate, vestite di un qipao rosso, abbandonate in luoghi pubblici, ultima una bella giovane poliziotta che faceva da esca. Sa del suo complesso d’Edipo e del trauma subito durante la pessima Rivoluzione Culturale, lo invita a cena, gli fa preparare portate crudeli, prova a smontarlo, anche se il giorno dopo c’è un processo decisivo di altro tipo (corruzione immobiliare), cui nessuno dei due può mancare, meglio non andare oltre. Nel sesto romanzo, il più esplicitamente politico sulla Cina di oggi (grandi manie e interessi immobiliari), siamo a Shanghai e Pechino a fine anni novanta: “La ragazza che danzava con Mao”, Marsilio 2012, pag. 365; orig. 2009 The Mao case, trad. Fabio Zucchella.

 

Dai tempi dell’Università (nella capitale) e ancora alla fine degli anni ottanta Chen era fidanzato con Ling, figlia di un Alto Funzionario. Lei lavorava alla Biblioteca, ora è una Riccona (amministratrice delegata di parecchie società), sta per sposarsi con un altro Riccone, un’amica lo avvisa, lui si inventa una scusa per proseguire indagini a Pechino, Ling lo accusa di aver sempre amato di più fare il poliziotto, lui consente e riparte per risolvere il nuovo incarico della Squadra casi speciali. Fra morti e magioni antiche e moderne, col solito approccio eccentrico, restano cogenti le metafore erotiche, non siamo ancora alla svolta, frequenti sconferuncoli curiosi (potenziali di innamoramento) verso donne piacenti, niente coito. La serie è eccelsa, forse l’idea è stata resa. Nel settimo romanzo (“Le lacrime del lago Tai”, Marsilio 2013, pag. 330; 2012 Don’t Cry, Tai Lake, trad. Fabio Zucchella), di particolare successo anche in Italia, Chen finalmente fa proprio sesso. Nelle precedenti sei storie Xiaolong aveva sempre raccontato amori e innamoramenti, la pratica dimensione sessuale era emersa poco e male. Ora lo troviamo durante una settimana di teorica vacanza, conquistato dalla giovane ecologista (scientifica) Shanshan. Chen si vede regalare il soggiorno in un centro termale con grandi privilegi per quelli del partito, pur se il lago (vicino Shanghai) è molto inquinato e viene ucciso un potente imprenditore chimico: dovere e amore lo costringeranno a risolvere il caso. Volume con dedica “per i laghi e i fiumi inquinati della Cina”.

 

Abbiamo reso forse l’idea della scrittura cino-statunitense dell’autore. Poi, sulla stessa scia e con la stessa qualità, vi saranno altri sei romanzi fino all’ultimo, tredicesimo e contemporaneo, di aperta denuncia della gestione della pandemia. Fra di essi, un prequel del 2016 (l’anno dopo in Italia) che racconta il protagonista (e l’autore) tra il 1953 e il 1989, splendido romanzo di diversi generi letterari. Chen è figlio unico, ha un padre professore neoconfuciano etichettato come mostro “nero” durante la Rivoluzione Culturale (e morto per indigenza), madre docente alle medie e sofferente di epatite, pure lui ha studiato all’università di Pechino laureandosi alla facoltà di lingue straniere, si è visto assegnare dallo Stato un lavoro di polizia in seguito a una concatenazione di circostanze: massimo dei voti, intervento del padre di una bibliotecaria amica, esigenza di tradurre un manuale americano di procedura penale. Magro e riflessivo, vive con la madre in un solaio, gli assegnano un tavolino traballante nella sala lettura, conosce dinamiche e uffici, si trova a dare un brillante contributo in un caso delicato della squadra omicidi, nel quale usa sia il tesserino dell’Associazione scrittori che competenze da gourmet. Un anziano curato e benestante è stato ucciso di notte con un colpo in testa lontano dalla minuscola abitazione in vicolo della Polvere Rossa, non sanno nemmeno il nome, nessuno ha denunciato scomparse. Chen riesce a capire chi era grazie a quel che aveva mangiato, infine smaschera il colpevole.

 

Lo stesso Qiu Xiaolong aveva vissuto disastri e squallori del “maoismo” sulla pelle delle proprie famiglia, infanzia e adolescenza. Prima del 1949 il padre aveva diretto una piccola fabbrica di profumi, era un “capitalista”. A metà degli anni cinquanta l’azienda non gli apparteneva più, iniziò a lavorare come operaio ma dall’inizio della Rivoluzione Culturale fu sottoposto a critiche di massa per il passato, a sevizie e vessazioni, a denunce e confessioni, al distacco e all’operazione della retina. La moglie e i tre fratelli pagarono il prezzo di povertà e disprezzo, là nel vicolo della Polvere Rossa: la madresoffrì ben presto di esaurimento nervoso, il fratello maggiore Xiaowei era praticamente paralizzato, la sorella Xiaohong era la più piccola (vive ancora a Shanghai), toccò a Xiaolong già in prima media farsi carico della situazione, scrivendo fra l’altro dichiarazioni di colpevolezza. Tutte le opere di Xialong negli Usa sono scritte da un cittadino cinese per oltre la metà della vita e vengono ambientate in Cina, in varie metropoli e province; i personaggi sono perlopiù sapiens cinesi; contesti e intrecci risultano connessi alla vita politico-sociale e alle criminalità cinesi; le trame aggiornano via via tutti gli aspetti di questioni e contraddizioni attuali, cercando di tener conto della visione cinese della geopolitica. Per quanto scritti in inglese negli Usa, in contesti di genere e cultura “occidentali”, difficile considerarla letteratura “statunitense”. Comunque, interessanti bei gialli intercontinentali, con motivati risvolti noir, ottima scrittura, godibile lettura!

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