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Libri Soledad. Un dicembre del commissario Ricciardi

1200px-MaurizioDeGiovanniMaurizio de Giovanni
Giallo (Noir sentimentale)
Einaudi Torino
2023
Pag. 281 euro 18,50
Valerio Calzolaio

Sempre Napoli e, ogni tanto, ancora Buenos Aires, significativamente.
Dicembre 1939. L’abitudinario commissario Luigi Alfredo Ricciardi di Malomonte
occhi verdi, basette grigie, rughe incipienti, sa che ormai il nuovo edificio della
questura è quasi completato, presto dovranno trasferire gli uffici. Ripensa ai
luoghi cari e agli effetti intensi come la figlia Marta (quasi cinque anni, nata
mentre la mamma moriva nel parto), alla carissima affiatatissima moglie morta
e ai pochi veri amici, a una canzone commovente e pure alla 40enne Livia (che
sempre lo ha amato, affiatata ma non ricambiata). Dall’altra parte del mondo,
lei ora si chiama Laura Lobianco, le stesse iniziali rispetto a quelle
dell’esistenza di cui ha nostalgia; fa soddisfacente sesso con il ricco magnifico
innamorato 32enne Facundo Rubia; canta ammaliando nei caffè; studia un
pezzo struggente e continua a pensare di tornare in patria, nonostante tutti i
pericoli. Il 60enne brigadiere Maione, un metro e novanta per centotrenta chili,
avvisa Ricciardi che è stato ritrovato un cadavere in via del Grande Archivio.
All’interno dell’abitazione vivevano insieme la 61enne madre invalida Angelina
Prudenzi e la bella figlia 32enne Erminia Cascetta, appena uccisa con un
oggetto contundente, incinta. Sulla scena del crimine Ricciardi si concentra per
abbandonarsi alla dannazione del Fatto (un’eredità genetica, chissà se
trasmessa a Marta), che gli fa sentire l’ultima frase pronunciata dai morti sul
luogo della dipartita, l’ultimo barlume di una vita spenta: questa volta “Egoista,
egoista, lasciami vivere”. La porta era socchiusa e, nella reticenza e con molti
dubbi, emergono via via alcuni possibili colpevoli: portinaie e apparenti amiche,
un anziano ricco avvocato amante e il nuovo aitante fascista amato. Intorno c’è
una grande confusione prebellica e tutti hanno pure altri pesanti pensieri per la
testa. Non basterà risolvere il caso per trovare un Natale di pace.

Il grande scrittore italiano Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) aveva chiuso
oltre quattro anni fa la sua prima e più amata serie con il dodicesimo romanzo.
Dopo gli esordi con le quattro stagioni del 1931, il seguito delle feste del 1932,
le svolte matrimoniale del maggio 1933 e genitoriale dell’estate 1934, aveva
dovuto abbandonare alla sua sorte l’amatissimo “diverso” commissario. Lo
abbiamo poi ritrovato ad aprile 1939 (tredicesima avventura) e ora alla fine
dello stesso anno (quattordicesima), romanzi di grande qualità. La trama
rimane quella di un ingegnoso delitto che Ricciardi deve risolvere. Tutto intorno
prendono spazio e tempo (come nelle serie tv) le vicende parallele noir e
sentimentali dei tanti coprotagonisti, questa volta imperniate sulla solitudine,
privata e sociale: chi uccide, che probabilmente decide di agire per non restare
solo; la splendida e raffinata Livia-Laura, che sopravvive troppo sola in
Argentina e sente il richiamo dei legami precedenti in Italia; il buon Maione,
che deve gestire da solo il recupero di un figlio sulla cattiva strada; l’attempato
amico medico delle autopsie Bruno Modo, che milita nell’antifascismo e sente il
fiato sul collo della delazione e delle repressione (l’isola carcere o confino di
Ventotene sullo sfondo); la contessa Bianca Borgati di Zisa che contribuisce
alla crescita di Marta (amando il padre) finalmente incerta fra il consolidarsi
sola o accettare la corte di un nuovo gentile intenso spasimante; la mitica
brutta governante Nelide che capisce di dover accompagnare comunque il
barone pur se il bell’ambulante fruttivendolo Tanino ‘o Sarracino potrebbe aver
sfiorato la sua dura solitaria scorza; addirittura l’isolato questore Angelo
Ganzo, che ha la moglie ebrea ormai in pericolo (dopo le leggi razziali del
1938) e cambia atteggiamento verso la famiglia ebrea dell’Enrica di Ricciardi
(solitario per definizione). La narrazione è, come sempre, in terza varia (con
incursioni in prima su chi uccide e sul potente sincero avvocato). Lo stesso
titolo si riferisce alla canzone Soledad (1934, testo di Le Pera, musica di
Gardel), l’eterna solitudine che resta in chi vede lasciarsi per sempre. Altro che
letteratura minore di genere! Altre belle musiche, d’orchestra e jazz.
Champagne al bordello.

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