da Raimondo Giustozzi
Durante la Seconda guerra mondiale, milioni di soldati ucraini combatterono nell’Armata Rossa, contribuendo in modo determinante alla sconfitta di Hitler. Oggi la Russia e una parte del nuovo establishment americano vogliono dividere l’Occidente, e gli ucraini sono in prima linea per impedirlo.
Sono passati tre anni da quando la Russia ha dato inizio a una guerra totale contro l’Ucraina. E ne sono passati ormai undici da quando la Russia ha invaso l’Ucraina con l’occupazione della Crimea e di alcuni parti del Donbas. È da secoli, d’altronde, che la Russia sta provando a distruggere l’identità ucraina, la cultura ucraina e l’idea stessa dell’indipendenza ucraina. La guerra a cui assistiamo oggi è la più sanguinosa che si sia combattuta in Europa dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Non è soltanto una guerra per il controllo del territorio e per la conquista di un maggiore potere geopolitico, ma è soprattutto una guerra che ha a che fare con la storia e con la sua “narrazione”. Vediamo come è cominciato tutto.
Nel luglio 2021, il presidente russo, Vladimir Putin, scrisse un lungo articolo intitolato Sull’unità storica tra russi e ucraini. In questo testo, che prima dell’invasione del febbraio 2022 fu letto a ogni soldato delle forze armate russe, Putin sosteneva una tesi molto chiara: ucraini e russi costituiscono un unico popolo e ogni tendenza separatista ucraina non è che il frutto di un complotto occidentale ordito dalle autorità militari dell’Impero austroungarico durante la Prima guerra mondiale. In sostanza, Putin negava l’esistenza stessa del popolo ucraino. E questa è la ragione per la quale l’invasione non gli è riuscita: Putin non si aspettava che gli ucraini avrebbero resistito. Lui era davvero convinto che gli ucraini si identificassero con la Russia. In questi tre anni di guerra, la Russia ha perso centinaia di migliaia di soldati. Putin non è riuscito a prendere Kyjiv in tre giorni come pensava. E il suo esercito sta ancora combattendo per conquistare singoli villaggi nel Donbas. Questa è la dimostrazione che gli ucraini non sono russi.
La ragione di questa loro resistenza è molto semplice. La storia ucraina è decisamente poco conosciuta, non soltanto in Occidente, ma anche in Russia e, perlomeno fino a qualche anno fa, perfino in Ucraina. Ed è una storia molto tragica. Nel Ventesimo secolo, tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta, l’Ucraina è stata uno dei posti – se non addirittura il posto – in cui era più pericoloso vivere e in cui accadevano gli eventi più cruenti. Nel 1932 e nel 1933, quella carestia organizzata artificialmente da Mosca che gli ucraini chiamano Holodomor causò la morte di più di quattro milioni di persone. Dopo che lo Stato sovietico aveva confiscato tutto il loro cibo e tutte le loro riserve di grano, i contadini ucraini venivano confinati nei propri villaggi con il divieto di spostarsi altrove per procurarsi i mezzi di sostentamento. Questa operazione aveva uno specifico obiettivo: spopolare i villaggi nelle campagne eliminando così la possibilità che gli ucraini potessero opporre resistenza all’impero sovietico. È proprio il ricordo dell’Holodomor l’elemento che ha indotto gli ucraini a resistere fino a qui. Non è un caso che in questi tre anni l’esercito russo, ogni volta che è riuscito a entrare in una città o in un villaggio ucraino, abbia per prima cosa distrutto il monumento alle vittime dell’Holodomor. Perché i russi ne negano l’esistenza. Infatti, mentre il motto che anima la resistenza ucraina è “Mai più!”, il governo russo da un lato dice che tutto questo non è mai avvenuto e dall’altro lascia intendere che potrebbe avvenire di nuovo.
Dopo l’Holodomor, il governo sovietico ha sistematicamente eliminato il fior fiore della cultura ucraina. Negli anni Trenta, la grande maggioranza dei poeti, degli scrittori, degli artisti e dei drammaturghi ucraini furono arrestati e fucilati. E il ricordo di queste figure fu cancellato quasi del tutto. Infatti, anche dopo la morte di Stalin, quando, negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, il mondo aveva già iniziato a conoscere le opere letterarie dei dissidenti russi come Aleksandr Solzenicyn e Osip Mandel Stam, gli scrittori, i poeti e gli artisti ucraini continuavano invece a rimanere dei completi sconosciuti.
Soltanto in tempi recenti, negli ultimi decenni, il nuovo Stato ucraino ha iniziato a riaccendere l’attenzione del mondo intero su queste figure. E le loro opere stanno trovando dei nuovi lettori. Poi vennero la Seconda guerra mondiale e l’Olocausto. Diverse zone dell’Ucraina subirono una distruzione quasi totale. Moltissimi ebrei ucraini furono uccisi dai nazisti e milioni di soldati ucraini combatterono nell’Armata Rossa, contribuendo in modo determinante alla liberazione dell’Europa e alla sconfitta del regime hitleriano. In quegli anni morirono complessivamente circa dieci milioni di ucraini.
E poi, anche dopo la fine della guerra, mentre nel resto dell’Europa si era già avviata una ricostruzione pacifica, in Ucraina la resistenza antisovietica e le operazioni di guerriglia proseguirono invece per altri dieci anni. Il ricordo di quegli eventi spinge ancora oggi gli ucraini a resistere, perché, quando essi ascoltano quello che dice Putin (o quello che dicono altri leader russi come Dmitrij Medvedev) capiscono chiaramente che, qualora l’Ucraina fosse costretta a capitolare e smettesse di esistere come Stato, il progetto genocida della Russia porterebbe soltanto altri morti e altra distruzione.
Soltanto qualche mese fa, l’ex presidente russo Medvedev, che ora guida il partito al potere a Mosca, ha affermato che gli ucraini hanno solo due scelte: diventare russi o morire. E ha detto che se gli ucraini non accetteranno di ricongiungersi ai russi in un popolo comune, allora l’Ucraina sarà distrutta. Questo è il futuro che la Russia prepara per gli ucraini – e questa è la ragione per la quale, dopo tre anni di guerra, gli ucraini continuano a combattere, nonostante le centinaia di migliaia di morti e di feriti e la distruzione di molte loro città.
Proviamo però ad allargare lo sguardo al di là dell’Ucraina. Infatti, quando Putin si incontrò con il presidente americano Joe Biden nel 2021, il suo piano andava ben al di là dell’Ucraina e prevedeva di riportare, in un modo o nell’altro, tutta l’Europa dell’Est, inclusi i Paesi che ora fanno parte dell’Unione europea e della Nato, sotto l’influenza russa. L’Ucraina sarebbe stata soltanto il primo passo. L’idea di Putin era di conquistare Kyjiv in tre giorni. Ma, tre anni dopo, l’esercito russo è ancora bloccato nel Donbas e sta ancora combattendo per Pokrovs’k, mentre l’esercito ucraino è entrato in territorio russo e ha occupato una porzione della provincia di Kursk. I soldati di Kyjiv continuano a controllare quella zona e l’esercito russo, nonostante l’aiuto ricevuto dalla Corea del Nord, si è rivelato incapace di farli arretrare. L’esercito ucraino, che è formato oggi da più di un milione di persone, è il più numeroso nell’ambito delle democrazie europee. L’Ucraina ha più soldati dell’Italia, della Francia, della Germania e del Regno Unito messi insieme. Oggi ci sono solo due eserciti al mondo che hanno un’esperienza diretta di che cosa significhi combattere contro un nemico provvisto di armi moderne e sofisticate: uno è quello ucraino è l’altro è quello russo.
Anche se si parla dell’ipotesi che truppe europee possano andare a difendere l’Ucraina, oggi è semmai vero il contrario: è l’Ucraina a costituire uno scudo per l’Europa, dal momento che, difendendo la sua stessa esistenza, sta offrendo agli europei il tempo necessario per iniziare finalmente a investire davvero nella loro Difesa e nei loro eserciti. Perché è chiaro che, qualora dovesse riuscire a conquistare l’Ucraina, la Russia di Putin non si fermerebbe lì. Le sue ambizioni sono molto più ampie, anche perché l’unione transatlantica vive il suo momento di massima debolezza da ottant’anni a questa parte.
Il presidente americano, Donald Trump, il suo vicepresidente, J. D. Vance, e i suoi alleati come Elon Musk dicono molto esplicitamente che ormai non esiste più una comunione di valori tra l’Europa e l’America. Vance in occasione della Conferenza di Monaco ha detto che secondo lui il fatto che in Paesi come la Germania i partiti dell’estrema destra rimangano esclusi dal potere costituisce per l’Europa un pericolo più grande di quanto non lo siano Putin o la Cina. In questo momento, l’Europa deve contare sulle sue sole forze, perché è chiaro che a Washington si preferisce aprire un canale con Putin e, magari, stringere un’alleanza con lui. Secondo questa visione, l’Europa non ha più un posto al tavolo delle negoziazioni. A quel tavolo l’Europa si trova piuttosto sul menu. La Russia e una parte del nuovo establishment americano condividono un interesse: dividere l’Europa, anzi distruggerne l’unità economica e politica. Infatti, sia per Mosca sia per Washington sarebbe poi molto più vantaggioso trattare con dei Paesi europei deboli, isolati e in conflitto tra loro.
E qui torniamo all’Ucraina. Infatti, sarà impossibile portare a termine un simile progetto di divisione dell’Europa finché l’Ucraina continuerà a esistere e a combattere contro Putin dimostrando che, alla fine, la Russia non era forte come l’Europa e il resto del mondo si immaginavano. Finché la battaglia si svolgerà nel Donbas, la battaglia non si combatterà negli altri Paesi dell’Est. E l’Europa avrà il tempo per prepararsi.
Questo è l’intervento di Yaroslav Trofimov, capo dei corrispondenti esteri del Wall Street Journal, pronunciato al convegno sull’Ucraina organizzato dall’ufficio italiano del Parlamento europeo di Roma il 21 febbraio 2025, in occasione dell’anniversario dell’invasione russa.
Linkiesta, Politica, 02, giugno 2025.
di Yaroslav Trofimov
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