di Raimondo Giustozzi
“Pregate sempre per me perché io abbia il coraggio di rimanere in crisi»: è l’intenzione paradossale espressa da papa Francesco nel Natale 2020 ad aprire la riflessione di Erio Castellucci, che in queste pagine cerca di delineare una “spiritualità della crisi”. Difficoltà, scompensi, sconvolgimenti non sono scherzi del destino, ma tappe obbligate di qualsiasi percorso personale e sociale. Sono eventi che scuotono, che fanno perdere l’equilibrio e piombare nell’incertezza, ma non sono solo negativi, non significano rovina e distruzione. Non soltanto la storia in generale, ma proprio la storia biblica è piena di personaggi inquieti, che attraversano fatiche e sofferenze dalle quali nascono strade di salvezza.
Nel nostro tempo alle tante emergenze del mondo globalizzato – guerre, terrorismo, clima, migrazioni – si aggiungono per la Chiesa povertà morali e strutturali: calo della partecipazione, crollo delle vocazioni, secolarizzazione, scandali tra i religiosi, irrilevanza nella società. Un dissesto epocale, che potrebbe portare a un giudizio sconfortato sul valore della stessa fede. Ma sarebbe una conclusione frettolosa. Se osserviamo ciò che è avvenuto nei secoli, vediamo che i periodi più tormentati sono quelli in cui la santità della Chiesa è fiorita, perché la crisi non è solo un fatto, ma una dimensione dei corpi vivi e un sintomo di coraggio e progressione.
Se i cristiani si sentono oggi una minoranza, se la fede non costituisce più un presupposto comune, anzi viene emarginata o negata, allora è il momento di riscoprirsi piccolo gregge e di lasciarsi mettere in crisi dal Vangelo. Un libro che motiva con lucidità e passione la scelta di un cattolicesimo più evangelico, più semplice, più fedele allo stile di Gesù” (Erio Castellucci, benedetta crisi! Il contagio della fede nella Chiesa che verrà, prima pagina di copertina – risvolto, Piemme, Mondadori libri, Milano 2022).
“La crisi non è una maledizione né una persecuzione, ma un dato di fatto. Essa accompagna ogni fenomeno essenziale, ogni espressione della vita personale e collettiva, e negarla, o cercare di sfuggirle, non solo non è possibile, ma non risulta di alcun aiuto”. Le parole non le portano le cicogne, ma hanno una storia che è bene ricordare. L’etimologia della parola crisi deriva dal verbo greco krino (traslitterato), che significa separare, cernere, in senso più ampio, discernere, giudicare, valutare. “La capacità di discernere è essenziale per trasformare la crisi in opportunità, per affrontare la realtà come segno ed essere in grado di interpretare le grandi crisi, i grandi travagli, nella logica pasquale come segni dei tempi” (pag. 100). La crisi, se accettata, discussa in modo sinodale, come ama parlare papa Francesco, non può non portare ai cambiamenti auspicati. Anche il termine sinodo deriva da due parole greche (traslitterate), sun, preposizione, che significa con, assieme e odos, cammino. La crisi è un cammino da fare assieme a tutti i battezzati, dal papa, al clero, ai fedeli, ai gruppi laicali cattolici, ognuno con i propri carismi e contributi.
La crisi non è da confondere con il conflitto: “La crisi è movimento, fa parte del cammino. Il conflitto, invece, è un finto cammino, è un girovagare senza scopo e finalità, è rimanere nel labirinto, è solo spreco di energie e occasione di male. Il Vangelo racconta che i pastori credettero all’annuncio dell’Angelo e si misero in cammino verso Gesù. Erode invece si chiuse davanti al racconto dei Magi e trasformò questa sua chiusura in menzogna e violenza. Ognuno di noi, qualunque posto occupi nella Chiesa, si domandi se vuole seguire Gesù con la docilità dei pastori o con l’auto- protezione di Erode, seguirlo nella crisi o difendersi da Lui nel conflitto” (pag. 16).
Il conflitto porta a lacerazioni profonde. Forse la più acuta è stata quella luterana con la nascita delle chiese riformate: Anglicana, Calvinista, Protestante. Eppure, anche in questa situazione storica, la Chiesa cattolica ha percorso un cammino di discernimento che le ha permesso di rinnovarsi. Vengono fondati i seminari per la formazione del clero e nasce una miriade di congregazioni religiose che hanno fatto il bene della Chiesa. Quel periodo, che inizia con il Concilio di Trento (1545 – 1563), dura fino al XX secolo con il Concilio Vaticano II (1962 – 1965). Il primo fu un concilio dottrinale, il secondo, di stampo prettamente pastorale. Le verità di fede rimangono quelle di sempre, cambia il modo di predicarle. Papa Francesco parla di un cambiamento d’epoca più che di trasformazioni epocali. Ecco perché occorre trovare nuove strade per annunciare il Vangelo e le verità della fede.
Se fino ad un certo punto, pur con le dovute distinzioni, la società civile si riconosceva in quella religiosa – cattolica e viceversa, oggi questo impianto non esiste più. Appartiene solo al passato. La Chiesa non deve più contare nei segni del potere, che non ha più, ma nel potere dei segni. Era una felice intuizione di don Tonino Bello. Può essere lievito solo se riparte consapevole di essere in minoranza. È la conclusione del libro: “Sono le minoranze creative che determinano il futuro, e in questo senso la Chiesa cattolica deve comportarsi come minoranza creativa che ha un’eredità di valori che non sono cose del passato, ma sono una realtà viva e attuale” (Ibidem, pag. 133).
“I periodi di maggiore crisi sono anche quelli durante i quali la santità della Chiesa fiorisce con maggiore frequenza. In epoca risorgimentale, nella Torino sabauda, in cui i rapporti fra Stato e Chiesa raggiunsero il massimo della conflittualità, fiorì una serie di santi, detti “santi sociali” che testimoniarono la feconda vitalità della Ciesa, dentro quella stagione difficile, appunto di crisi. Qualche nome? San Giuseppe Cottolengo, San Giovanni Bosco, San Giuseppe Cafasso, Beato Faa’ di Bruno, San Leonardo Murialdo, San Giuseppe Allamano, il beato Piergiorgio Frassati” (pag. 10).
Il libro consta di una breve introduzione, il coraggio di rimanere in crisi, una parte prima, la crisi della Chiesa come condizione permanente, in un intermezzo, le crisi mondiali e la Chiesa, in una parte seconda, la crisi della Chiesa come cambiamento epocale e una conclusione, conteggio e contagio, mietitura e spigolatura. Il linguaggio è semplice e profondo nello stesso tempo. L’autore riesce a sintetizzare tutte le crisi attraversate dalla Chiesa dalle origini ai nostri giorni in cento trentasette pagine. La sintesi è un dono. La possiede solo chi è padrone della materia oggetto di studio e ha le idee chiare, da condividere con il lettore.
“Col primo capitolo si entra nel tema, senza sé e senza ma, già a partire dal titolo: “La crisi della Chiesa come condizione permanente”. L’ipotesi di ricerca è già esplicita: la crisi accompagna la Chiesa fin dal suo sorgere. Castellucci avvia un appassionante percorso a ritroso per rileggere 2.000 anni di storia dentro questa premessa. Parte dall’affrontare quelle che definisce “le tre grandi riforme del secondo millennio”, e cioè quella ottocentesca e poi quella della riforma cattolica e protestante e poi ancora quell’anno dell’anno mille, legata alla riforma Gregoriana. Cita autori anche dimenticati, come Antonio Rosmini o Pier Damiani ed il risultato è sempre lo stesso: la Chiesa ha sempre avuto molti motivi per farsi perdonare le sue numerose crisi, legata da un comportamento alquanto contraddittorio e dissoluto dei suoi governati e del suo popolo” (Francesco Inguanti, Erio Castellucci, Benedetta Crisi! … 14 luglio 2022, Giornotto, fonte Internet).
“Nel suo procedere indietro nel tempo chiama a testimoni: Bernardo di Chiaravalle Dante Alighieri, Giovanni Boccaccio, di cui cita la famosa seconda novella della prima giornata, quella di Giannotto e l’ebreo Abraam, Chiama poi a testimoniare Caterina da Siena, Gregorio Magno, per giungere ad una veloce disamina delle chiese giovannee e paoline, contemporanee di Cristo. Non rimane che verificare lo stato di salute della comunità degli apostoli, in cui certamente Giuda non era il componente più pericoloso: non si possono dimenticare infatti, Pietro, Filippo, Tommaso, ecc. E quanto ad Andrea, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo conclude: “Che siano loro il nucleo immacolato? No, semplicemente di loro non sappiamo granché; non ne conosciamo i difetti solo perché gli evangelisti non ce li hanno trasmessi”. Ed ecco la conclusione che Castellucci esprime con il suo linguaggio diretto: “Finita la ricerca. Dobbiamo rassegnarci e dirlo con chiarezza: non c’è un momento in cui la Chiesa sia stata libera da crisi. La crisi comincia dai tempi della comunità apostolica, dentro la quale si consumano tradimento, rinnegamento, arrivismo, scetticismo, incredulità, disonestà, pregiudizio.” (pag. 57 del saggio).
Mons. Castellucci inserisce a questo punto un Intermezzo dal significativo sottotitolo: “Le crisi mondiali e la Chiesa”. In poche ed efficacissime pagine illustra i caratteri salienti dell’incertezza in cui viviamo partendo dalla descrizione che ne fa papa Francesco al n. 33 della Fratelli tutti. Elenca almeno cinque crisi mondiali di vario tipo che abbiamo affrontato di recente: quella terroristica, legata all’attentato alle Torri Gemelle del 2001, quella economica esplosa con la bolla speculativa del 2008, quella migratorio mondiale successiva alle primavere arabe del 2011, quella ecologica databile al 2015, e l’ultima, quella sanitaria, derivante dall’epidemia da covid 19. Il suo intendimento è evidenziare come queste crisi, e l’ultima in particolare, abbiano messo in crisi l’unità del mondo cattolico, producendo schieramenti e talvolta scontri tra vari “fazioni” di cattolici e spiega: “Questa crisi ha svelato, insomma, che l’appartenenza ecclesiale tante volte è superficiale, facilmente ideologizzabile, tirata ad arte verso le proprie convinzioni culturali e politiche. E quando una vicenda qualsiasi si incanala nei binari destra / sinistra, in Italia, non c’è ecclesialità che tenga” (pag. 72). E poi conclude: “Tutte le crisi interrogano a fondo la capacità della Chiesa di evangelizzare e la profondità del suo messaggio. La fede, più di quanto si sospettasse, sembra arenata nella cavità delle orecchie, bloccata nella tromba di Eustacchio, incapace di accedere al cervello, al cuore, ai polmoni, alla vita” (pag. 73).
La seconda parte del libro ha per tema “La crisi della Chiesa come cambiamento epocale”. Sono pagine di accurata analisi sui cambiamenti più significativi avvenuti nella Chiesa a partire dal Concilio Vaticano II, volte a spiegare “Il cambio di paradigma” accaduto che esprime così: “Non è finito il cristianesimo, è finita quella che qui sopra abbiamo chiamato la ‘cristianità’ e che per molti secoli è stata definita dal termine latino christianitas. Molto appassionate sono le pagine che dedica allo “sguardo profetico di don Milani”, finalizzate ad introdurre il lettore alla questione di fondo: I segni dei tempi”. Molto interessanti sono i due punti di osservazione che sceglie per aiutare a comprendere i segni dei tempi: Il Credo e la pandemia.
La conclusione ha per sottotitolo: “Conteggio e contagio, mietitura e spigolatura”. In essa Castellucci parte dalla tentazione sempre presente del ‘fare i conti’, cioè voler trarre conclusioni in base ai risultati raggiuti, evidenziando come questa tendenza fosse presente anche tra i discepoli di Gesù, spesso insofferenti perché non vedevano giungere il Regno di Dio, cioè quello che loro si erano prefigurati. Ma poi spiega che quando uno cerca di quantificare l’amore, “significa che l’amore è in dubbio, perché non sopporta la domanda di essere conteggiato”. (pag. 126). Introduce a questo punto il termine contagio e scrive: “La Chiesa non cresce a forza di numeri, ma appunto per contagio, per testimonianza. Essere in tanti, fare impressione, non significa molto, se non mettiamo radici profonde” (pag. 128). Questo tema coinvolge anche l’aspetto pubblico e sociale della Chiesa, che nel Vangelo è spiegato con le parabole del sale e della luce. “Una Chiesa – scrive Castellucci – che fa della sua rilevanza sociale, economica e politica, una bandiera opprime la dignità umana. Una Chiesa che rinuncia alla sua rilevanza evangelica e alla testimonianza della ‘carità nella verità’ rinuncia a dare il proprio apporto alla dignità umana” (pag. 132).
Mons. Castellucci conclude utilizzando un’altra parola: Spigolatura, per indicare che per la Chiesa non è tempo “di organizzare un raccolto in grande stile, con macchine agricole sofisticate”, perché per la Chiesa le crisi “non sono il tempo della mietitura ma quello della spigolatura”. E conclude così: “Spigolatura è un’operazione che si compie a mani nude, senza l’ausilio di strumenti artigianali come la falce, o industriali come la mietitrebbia.” (pag. 134) Quasi conseguenziale a questo punto è il riferimento al Sinodo che lasciamo ai lettori del libro, particolarmente utile e attuale che può aiutare tutti a ritrovare una strada che sembra che in questi anni sia stata smarrita o che si presenta confusa (Francesco Inguanti, Erio Castellucci, Benedetta Crisi! … 14 luglio 2022, Giornotto, fonte Internet).
Il libro va letto anche da chi è al di fuori della Chiesa per motivi diversi. La conoscenza del problema religioso tocca tutti. Chi si professa ateo ha diritto di intervenire nel dibattito. Il suo contributo può smantellare quel tanto di clericalismo imperante che dura a morire.
Bibliografia
Erio Castellucci, nato a Forlì nel1960, è arcivescovo di Modena – Nonantola e vescovo di Carpi. Per diversi anni ha insegnato teologia alla Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna di Bologna, di cui è stato preside dal 2005 al 2009. È vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana e referente per l’Italia del Sinodo dei vescovi. È inoltre consultore della Congregazione per il clero e del Sinodo dei vescovi. Fra le sue pubblicazioni, La vita trasformata. Saggi di escatologia (Cittadella, 2010), La tua Parola mi fa vivere. Quattro passi con la Bibbia (EDB, 2017), Benedetta povertà? Provocazioni su chiesa e denaro (EMI, 2020).
Raimondo Giustozzi
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