Da quando è iniziata l’invasione su larga scala, Mosca ha attuato una politica di saccheggio delle risorse locali per rivenderle in altri Paesi con etichette false alimentando l’economia di guerra del Cremlino
Dall’inizio dell’occupazione dei territori sudorientali ucraini nel 2022, la Russia ha messo in pratica una politica di saccheggio delle risorse locali. Del bottino hanno fatto parte le industrie e i giacimenti del Donbas sopravvissute alla devastazione della guerra, ma anche il settore agricolo del Paese.
La costa meridionale e le terre in cui scorre il Dnipro erano adibite alla coltivazione del frumento e altri cereali. Non a caso, il simbolo di Kherson e della sua liberazione è stato il cocomero, frutto comune in quella regione. Il vero protagonista però è stato il grano, che nel 2021 aveva raggiunto un raccolto record di oltre tre milioni di tonnellate. L’accordo mediato dalla Turchia e le conseguenti azioni per assicurare l’esportazione dai porti di Odessa, Chornomorsk e Pivdennyi ha garantito un flusso che si era interrotto nei primi mesi di guerra, con una battaglia per il controllo del Mar Nero rovinosamente persa dalla Russia.
Tuttavia, un’inchiesta di Radio Free Europe ha mostrato che nel 2023 il Cremlino ha ripreso a esportare grano dalle aree occupate dell’Ucraina come se fosse stato prodotto in Russia. Così trentacinquemila tonnellate di grano – ma anche di piselli, orzo e mais coltivati in Ucraina – sono state vendute sui mercati di Spagna, Turchia e Azerbaijan con un’etichetta falsa, perché si tratta di risorse rubate.
L’inchiesta ha avuto accesso a documenti hackerati dell’amministrazione di occupazione di Kherson e ha rivelato che quattro aziende russe, Agro – Fregat, Pallada, Sim – Trans Group e TD Fregat, hanno partecipato a una rete illegale per rivendere all’estero grano stivato dai porti ucraini occupati a est della Crimea. Sono stati falsificati manifesti di carico e bolle doganali per evitare le sanzioni. Come risultato si stima che nel solo 2023 le aziende russe siano state in grado di spedire cereali ucraini per il valore di oltre sei milioni di euro solo dalla regione di Kherson, senza contare i potenziali proventi da quella di Zaporizhzhia.
Questa razzia offre una risorsa preziosa nell’economia di guerra della Russia, che usa il grano anche come strumento politico per ingraziarsi Paesi africani e mediorientali, mentre accusa l’Ucraina di voler provocare una crisi alimentare globale. Infatti, già dal 2022 il Cremlino ha fatto circolare tramite canali ufficiali la falsa narrazione secondo cui l’Ucraina era responsabile per la carenza di grano in Africa e nei paesi arabi, evidentemente provocata dal blocco russo del Mar Nero.
Questa operazione di disinformazione ha persino affermato che l’Ucraina avrebbe venduto il suo grano all’Europa in cambio di armi, ma non c’è alcuna prova di un simile accordo. Anzi, benché Vladimir Putin abbia sostenuto che «solo il cinque per cento del grano ucraino va ai Paesi più poveri», i dati delle Nazioni Unite e della Fao dimostrano che nella prima metà del 2023 oltre il cinquantasette per cento è stato destinato a Paesi in via di sviluppo. La campagna di disinformazione sul grano serve anche a inimicare le opinioni pubbliche di quei paesi nei confronti della causa ucraina, proprio mentre l’amministrazione Zelensky ha messo in moto un’iniziativa senza precedenti per rafforzare le relazioni diplomatiche con gli Stati africani e del Golfo.
Nonostante l’Unione europea abbia bandito le importazioni russe per un valore di almeno novanta milioni di euro, il commercio alimentare, agricolo e sanitario non è stato coinvolto dalle misure restrittive perché secondo i vertici europei avrebbe nuociuto alla popolazione russa più che al regime.
Così, secondo l’inchiesta di Radio Free Europe, nel 2023 l’azienda russa Agro-Fregat ha imbarcato tonnellate di piselli e frumento ucraino dal porto di Sebastopoli in Crimea con destinazione Spagna, carico acquistato dall’impresa spagnola Cereales y Harinas Garsan, con sede vicino Murcia. Ma ad agosto 2023 la Agro-Fregat ha spedito oltre novemila tonnellate di cereali e legumi rubati in Ucraina anche all’azienda turca Velar, con sede ad Adana. I giornalisti hanno ricostruito il percorso dei carichi grazie a una serie di siti di intelligence marittima che tracciano i percorsi delle navi cargo, utili a identificare chi viola un embargo. Il carico partito da Sebastopoli è sbarcato nel porto turco di Mersin dalla portarinfuse Santa Olga, battente bandiera panamense ma utilizzato dai russi.
L’azienda di Mosca Sim-Trans Group nel 2023 ha esportato l’equivalente di quasi mezzo milione di dollari di grano verso l’Azerbaijan. Documenti dell’amministrazione di occupazione russa per l’oblast di Kherson dimostrano che la Sim-Trans Group era stata autorizzata dal governatore collaborazionista Vladimir Saldo a esportare oltre duemila tonnellate di grano ucraino verso Baku. Ma l’inchiesta ha scoperto che anche l’azienda russa Pallada, registrata a Rostov solo poche settimane prima dell’invasione, ha spedito oltre quindicimila tonnellate di orzo prodotto nella regione di Kherson al regime iraniano a prezzi scontati. Accanto all’Iran non poteva mancare l’alleato siriano, infatti a maggio 2023 il regime di Assad ha ricevuto tramite il porto di Latakia un carico di tremila tonnellate di mais ucraino, venduto dall’azienda russa TD Fregat.
La Russia è perciò riuscita ad aggirare le restrizioni internazionali e commercializzare le risorse depredate nell’Ucraina occupata. Il grano e gli altri prodotti sono anche uno strumento politico utile a rafforzare l’alleanza con i regimi amici, come quelli di Damasco e Teheran, ma anche a mantenere rapporti economici con paesi non allineati a Mosca, come la Turchia e l’Azerbaijan, che giocano le loro partite regionali con crescente autonomia e spregiudicatezza. Allo stesso tempo, il Cremlino è stato capace di veicolare disinformazione tra i paesi arabi e africani per accusare l’Ucraina e l’Occidente di una potenziale crisi alimentare globale, in realtà da imputare proprio all’invasione russa.
Linkiesta Esteri, 11 luglio 2024
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