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Libri. Morchio, Thuram, Stacchiotti, Morreale, Tamburino

Fonte internet

Fonte internet

di Valerio Calzolaio

La fine è ignota
Bruno Morchio
Noir
Rizzoli Milano
2023
Pag. 220 euro 17
Valerio Calzolaio
Genova. Dicembre 2015. Mariolino Migliaccio o l’è o ciù mëgio càn da trìfole in sce-o-mercôu, è il miglior segugio sulla piazza, anche se vive come un barbone e viene chiamato fottignin scotizzoso, ficcanaso sporcaccione. Luigi il Vecchio è un criminale di lungo corso, fra l’altro gestisce il Nido delle Delizie dove è successo qualcosa di antipatico, così lo ingaggia, mille euro come anticipo ed eventualmente nove mila a lavoro finito. Sono tre mesi che Mario non ha un cliente, per rimediare due spiccioli si sveglia all’alba e scarica cassette. Dorme nella fredda stanza di una pensione, tugurio con bagno in comune, in vico degli Stoppieri (sopra la magnifica antillana Fatima lavora da escort per il pappone e fidanzato Solinas). Lui ha 33 anni e ben studiato fino al diploma, quando la madre Wanda (prostituta) era viva, poi 15 anni prima l’hanno uccisa e da allora ha saltato molti pasti. Vivacchia nell’attesa di trovare chi l’ha reso orfano; considera ufficio un tavolo d’angolo di un’osteria di vico San Sepolcro, un altro carruggio; gestisce un’agenzia abusiva per indagini non autorizzate, riservate e con parcella esentasse liquidata cash. Luigi gli dice che deve rintracciare la 17enne albanese Liveta Murati, occhi chiari, nasino alla francese, capelli mossi color biondo cenere, sorriso ammiccante, una delle ragazze sequestrate nella curata profittevole casa di appuntamenti, scomparsa da qualche giorno. Mario non dispone certo di sofisticate attrezzature, non usa cimici o macchine fotografiche, non possiede né scooter né auto, s’arrangia con telefono e internet, lavora con i piedi e col cuore. C’è qualcosa sotto, lo capisce subito: la ragazza si faceva di cocaina, vietata dalle regole della maitresse; Milca, un’altra minuta albanese 15enne, è stata chiamata a sostituire Liveta per i clienti sadici; qualcuno ha sottratto anche una compromettente chiavetta Usb. Deve, inoltre, occuparsi di altri casi, barcamenandosi anche lì fra pessima gente. La fine è pericolosa da raggiungere e rischia di rimanere ignota.

Bell’avvio di una nuova serie per il grande scrittore Bruno Morchio (Genova, 1954), psicologo pubblico in pensione e psicoterapeuta. Il volume è significativamente dedicato all’amico concittadino Stefano Tettamanti, agente letterario milanese. La successiva “avvertenza” per il lettore è essenziale: “il titolo rimanda a uno dei gialli più intriganti del Novecento, The end is known, di Geoffrey Holiday Hall…”: citazione di due versi del Giulio Cesare di Shakespeare; originale del 1949, tradotto in italiano dal 1952, nel catalogo di più editori; autore mai rintracciato nonostante curiosità e ricerche di molti di noi (e soprattutto Sciascia); pure Mariolino Scotti Migliaccio vorrebbe ben sapere se il nome dell’autore sia reale o uno pseudonimo. Le prime pagine servono a introdurre lentamente il nuovo protagonista (Bacci tornerà, tranquilli!), poi la narrazione in prima decolla ed è un piacere. Mario cerca l’omicida della madre e questo sembra il filo conduttore della serie (insieme ad altri sviluppi che restano opportunamente in sospeso, come Fatima e Milca), intrecciato nel romanzo intorno al tema dello sfruttamento maschile delle donne, all’origine di tante relazioni e innumerevoli misfatti. Il centro antiviolenza di via Mascherona esiste davvero, uno spazio in cui le donne possono riscrivere in autonomia il loro progetto di vita, in cui trovano uno spazio di ascolto, condivisione e sostegno nelle loro scelte attraverso una relazione significativa d’aiuto con operatrici professionalmente qualificate, in cui sono garantiti il rispetto della segretezza, della riservatezza e la gratuità dei servizi. I personaggi parlano tutti lingue meticce, a loro modo, continuo l’intercalare in genovese, spagnolo, albanese e romanesco, in un impasto curato e riuscito. Mario predilige la sambuca e il vino della casa, beve o vede bere molto altro, incrociando locali e osterie dentro e fuori lo splendido centro storico genovese. Paolo Conte impera ed è un’altra goduria. Wanda ha ben curato i gusti del figlio, che fra l’altro ama la grande letteratura russa e francese dell’Ottocento ed è patito di Simenon.

v.c.

Recensione Le mie stelle nere
Le mie stelle nere. Da Lucy a Barack Obama
Lilian Thuram
Con la collaborazione di Bernard Fillaire
Traduzione di Sara Prencipe
Prefazione di Emanuela Audisio
Storia
Add Torino
2014 (orig. 2010)
Pag. 447 euro 9,90
Valerio Calzolaio
Pianeta. Da milioni di anni di tante specie e incarnati umani, da decine di migliaia meticcio. Provate a immaginare un bambino bianco che a scuola non abbia mai sentito parlare di scienziate e scienziati bianchi, di re e regine, di rivoluzionari e rivoluzionarie, di filosofe e filosofe, di artisti e artiste, scrittori e scrittrici con la pelle del suo colore. Pensate a un mondo in cui tutto ciò che è bello, profondo, fine, sensibile, originale, puro, buono, acuto e intelligente sia soltanto nero, e dove viva nero anche Dio. Immaginate il turbamento che si scatenerebbe dentro quel bambino, tanto più se è l’unico bianco in una classe di neri e a lezione sente spiegare che i suoi antenati erano schiavi e che i neri potevano essere razzisti. Poi invertite il colore, non bianco ma nero, e sperate che qualcuno abbia fornito lui una chiave per capire la Storia, per rintracciare grandi figure dell’umanità trascurate dai manuali. A quel punto potrebbe essere davvero utile elencare, studiare, comparare alcune di quelle stelle nere, persone che hanno molto combattuto e sofferto per alzare la testa. Eccone quarantacinque: alcune singoli individui dalla non sapiens Lucy (di incarnato scuro come gran parte dei sapiens per la maggior parte della nostra storia di specie) e dal saggio Esopo (VII-VI secolo a.C.) a Mandela, Diarra, Abu-Jamal, Shakur, Obama; alcune gruppi collettivi dai faraoni neri (Taharqa regnò dal 690 al 664 a.C.) ai cacciatori del Manden o ad alcuni “morti per la Francia” senza nazionalità francese nella guerra 1914-1918; passando per gli autori di testi e azioni che lo hanno formato, da Douglass a Garvey, da Césaire a Fanon, da Malcom X a Martin Luther King. Rifulgono di splendore.
Riprendiamo in mano il primo splendido libro del grande atleta francese Lilian Thuram (Guadalupa, 1972), uno dei più straordinari giocatori di calcio degli ultimi decenni (1991-2008), che, appena attaccate le scarpette al chiodo, ha promosso la fondazione Éducation contre le racisme, pour l’égalité, pubblicando quasi subito il suo efficace esordio narrativo no fiction (in Francia nel 2010): la storia di alcuni umani di incarnato scuro la cui conoscenza è imprescindibile per ogni altro umano, specie da questa parte del mondo. Non a caso, nella ricca appendice (oltre che bibliografia, indice dei nomi e brevi riflessioni di uno psichiatra infantile) c’è anche una mappa del pianeta apparentemente “al contrario”, che ha le sue proprie rimarchevoli ragioni geografiche, psicologiche e sociali: “in termini di rappresentazione non esistono scelte neutre. Quando il Sud la smetterà di vedersi in basso, cesseranno anche i pregiudizi”. Utile ribadire che esiste pure un razzismo maschile di altro “genere”. E, se davvero vogliamo cambiare la società e combattere ogni razzismo, non è sulla discriminazione al contrario né sullo spirito di appartenenza a una comunità che possiamo contare. Soltanto il cambiamento dei nostri immaginari può avvicinarci e far cadere le barriere culturali fra un “voi” e un “noi” determinato dal colore della pelle: è tutto il passato del mondo che dobbiamo recuperare, per capire meglio e preparare il futuro di altre generazioni. Ogni “stella” un disegno di Piergiorgio Mantini e un’articolata colta scheda non puramente biografica, mediamente una decina di pagine ciascuna. Ottima prefazione di Emanuela Audisio (“neri si diventa”), che fra l’altro introduce i giusti nessi con i muscoli intelligenti nello sport.

v.c.

Recensione Dietro tutte le trame
Dietro tutte le trame. Gianfranco Alliata e le origini della strategia della tensione
Giovanni Tamburino
In appendice cronologia e biografia di Gianfranco Alliata, di Maurizio Massignan
Storia
Donzelli Roma
2022
Valerio Calzolaio
3
Italia. 1921-1947-1974-1994-2023. Il monarchico Giovanni Francesco Stefano Ippolito Oliviero Agilulfo Pio Giacomo Orazio Maria Brasilino Alliata di Montereale e Villafranca, meglio conosciuto come principe “don” Gianfranco Alliata, nacque a Rio de Janeiro il 26 agosto 1921 e morì a Roma il 20 giugno 1994. Il giudice Tamburino incrociò il suo nome a Padova nel 1974 durante il processo sulla cosiddetta “Rosa dei Venti” ma non poté indagare; aveva già allora il dubbio che fosse stato in qualche modo coinvolto nella strage di Portella Della Ginestra il primo maggio 1947; anni dopo, morto il principe, in pensione lui dalla magistratura, ritorna su tutta la vicenda, ricostruendo con ricca documentazione e acume storico aspetti cruciali di quell’ampia zona grigia di poteri, complicità e connivenze presente dietro la strategia della tensione nel lungo permanente dopoguerra, tessuto connettivo dove avviene l’interscambio tra il sangue della realtà criminale e l’ossigeno inalato dal mondo visibile e legalmente indenne. Ce ne fossero di studiosi e di studi così! Un’ampia storiografia ha dimostrato che in Occidente, particolarmente nelle marche di confine con il blocco sovietico quali l’Italia, si è svolta fino agli anni novanta del secolo scorso una sorta di guerra preventiva, sotterranea, non ortodossa, contro il mortale nemico del “comunismo” nelle democrazie, combattuta in vari modi, anche con formazioni combattenti clandestine. Le organizzazioni occulte, gli “eserciti segreti”, i militanti dei gruppi paramilitari e le formazioni terroristiche non vissero in uno spazio vuoto, erano connessi con parte del mondo politico. La figura di Alliata è presente in molte relative vicende, nelle dinamiche delle deviazioni massoniche, dell’eversione neofascista, del golpismo anni settanta, delle relazioni con i servizi segreti, delle molteplici modalità di arricchimento lecito e illecito vitali e attive sino al presente.
Parte dal processo che seguì a Padova nel 1974 l’eccelsa ricerca di Giovanni Tamburino (Montebelluna, Treviso, 1943), magistrato dal 1970 al 2015, componente dal 1981 al 1986 del Consiglio superiore della magistratura presieduto da Sandro Pertini, poi fra l’altro vicepresidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, cofondatore del Movimento per la giustizia di cui fu socio Giovanni Falcone, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Venezia, coordinatore nazionale dei Magistrati di Sorveglianza e capo dell’Amministrazione penitenziaria dal 2012 al 2014. Il primo capitolo è narrato in prima persona, i ricordi di allora e i riscontri successivi. Poi prevalgono gli occhi dello storico della criminalità, del diritto e delle istituzioni. Secondo, terzo e quarto capitolo documentano i nessi fra Rosa dei Venti e Portella della Ginestra. Emerge come la strage siciliana del 1947 fu “politica”: gli esecutori appartenevano alla banda Giuliano, e probabilmente non erano soli; Giuliano era collegato a formazioni neofasciste, in particolare venete; familiari di Giuliano erano interni alla massoneria; al vertice della massoneria era Alliata, l’evoluzione operativa e politica di Giuliano segue pedissequamente Alliata, Giuliano poco dopo la strage chiese ad Alliata una somma ingente; alcuni interroganti e interrogati in vari processi confermano la ricostruzione analitica per cui appare certo dedurre che Alliata fu uno dei mandanti dell’eccidio del 1° maggio 1947, prima di essere eletto deputato monarchico nel 1948 e di restare poi alla Camera fino al 1963; Alliata risulta peraltro rimasto sempre al vertice di organismi massonici, estimatore di Gelli nella cui loggia confluisce, avendo creato una rete che rappresenta il modello della P2, coinvolto nelle principali vicende della destra criminale italiana. All’inizio la sua attività era nel trapanese (in particolare con la loggia facente capo al Circolo Scontrino di Trapani) in stretta relazione con ambienti mafiosi e ora (dopo il recente arresto di Matteo Messina Denaro) sarebbe interessante connettere il materiale del volume di Tamburino con alcuni precedenti fili pure di quelle trame. Rimarchevole il metodo della ricerca, il sapiente intreccio critico (con verifiche circolari e diacroniche) fra versioni dei protagonisti e atti processuali, tra fonti incidentali e fatti storici, fra le verità possibili della giustizia e della realtà. Ottima bibliografia e utile indice dei nomi.

v.c.
Massoneria, mafia, neofascismo
https://it.wikipedia.org/wiki/Rosa_dei_venti_(storia)

Recensione Conero segreto

Conero segreto. Storia, bellezza ed emozioni nel parco regionale
Gilberto Stacchiotti
Guida
2018
Pag. 272 (ora scaricabile gratuitamente in formato PDF sul sito web del Parco)
Valerio Calzolaio

Ancona, Camerano, Sirolo, Numana. Da millenni e, istituzionalmente, da almeno trentacinque anni. “Conero segreto” è stato scritto dall’ex presidente del parco regionale, l’anconetano Gilberto Stacchiotti. L’idea risale ai primi anni Settanta, ci lavorammo per oltre un decennio, la legge istitutiva è del 1987. È incredibile come si possano scoprire tesori di eccezionale valore dal punto di vista archeologico, naturalistico, geologico, culturale in così poco spazio, appena 60 kmq che si affacciano su uno dei mari più belli della penisola e all’interno si protendono su un manto di colline verso l’Appennino. In chi si illude di conoscerne ogni segreto o in quanti vi si affacciano per la prima volta, resta la sensazione di nuova sorprendente gustosa “conoscenza”. Girandolo davvero, ci accompagna la meraviglia per quanto la bellezza sappia restituire ai cultori del paesaggio, delle fioriture, dei voli migratori, degli aromi e dei colori, dei cieli stellati e dell’infinito respiro del mare.

v.c.

Recensione L’ultima innocenza

L’ultima innocenza
Emiliano Morreale
Romanzo
Sellerio Palermo
2023
Pag. 217 euro 16
Valerio Calzolaio

Palermo, Roma e altrove. Dalla seconda metà del secolo scorso, intorno al fare e vedere film. Il cinema della borgata Bonagia, fuori della circonvallazione del capoluogo siciliano tra Ciaculli e Santa Maria di Gesù, nelle terre dei clan Greco e Bontate, era intitolato al grande regista Ernst Lubitsch (1892-1947). Aveva una programmazione sublime, quasi suicida. L’unico spettatore assiduo era un giudice. Il pomeriggio precedente la proiezione serale di uno dei film della rassegna dell’orrore, alla presenza di due attori e dell’ottuagenario direttore della fotografia, un uomo basso e sudaticcio mette scatole con le pellicole nel bagagliaio, è Giuseppe, figlio del Papa, regista, vive da recluso e intende riportarle prima di sera. Narra in prima un appassionato frequentatore, segue la storia “cinematografica” dei Greco, in terza persona. L’affascinante romanzo “L’ultima innocenza” di Emiliano Morreale (Bagheria, 1973) narra sei vere storie così, pure una diva del muto e i divi del porno.

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