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Libri. Autori recensiti: McIlvanney e Rankin, Holt, Sciascia, Piccioni, Debicke

Ian Rankin and William McIlvanney by thenational

Ian Rankin and William McIlvanney by thenational

di Valerio Calzolaio

Recensione Oscuri resti

Oscuri resti. Le indagini di Laidlaw
William McIlvanney e Ian Rankin
Traduzione di Alfredo Colitto
Noir
Feltrinelli Milano
2022 (orig. The Dark Remains, 2021)
Pag. 250 euro 18
Valerio Calzolaio
Glasgow. Ottobre 1972. Jack Laidlaw è bravo nel suo lavoro di poliziotto (attratto dalla natura umana e dal piano pensionistico), sembra avere un sesto senso per ciò che accade nelle strade, un pezzo unico in mezzo a una produzione di massa, però bisogna maneggiarlo con cura: carattere cupo e taciturno, un rompiballe battitore libero, inadatto a qualsiasi convenevole. Beve, fuma, pensa troppo, legge libri non solo fiction (sul tavolo in ufficio Unamuno, Kierkegaard e Camus, così chi li vede si incuriosisce e lo lascia in pace), cita scrittori e poeti, gioca male a biliardo (ma da ragazzo era un buon calciatore). Ha lasciato l’università dopo un anno ma è restato convinto che per affrontare i crimini molto servano sociologi e filosofi. Si avvicina ai quarant’anni, è un uomo di bell’aspetto, spalle larghe e mascella quadrata, spesso sofferente di emicranie, sempre imbronciato: “ha un viso così lungo che rischia di inciamparci sopra” (come noto, non è il solo). Abita a Simshill (lontano dal centro), è solitariamente sposato con Ena, hanno tre figli (Moya 6 anni, Sandra 5, Jack 2) e, quando un caso lo prende, prevale il disagio di restare a casa, si ferma a dormire in un alberghetto. Difficile che un tipo così strano faccia carriera, è restato detective; gli mettono vicino il sergente Bob Lilley (circa coetaneo, brava persona) quando la famiglia denuncia la scomparsa di Bobby Carter, avvocato venale e astuto che sguazza dentro le acque inquinate della criminalità organizzata, e quando poi ne viene trovato il cadavere accoltellato, dietro un pub, fra i bidoni della spazzatura e gli scatoloni vuoti. Sta lì lì per scoppiare una guerra fra le potenti ammanicate bande della città, i capi sono in subbuglio, sull’orlo di una crisi di nervi. Il pessimo ispettore Ernie Milligan assume la responsabilità dell’indagine, le cose peggiorano, altri morti, pestaggi, guai. Laidlaw va per la sua strada, ovunque porti. Bob con lui.
Una bella sorpresa. Il grandissimo scrittore scozzese Ian Rankin (1960) ha scelto di completare quel romanzo della pluripremiata serie Laidlaw lasciato incompiuto dal grande maestro e scrittore scozzese William McIlvanney (1936-2015), che aveva iniziato un’avventura sul significativo “esordio” del suo protagonista, nel contesto degli stessi luoghi ma di tempi precedenti rispetto a quelli dei tre romanzi usciti nel 1977, 1983 e 1991 (in italiano 2000-2001, poi Feltrinelli 2013-2016). Jack non ama la fratellanza massonica e il capitalismo totalitario, ripete spesso che invece sarebbe felice di presentare i suoi casi davanti ai filosofi che predilige, proprio perché “qualunque cosa accada, ci sono sempre oscuri resti” (da cui il titolo, inglese e italiano). Infatti: “dietro vernici e intonaci nuovi, avrebbe trovato sempre povertà, matrimoni senz’amore, violenze domestiche, bile settaria, come brutti tatuaggi nascosti sotto una camicia pulita” (come noto, non solo a Glasgow, parte essenziale della vicenda). E il manuale del poliziotto (che gli consigliano di usare meglio) “è scritto in una lingua straniera e gli mancano diverse pagine”. La narrazione è in terza varia, molto sul protagonista, ma anche la moglie, Bob, il comandante della squadra Omicidi Robert Frederick, i capibanda con i propri uomini o con Jack (mitici dialoghi). Segnalo che Tom Docherty (raccontato nel 1996 in un romanzo fuoriserie di McIlvanney, nipote del minatore raccontato in un altro romanzo del 1975), compagno di scuola di Laidlaw, era un grande fan di W.H. Auden, a pag. 232. Whisky a gogò, anche con la birra, a sua volta anche con il rum. Musica dura. Un romanzo imperdibile dell’estate 2022.

v.c.

Recensione Lo sparo

Lo sparo. Le indagini di Selma Falck
Anne Holt
Traduzione di Margherita Podestà Heir
Noir
Einaudi Torino
2022 (orig. 2020, Mandela effekten)
Pag. 539 euro 20
Valerio Calzolaio

Oslo. Dal 5 settembre al 22 settembre 2019. Selma Falck è con due care vecchie amiche in una caffetteria coi tavolini all’esterno. Sparano di giorno con il fucile da lontano, Selma viene colpita dal proiettile che ha appena perforato da dietro la testa di Linda Bruseth alla sua sinistra, Vanja Vegge resta illesa seduta al centro di fronte a loro. Subito non si capisce chi fosse il bersaglio, Linda era una deputata anonima, Vanja una psicologa amata, Selma è la più (casualmente) famosa delle tre; all’ospedale la ricoverano, la spalla è ferita e fa male; l’ispettore Frederik Smedstuen avvia un primo informale interrogatorio, riferendo utili corrette opinioni dell’esperto erudito affascinante consulente Birger Jarl Nilsen. Ben presto viene confermato che volevano uccidere Linda. Perché mai? Con l’aiuto di Einar Falsen, Selma spulcia comunque i casi rifiutati o in sospeso, anche perché qualcuno le è entrato nell’appartamento, lasciando ricordi della sua infanzia. L’urgenza di verificare cosa sta accadendo nasce dalla grande priorità di rivedere il nipote Skjalg di cinque mesi che la figlia Anine non si fida a fargli tenere, considerata la vita pericolosa della nonna. E, poi, l’amico giornalista (dell’Aftenavisen) Lars Winter coinvolge Selma nell’inchiesta lasciata in sospeso da un collega morto (in un incidente stradale con un tassista) su alcuni casi relativi all’affidamento di minori. Arriva un altro appariscente omicidio (inscenato da suicidio) di una bassissima giudice della Corte, altri guai misteri morti. Molto sembra ruotare intorno alle dolorose storie del Ministero della Famiglia e Selma pensa alle sue di esperienze familiari, incombe il 53esimo compleanno (il 16 settembre).
L’eccelsa scrittrice norvegese Anne Holt (Larvik, 1958), laureata in legge, giornalista dal 1984, avvocato dal 1994, ministro della giustizia nel biennio 1996-97, ha pubblicato complessivamente oltre una ventina di gialli. Dopo dieci avventure ha un poco accantonato la serie Wilhelmsen (iniziata nel 1993) ed è al terzo ottimo romanzo della nuova serie con un’aspra spettacolare protagonista. Selma ha un unico vero amico, il puzzolente ex poliziotto ed ex barbone Einar, una coppia straordinaria per risolvere misteri! La narrazione è in terza varia, più lunghi e articolati i capitoli su Selma, tanti e più brevi quelli sulle altre cinque figure significative della vita della protagonista o della storia, fra cui l’Uomo che va spesso al cimitero e pianifica la competente esplosione del caso. Nell’antefatto di maggio 2010 l’incontro fra una donna intelligente e un giovane con l’idea dell’inedito “concepimento” di una futura nascita, gravida di conseguenze. Il titolo norvegese è il titolo dell’ultimo capitolo, con la lettera del giovane figlio al papà, “L’effetto Mandela”, ovvero (come spiega Selma): “noi esseri umani possediamo una fantastica capacità di ingannare noi stessi… Il fatto è che non stiamo mentendo davvero. Ricordiamo male. Crediamo di aver vissuto qualcosa che invece non ha mai avuto luogo”. Prende spunto da una sudafricana capace di raccontare il funerale di Nelson Mandela, presunto morto in prigione nel 1990. Sullo sfondo dei dialoghi fra i protagonisti del romanzo il vero scandalo del Nav, uno dei più grandi enti pubblici norvegesi, responsabile di molteplici errori giudiziari compiuti a danno di cittadini che erano stati accusati di aver usufruito illegalmente dell’assistenza sociale. Nella nota finale l’autrice accenna alla ragione fondamentale dello splendido romanzo: “le battaglie di natura giuridica tratte dalla realtà sollevano una serie di questioni difficili e io ho scritto questo libro spinta da uno stupore di carattere politico, giuridico e umano”. Selma beve Pepsi Max (altrimenti riprende a giocare, è stata malata di poker), invece gli altri buoni vini rossi. Si parla di Eric Clapton per la paura delle altezze, non per le musiche.

v.c.

Recensione Breve storia del romanzo poliziesco

Breve storia del romanzo poliziesco
Leonardo Sciascia
Con una introduzione di Eleonora Carta
Letteratura
Graphe Perugia
2022
Pag. 43 euro 6,50
Valerio Calzolaio

Pianeta umano, da millenni. Occidente, da quasi due secoli. “La principale ragione per cui un pubblico vastissimo, in ogni parte del mondo, legge (sarebbe dir meglio consuma) romanzi polizieschi (“gialli” in Italia, “neri” in Francia: dal colore della copertina che gli editori Mondadori e Gallimard hanno scelto nel momento in cui il poliziesco diventava un genere a sé) …” potrebbe essere trovata in una frase di Alain rintracciabile nel Sistema delle arti (Alain era lo pseudonimo del filosofo e giornalista francese Émile-Auguste Chartier, 1858-1951), oppure in riflessioni di Marx e Freud, sintetizzabili in breve. “Nei romanzi del genere sono impiegati senza precauzione – senza la precauzione, cioè, che è dell’arte – dei mezzi che con notevole approssimazione si possono definire di terrore: e l’effetto è fuga di pensieri, meditazione senza distacco. La lettura di un poliziesco è, nel senso più proprio della parola, passatempo: il tempo non più portatore di pensiero o di pensieri, non più scandito da condizioni e condizionamenti, è come sommerso in una fluida e opaca corrente emotiva …”. Questo è l’incipit del ragionamento di Leonarda Sciascia sul settimanale Epoca del 20 settembre 1975, proseguito nel numero successivo e ripubblicato come saggio di una raccolta di scritti del 1998 (se ne possono rintracciare un paio di versioni quasi identiche). Con tale premessa Sciascia individua già all’interno della Bibbia il primo racconto poliziesco, ingredienti identici a quelli a lui contemporanei, per un genere le cui origini più vicine e precise possono essere anche tecnicamente distinte in Edgar Poe. La traccia di ragionamento è stata ribadita da decine di autori, recensori e studiosi in centinaia di pezzi, più o meno giornalistici, solo aggiornando i termini.
Il siciliano europeo Leonardo Sciascia (Racalmuto, 8 gennaio 1921 – Palermo, 20 novembre 1989) fu presto appassionato anche di letteratura di lingua angloamericana, avido lettore degli scrittori popolari e, tra essi, sia dei grandi del cosiddetto giallo classico di fine Ottocento e primi Novecento che degli autori della nuova scuola hard-boiled, a partire dal capostipite Dashiell Hammett, da cui poi il genere sarebbe divenuto anche noir per la carica di denuncia e di prefigurazione (propria anche di molti romanzi di Sciascia). L’autore è una lettura imprescindibile soprattutto per chi ama scrivere: si gode, si pensa e s’introietta pure uno stile chiaro e limpido. Nel 2021 sono stati numerosi i volumi, le mostre e gli eventi che gli sono stati dedicati in tutt’Italia per il centenario della nascita. Fra di essi possiamo considerare la riedizione di questo breve significativo testo giornalistico di storia della letteratura. Lo schema di ragionamento era un buon cliché già cinquant’anni fa, pur argomentato in modo colto e sincero: il poliziesco come genere minore di puro intrattenimento. Valeva e vale spesso come premessa alla disanima personale di cosa sia alta letteratura di pensiero, nel caso (non solo) di Sciascia come esperienza di scardinamento del genere e testimonianza di un “altro” modo di scrivere polizieschi. In realtà, la dialettica risale indietro (più o meno ai tempi della Bibbia) e merita di essere rivalutata a partire da Sciascia, come opportunamente fa Eleonora Carta nell’introduzione, nella quale l’autrice sottolinea come comunque Sciascia “celebra” il genere e, in qualche modo, “riabilita” la propria conseguente passione, forse anche per codificare regole che i propri gialli cercarono di sovvertire, scomporre, rovesciare. Nella sua “storia” Sciascia tratta Poe, Conan Doyle, Van Dine, Freeman, Agatha Christie, Hammett, Chandler, cita brevemente altri esemplari colleghi e ricorda, a contrasto, solo Greene, Bernanos, Gadda (e Borges) fra “i grandi scrittori” a lui recenti, “che, per divertimento o congenialità, hanno scritto dei gialli”. In fondo utile la cronologia della vita di Sciascia e l’indice dei nomi di persona e dei titoli citati.

v.c.

Recensione Cento anni di parchi

Cento anni di parchi. Scritti di storia delle aree protette italiane
Luigi Piccioni
Politiche ambientali
Università degli Studi Camerino
2022
Pag. 265 euro 10
Valerio Calzolaio

Dall’Abruzzo all’Italia, con amore. Il centenario dei parchi nazionali italiani si spalma su tre date: nel 2021 il centenario della fondazione del Parco Nazionale d’Abruzzo in forma privata, a opera di Erminio Sipari e della Società Pro Montibus; in questo 2022 centenario della fondazione del Parco Nazionale del Gran Paradiso; nel 2023 centenario della fondazione del Parco Nazionale d’Abruzzo in forma ufficiale. Come noto, la legge quadro sulle aree protette è arrivata poi solo a fine 1991, istituendo molti nuovi parchi, e si sta celebrando il trentennale dalla lenta progressiva importante attuazione, pur con aspetti contraddittori. In “Cento anni di parchi” il professor Luigi Piccioni (Avezzano, 1959), oggi all’Università della Calabria, raccoglie sedici testi in tema (scritti o interventi) realizzati fra il 1996 e il 2022, organizzati nelle seguenti parti: le aree protette italiane, il parco nazionale d’Abruzzo, interventi specifici, bibliografia selezionata.

v.c.

Recensione L’eredità medicea

L’eredità medicea. Vittima… o carnefice?
Patrizia Debicke van der Noot
Giallo storico
Tea Milano 2022 (1° ed. 2015)
Pag. 304 euro 14
Valerio Calzolaio

Firenze. 1537. Il 5 notte lo sciocco e idealista Lorenzino de’ Medici, detto Lorenzaccio, uccide il cugino Alessandro de’ Medici, duca di Firenze, a tradimento con la complicità di due sicari (lo Scoroncolo e il Freccia), sotto gli occhi di Caterina Soderini, una Befana di sangue. Lotte e congiure sono all’all’ordine del giorno e subito si scatena l’aspra lotta per la successione, strategie e trame riguardano papa, imperatore, re di Francia, cento interessi e mille comprimari. Intanto assume il potere il 17enne Cosimo de’ Medici, l’unico figlio di Giovanni delle Bende Nere, con l’appoggio di Alessandro Vitelli, comandante dell’esercito imperiale, che si trova a Città di Castello e interviene subito, la vicenda sarà cruenta. La narrazione è in terza sui vari protagonisti e si conclude oltre un anno dopo con le nozze di Cosimo. Ottimo romanzo storico “L’eredità medicea” della colta esperta Patrizia Debicke van der Noot (Firenze 1942), che molto e bene ha raccontato l’età medicea.

v.c.

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