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Porto Recanati. Sfogliando margherite

di Gioacchino Di Martino

Le pagine di cronaca della nostra città, in queste ultime settimane, ridondano di foto ed esposizioni, quasi didattiche, di due autorevoli esponenti della giunta comunale le quali, in modo ripetitivo, esaltano il lavoro fatto in questi ultimi cinque anni dalla uscente amministrazione. Uscente perché, comunque vadano le prossime elezioni, questa giunta ormai è al capolinea essendo espressione di una pseudo coalizione che, sfidando tutti gli altri gruppi politici, compresi anche quelli naturalmente e storicamente più affini, ha preferito andare ad una prova muscolare piuttosto che perseguire una strategia di alleanze capace, se pur costosa nell’immediato, di garantirle una prospettiva di vita certamente superiore all’attuale quinquennio arrivato ormai agli sgoccioli. La politica è una attività con regole non scritte ma che, pur consentendone svariate interpretazioni, alla fine presenta sempre il conto. Un conto che molto spesso non corrisponde alle aspettative dei commensali, soprattutto se quanto consumato è stato orientato più alla tattica della sopravvivenza che non alla strategia del futuro. E questo conto sarà stato certamente presentato da quelle forze che, emarginate cinque anni fa, sono oggi ricercate per garantire la certezza di una vittoria che la volta scorsa fu assicurata solo dalla frammentazione degli avversari. In questo conto sarà presente quell’unica voce che potrà giustificare la ritrovata comune identità ideologica ed operativa. Discontinuità. Termine taumaturgico che consente, per gli entranti in coalizione, di essere immuni dalle nefandezze compiute ma che per gli uscenti è sinonimo di inizio di un percorso selettivo nel corso del quale si apre una lunga notte dei lunghi coltelli. Notte nel corso della quale dovranno essere individuati gli agnelli sacrificali da offrire, in segno di pace e di rispetto, ai nuovi ospiti in cambio della salvezza dei virtuosi a cui consentire, in continuità, la presenza nella stanza dei bottoni. Il modo autoritario e spiccio con cui la flebile comunicazione di disponibilità ad un secondo mandato, da parte di chi occupa lo scranno più alto del consiglio comunale, è stata archiviata ne è la prima testimonianza. Testimonianza certamente simbolica ma che assume un rilievo particolare in quanto difficilmente da parte dell’uscente maggioranza si potranno concedere altri sacrifici di rilievo, stante la distribuzione decisionale presente a palazzo Volpini. Resistenze che cozzeranno con la necessità degli entranti di dimostrare di essere riusciti ad ottenere una reale discontinuità dall’attuale giunta e che si tenterà di attenuare trovando un accomodamento in sede di rappresentanza, dovendo mettere nel piatto anche la sminuita credibilità personale di chi rappresenta una componente della nuova futura coalizione. Un complicato puzzle da ricomporre in cui una variante, non prevista, ha scomposto profondamente quella che è stata la rappresentazione politica della città nell’ultimo ventennio. L’icona della politica cittadina, deve oggi confrontarsi non più con uno dei tanti desiderosi di illuminarsi alla sua ombra ma con chi l’ombra la produce ed è un’ombra lunga che può oscurare anche una stella.

Ed in questo scenario di cui il quadro politico regionale è il punto di riferimento strategico mentre localmente ci si limita semplicemente a tattiche di ridistribuzione del potere, vale a dire a quello che in economia viene definito il PASSAGGIO GENERAZIONALE, nella sinistra cittadina sembrerebbe ci siano alcuni parenti di Harry Potter che ancora sfogliano la margherita per decidere se prima di una alleanza sia necessario riprendere la ricerca della pietra filosofale. Peccato che sfogliare una margherita non sia ecologicamente molto corretto.

Gioacchino Di Martino

 

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