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Libri. La dittatura dei Big Data… Il virus che contagia la libertà e altre recensioni

waltert-gallerydi Valerio Calzolaio

 

Recensione Il lusso della giovinezza

 

Il lusso della giovinezza

Gaetano Savatteri

Noir

Sellerio Palermo

2020

Pag. 245 euro 14

Valerio Calzolaio

Madonie, Sicilia. Gennaio 2020. Dopo un intenso colloquio con l’editore (vuole presto il cadavere nel romanzo), l’ultraquarantenne Saverio Lamanna è costretto a muoversi da Màkari. Lo chiama l’innamorata sublime architetta Suleima, a Castelnuovo (circa duecento chilometri di distanza, lontano dal mare) è morto il manager Steve Parker, l’hanno trovato dentro un crepaccio della montagna, lei piange, lui parte. Il traffico palermitano è intenso e lento, Peppe Piccionello lo accompagna ma s’addormenta facilmente, durante le soste in fila Saverio si documenta: Parker era nato a New York nel 1956, divenendo presto ricco e famoso, soprattutto con la guida americana ai ristoranti più cool e posh degli Stati Uniti; dopo il divorzio (con due figli) e la crisi finanziaria e immobiliare del 2008 aveva deciso di investire in un progetto ecosostenibile, nella zona siciliana che lo aveva stregato grazie a un amico attore e gastronomo. Aveva riunito una squadra di giovani, fra i quali appunto Suleima (che è scesa da sei mesi, un poco anche per amore) ed Emma Piccionello, la 25enne nipote architetta errabonda di Peppe; poi il 26enne esperto di tourism and hotel management Calogero Dalli Cardillo detto Carlos, di Canicattì (con esperienze a Barcellona), la bella biondina Constance, figlia di siciliani nata a Liegi, pratica di 4 lingue e specializzata nel restauro, legata a Carlos; il 24enne graphic designer Salvo Amato, diplomato all’informatico di Palermo, intamato fidanzato di Emma; tutti decisi a mettere a frutto il loro know-how cosmopolita per un Rinascimento siciliano, rispetto al quale il boss politico e il vegliardo dei monti sono in parte contrapposti, in parte coinvolti. Per caso si trovano lì anche il padre di Saverio, con amici e con la recente possibile fiamma sessantenne Igea, e il vicequestore Randone con la famiglia. Ci sarà di che divertirsi, fra l’altro vien fuori che probabilmente si tratta di un omicidio. Saverio indaga da par suo e, quando finisce, arriva l’editore con la serie tv in canna (nel 2021).

Il bravo giornalista Gaetano Savatteri (Milano, 1964) è cresciuto a Racalmuto in Sicilia, da parecchio vive e lavora a Roma; grazie anche all’editore insiste sul suo scoppiettante protagonista seriale e sulla relativa corte dei miracoli, che funzionano ottimamente proprio per raccontare usi e costumi siciliani, fatti e miti, luoghi arcinoti e angoli fantasmagorici, con intelligente ironia e autoironia, usando indagini su morti come pretesti vitali. La divertente acuta narrazione è in prima persona al presente: contano dialoghi, situazioni, personaggi, rimandi, citazioni, giochi di parole, insieme a sapori colori odori umori di una terra magnifica e biodiversa. Il titolo, l’intreccio, molti dialoghi e i pensieri del protagonista (personaggio letterario, indagatore casuale, disoccupato di successo, giornalista in disarmo, elucubrante allegro alter ego dell’autore, con diversa biografia e a dieci anni di distanza) ruotano intorno al disagio nella dialettica vecchi-giovani, nostalgia-euforia, resistenza-esuberanza. Saverio ha l’età dei genitori dei ragazzi del progetto; il padre si rasa i capelli a zero per dissimulare l’età di ultrasettantenne e a lui viene da piangere; si sente nella terra di mezzo, “in attesa di definizione anagrafica”, quando al cinema non ti danno “né lo sconto per studenti né quello per senior”, “quella linea d’ombra che si attraversa quando non si è più giovani ma non si è ancora vecchi” e “sono caduti gli alibi della giovinezza e non sono ancora intervenute le attenuanti della vecchiaia”; gli pesa la freschezza di Suleima rispetto alla propria “maturità”, tanto più che lei accenna al desiderio di fare un figlio insieme. Saverio però continua a scherzare e, prima o poi, potrà convincersi che non ci sono generazioni perdute o ritrovate: siamo nel nostro tempo. Magnifici vini, soprattutto Nerello, Syrah, Nero d’Avola. Musiche e parole stimolano l’intelletto.

 

v.c.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Recensione Le incredibili avventure delle piante viaggiatrici

Le incredibili avventure delle piante viaggiatrici

Katia Astafieff

Traduzione di Sara Prencipe

Botanica

Add Torino

2020 (orig. 2018)

Pag. 200 euro 16

Valerio Calzolaio

Pianeta umano. Millenni e secoli fa. Il tè è un arbusto, siamo da lungo tempo abituati a consumarne piacevolmente le foglie. La particolare specie si chiama Camellia sinensis, appartiene alla stessa famiglia e allo stesso genere delle camelie, non è arrivata in Inghilterra e in Europa per caso. Nota in Cina e là quasi esclusivamente coltivata per millenni, importata in Occidente dai mercanti portoghesi e olandesi sin dal XVII secolo, fu poi letteralmente rubata a metà del XVIX secolo dagli inglesi. La pianta era già da tempo nei loro gusti e commerci: per circa duecento anni la Compagnia inglese delle Indie Orientali aveva in India il monopolio della coltivazione del Papaver somniferum (papavero da oppio) e lo forniva ai cinesi in cambio del tè, monopolizzato dall’impero cinese. A un certo punto della storia commerciale, gli inglesi decisero di gestire autonomamente le migliori tecniche di produzione e di procurarsi pertanto le migliori piante per coltivarle nella “loro” India. Allo scopo usarono una spia. Serviva un individuo competente di Cina, coraggioso e pronto a tutto. Lo trovarono subito: Robert Fortune (1812-1880), rinomato geniale botanico britannico che nel 1843 aveva pubblicato il racconto di un primo soggiorno nella Cina settentrionale, lungo tre anni, inviato dalla Royal Horticultural Society e ben accolto. Gli diedero una sostanziosa cifra e partì nel 1848, la missione consisteva nell’andare di persona a raccogliere semi e piante dove crescevano gli alberelli migliori nelle regioni della Cina meridionale. Si travestì, viaggiò là molto in barca, divenne ladro gentiluomo, constatò che l’arbusto era coltivato ovunque, scoprì che l’unica differenza fra il tè nero e il tè verde consiste nel processo di fermentazione, erborizzò e raccolse anche altre specie, ebbe una rocambolesca vita di successo. Tre anni dopo ventimila piante del tè arrivarono a destinazione e vennero coltivate nei contrafforti dell’India. Oggi è la bevanda più consumata, dopo l’acqua, prima di caffè, birra, vino.

La biologa francese, viaggiatrice, scrittrice e direttrice aggiunta dei giardini botanici di Grand Nancy (Università di Lorraine) Katia Astafieff (1975) propone un originale spigliato saggio di divulgazione scientifica etnobotanica su dieci coppie d’avventura: una specie di pianta, connessa geograficamente a un antico ecosistema, viene storicamente relazionata a un singolo individuo sapiens, o a un paio di noi, nomadi del sapere e cercatori d’oro verde, cruciali (fra tanti) per farla divenire poi globalmente familiare a tutti. Dieci viaggi nella geografia e nella storia, dunque, con stile avvincente, dotti dati e citazioni, qualche aneddoto e brevi finestre d’approfondimento. Il tè per primo. Seguono: il frutto tondeggiante (Fragola, fraisier) riportato dal Cile da un corsaro seducente (nel 1714, il francese Amédée-François Frézier, 1682-1773, per caso la pronuncia è la stessa); la Peonia “più bella” (selvatica o ibrida?) trasferita ancora dalla Cina a tempo di rock con l’austriaco Josef-Franz (indi americano) Joseph Rock (1884-1962); l’ascesa e il declino di una radice canadese (il Ginseng americano) e i meriti del chirurgo della Marina francese Michel Serrazin (1659-1734, naturalizzato canadese in Québec); il caso fortunato di un albero (Hevea brasiliensis) dell’Amazzonia, utile alle piscine, agli ospedali e… alla linea, e dell’astuto ingegnere francese in Guyana François Fresneau de la Gataudière (1703-1770) che ricavò gomma naturale o Caucciù dalle note secrezioni di lattice; l’avventura fumosa di un’erba non particolarmente ortodossa (il tabacco, Nicotiana tabacum) riportata dal Brasile dal diplomatico francese Jean Nicot (1530-1600) e “scoperta” dal curioso monaco André Thevet (1516-1590); il favoloso destino del piccolo frutto verde (kiwi, Actinidia chinensis) e dell’astuto gesuita Pierre Nicolas Le Chèron d’Incarville (1706-1757); l’indagine su una pianta venuta dal freddo, il Rabarbaro e sul biologo tedesco Simon Pallas (1741-1811); il fiore più grande e puzzolente (Rafflesia) e due inglesi, l’amministratore coloniale Thomas Stamford Raffles (1781-1826) e il naturalista girovago Joseph Arnold (1782-1818); l’altissima conifera americana Sequoia sempervirens in compagnia del chirurgo e naturalista scozzese Archibald Menzies (1754-1842). In fondo bibliografia scelta e indice di nomi (piante, luoghi, ecosistemi, persone). Migrando, esplorando e viaggiando, la specie meticcia ha reso meticcio quasi ogni ecosistema: è scientifico, oltre che divertente, saperlo.

 

v.c.

 

 

 

 

walter-t-cover-no-logo

Recensione Walter T.

Walter T. La dittatura dei Big Data… Il virus che contagia la libertà

Davide Di Lodovico

Fantascienza

Illustrazioni di Savino Napoleone

Lisciani Libri

2020

Valerio Calzolaio

2

 

Ovunque. Tra qualche decennio. Il suo nome è Walter T. È il protocollo n. A011395 di una piccola città, uno dei tanti esperimenti, vecchio abbastanza per ricordare come tutti sono arrivati fin lì, dunque un esemplare raro. Anche perché nessuno sa che ha nascosto le prove del passato. Si occupa della manutenzione del sistema di aerazione dell’edificio 7, nella città laboratorio. Tutto è filato liscio come sempre nel suo turno lavorativo notturno di quel sabato, torna a casa e accende la Web TV per ascoltare le NEWS delle 7, ma sente uno scoppio fortissimo, un’esplosione nell’area che ha appena lasciato, prende l’auto, arriva all’ingresso e ci sono altre più grandi deflagrazioni, salta in aria tutto, muoiono tantissimi, teme di non poter ritrovare più nemmeno la scatola che ha seppellito con i ricordi di quando erano ancora liberi. Fino a cinquantanove anni prima. Allora era adolescente, ma il regime iniziò quando era ancora bambino, imponendo un drastico cambiamento a tutti: divieti e imposizioni su ogni comportamento, vestirsi parlare riunirsi giocare studiare, per lasciare spazio alla dittatura delle probabilità. Gli algoritmi dominavano la quotidianità, lui e alcuni amici si isolavano talvolta nell’ovile del nonno, disegnavano (proibito) e poi raccolsero i fogli nel libro RE-BOOT, fi fatto un progetto di rivolta. Furono scoperti, dispersi, rieducati in famiglie “modello”. Ora viene a sapere che c’è un farmaco in preparazione, ha lo stesso nome RE-BOOT, che i suoi amici sono in vario modo sopravvissuti e che si stanno pure verificando inspiegabili omicidi intorno a loro. Provano di nuovo a disobbedire.

L’interessante scrittore, editor e produttore musicale Davide Di Lodovico (Pescara, 1968) utilizza la prima persona al presente e al passato remoto (con qualche impaccio nei tempi) per affrontare l’autobiografia di Walter T. (che dà il titolo al volume), un umano vero, in via di estinzione fra tanti meta-umani e big data, un racconto lungo di fantascienza noir, ben illustrato dal bravo Savino Napoleone. Il tema non è proprio originale e la trattazione è talora superficiale, comunque avvincente. Walter desidera ardentemente poter respirare di nuovo la libertà che aveva conosciuto da giovane, è inebriato dal tornare a vivere a lungo in superficie dopo essersi sentito seppellito. Onde empatiche di dolore lo attanagliano mentre ci prova, vede le prove di clonazione e di sedazione per imporre il recepimento delle “informazioni” elaborate dal governo. Volti disperati, mani intorno alle teste, occhi spalancati e allucinati (come da efficace copertina). La narrazione è distinta in una venticinquina di brevi capitoli con disegni e figure, quattro parti che alternano la vicenda contemporanea collocata nel nostro possibile futuro al passato antico dei protagonisti, quando il pessimo regime improvvisamente ebbe inizio.

 

v.c.

Algoritmi

https://www.liscianilibri.com/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Recensione Dove crollano i sogni

 

Dove crollano i sogni

Bruno Morchio

Noir

Rizzoli Milano

2020

Pag. 235 euro 18

Valerio Calzolaio

 

Genova. Primavera-estate 2018. Tutti nel quartiere la chiamano Blondi, ma il suo nome è Ramona, splendida ragazza verso i 18 anni, occhi azzurri e capelli biondi, padre sconosciuto (da lei) e mamma 38enne che si è lasciata andare, infermiera OSS in un ospizio. Vivono in un buco a Certosa, il quartiere dove è nata e cresciuta. Ha abbandonato la scuola, né diploma né lavoro, una paghetta settimanale di 15 euro e, da due anni, un’idea fissa: scappare in Costa Rica, la striscia meravigliosa fra Caraibi e Pacifico, decidere lì il suo destino. Scopa con un ragazzo alto, atletico e tatuato, il 23enne Cris, inconcludente narcisista. Quando è rimasta incinta, ha abortito. Lei è sensibile, intelligente, scaltra, deve trovare soldi in un modo o nell’altro, gestendo i conoscenti sciocchi o ignari. Fino al compleanno del 4 luglio e, poi, al 14 agosto. Nell’ottimo noir “Dove crollano i sogni” lo psicologo, psicoterapeuta e grande scrittore Bruno Morchio (Genova, 1954) narra in prima al presente.

 

v.c.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Recensione L’uomo della dinamite

 

L’uomo della dinamite

Henning Mankell

Traduzione di Alessandra Albertari e Alessandra Scali

Esordio letterario

Marsilio Venezia

2020 (orig. 1973)

Pag. 173 euro 16

Valerio Calzolaio

 

Svezia. 1888-1969. Nel giugno 1911 il 23enne Oskar Johansson, alto e muscoloso, occhi azzurri e capelli biondi, lavora già da ormai sette anni come brillatore, è il più giovane nella squadra impegnata alla costruzione della galleria centrale della ferrovia. Un sabato pomeriggio un innesco della dinamite fa cilecca, tocca a lui controllare, la montagna esplode e dilania il suo corpo, l’occhio sinistro, la mano destra, mezzo pene, il rene, la vescica. Lo danno per morto, sospirando di sollievo perché non aveva moglie e figli. Sopravvive. Nessuno allora conosceva Elly, coetanea, capelli castani e occhi verdi. La ritroviamo ancora innamorati insieme a lui su un’isola dell’arcipelago nel maggio 1962, narra lei, un operaio di sinistra militante contro gli sfruttamenti e le discriminazioni. Ecco l’imperdibile esordio letterario del mitico Henning Mankell (1948-2015), una storia magnifica, “L’uomo della dinamite”, pubblicato in Italia per la prima volta (con prefazione autorale del 1997).

 

v.c.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Recensione Natale in giallo

 

Natale in giallo

AAVV

Traduzione di VARI

Racconti

Einaudi Torino

2020

Pag. 239 euro 15

Valerio Calzolaio

 

Anglo-America. Tempo fa. Per un buon Natale vi è l’occasione di trovare tempo e modo di leggere e rileggere, ancor più quando il contesto suggerisce prudenza e riservatezza, uscire poco da casa e mantenere molto distanziamento sociale. Qui trovate una raccolta di dieci inquietanti graziosi racconti di genere mystery o noir o giallo, datati fra 150 e 80 anni fa, sei pubblicati in precedenti (differenti) raccolte natalizie dello stesso editore, quattro inediti, tutti scritti in lingua inglese da americani e britannici, più o meno celebri, due autrici. “Natale in giallo” si può fare con Vari Autori: Conan Doyle (1892, data prima pubblicazione, in genere su periodici del loro tempo), Amelia B. Edwards (1867), Scott Fitzgerald (1940), Hardy (1881), Hornung (1905), Nicholson (1917), Runyon (1932), Saki pseudonimo di Munro (1913), Stevenson (1885), Ethel Lina White (1930). Ladri, furfanti, assassini (e scrittori) si dilettano e ci sovrastano anche a cavallo con la fine di ogni anno.

 

v.c.

 

 

 

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