Recensione La cassa refrigerata
La cassa refrigerata. Commedia nera n.4
Francesco Recami
Noir
Sellerio Palermo
Pag. 186, euro 13
2020
Valerio Calzolaio
3
Veneto. Settembre 1992. La piccola folla di una ventina di persone attende davanti al portone d’ingresso della villetta monofamiliare. Vi viveva Maria Carrer, nata a Zenson di Piave il 10 febbraio 1910 e deceduta due giorni prima, il 4 settembre 1992, a 82 anni. L’incaricato delle pompe funebri apre la casa poco dopo le 15 e consente così l’accesso disordinato alla camera ardente, il feretro sulla sinistra del soggiorno in una bara di lusso color bianco avorio, sormontata da un monumentale coperchio refrigerante Body Freeze, con un oblò sulla parte anteriore. I presenti si raccolgono vicino alla salma, in silenzio, forse compresi nel cordoglio, pur avendo poco o nulla conosciuto la morta in vita. Non ci sono parenti stretti, nemmeno amici, giusto la donna delle pulizie e altri che avevano fatto lavoretti o servizi per lei, una donna con bimbo, curiosi imboscati, ipocriti affaristi, cinici illusi, soprattutto compaesani ovviamente. Tutti comunque pensano che era tirchia e ricchissima, non aveva conti in banca, forse ha nascosto i soldi dentro casa in qualche anfratto, basterebbe trovarli (magari fra i libri o nei bagni) senza farsi scoprire. Perlopiù cominciano scompostamente a cercare, facendo finta di niente, accampando frasi di circostanza e addirittura intascando oggetti. Il fatto è che fuori incombono nubifragio e tempesta e dentro si scatenano risse e disagi, ognuno preso da conflitti familiari, competizioni, innamoramenti, in una ricerca individuale di denaro e senso. Tanti sfruttano l’occasione: coniugi per mandarsi a quel paese in pubblico, coetanei sconosciuti per promettersi amore reciproco, colonnelli in pensione per comandare ancora, amanti o furbi per nascondersi, estranei per capirci qualcosa, altri per altro. Finché non ci scappa il morto ammazzato, un primo, un secondo, un terzo. Il quadro criminale precipita dentro, mentre l’alluvione avanza fuori, va via pure la luce, acqua e fango lambiscono porte e finestre. Sono proprio isolati dal mondo civile?
L’irriverente divertente scrittore satirico toscano Francesco Recami (Firenze, 1956), noto in passato soprattutto per romanzi e racconti dedicati ai condomini di una casa di ringhiera a Milano, continua la nuova serie toscana di favole (incubi) noir, giunta al quarto episodio, ancora in terza varia, questa volta ad ambiente rigido e fisso, l’interno della casa con la refrigerata cassa (da cui il titolo), quasi con la macchina da presa in mano, lì nel backstage dell’inedito spettacolo drammaturgico in corso, momenti di massa e primi piani, dialoghi e riflessi. La stessa struttura del romanzo è organizzata in trenta “scene”, ognuna con la specificazione di quante sono le persone presenti, viventi e defunte, in totale minimo 22 massimo 24 (anche se poi l’ultima riguarda solo 2 di loro, un anno dopo). La protagonista non è la vittima, molto odiata e poco frequentata, che possedeva alcune farmacie e poi aveva liquidato tutto. I protagonisti siamo noi, le dinamiche di persone in un gruppo e in un ambiente chiusi, come nascono gli schieramenti di pragmatisti e utilitaristi, oppure di trasversali e opportunisti; come si approvano mozioni d’ordine; come si individuano capidelegazione, comitato dei probiviri, giunta esecutiva, servizio d’ordine, delegazioni; come non si entra o non se ne esce vivi o almeno sani di mente. La villetta aveva una cantinetta, per altro, una cinquantina di bottiglie di vino, che hanno un senso in quella regione, alle quali andrà trovato un senso in quel contesto. Per i soldi a nessuno viene in mente Edgar Allan Poe, non tutti conoscono i fondatori del genere che amano leggere, giallo o mystery che sia.
Recensione Pianeta vuoto
Pianeta vuoto. Siamo troppi o troppo pochi?
DarrellBricker e John Ibbitson
Trad. Di Silvia Manzio
Demografia e scienza
Add Torino
2020 (orig. 2019)
Pag. 310euro 18
Valerio Calzolaio
Pianeta Terra. In prospettiva. Secondo le stime delle Nazioni Unite è un neonato fra domenica 30 e lunedì 31 ottobre 2011 il settemiliardesimo umano vivente al mondo. Prima eravamo qualcuno meno, poi e anche ora molti di più. Eppure, forse abbiamo già iniziato a non aumentare più. Il grande avvenimento che definirà il XXI secolo si verificherà tra circa tre decenni e sarà l’inversione della rotta moderna e contemporanea: un calo implacabile, generazione dopo generazione, della popolazione umana,il declino demografico dunque. I Paesi in cui la popolazione sta diminuendo sono già più di venti; nel 2050 saranno oltre trentacinque, i più grandi, i più ricchi. Presto anche i più grandi Paesi in via di sviluppo, i cui tassi di fecondità sono già in discesa, inizieranno a ridursi. È probabile che lo stesso sfrenato baby boom africano finisca ben prima di quanto non prevedano i demografi dell’ONU. Due giornalisti canadesi hanno per mesi viaggiato in diverse città nei cinque continenti, parlato con professori e funzionari di Stato, discusso nei campus universitari e nelle baraccopoli, raccolto dati statistici nazionali e internazionali, studiato e comparato le politiche capaci di aumentare il numero di figli per coppia, traendo infine una conclusione che considera sbagliata l’opinione della incontrollata duratura travolgente crescita demografica. La realtà attuale è che in tanti paesi europei e occidentali il numero di abitanti non cresce, anzi declina; già oggi percepiamo poco e assistiamo inermi al calo demografico (appena appena attenuato da immigrazioni sempre più avversate e complicate); nessuno riflette bene e politicamente sugli effetti dello spopolamento assoluto, ancor più evidente all’esterno delle grandi città, rispetto al quale non si potrà che abbracciare, prima o poi, sia l’immigrazione che il multiculturalismo.
DarrellBricker(1961) e John Ibbitson (1955) sono due studiosi e commentatori politici fieri dell’approccio canadese alla quantità e qualità della vita dei propri cittadini. Nel recente interessante volume a quattro mani si pongono l’obiettivo di sfatare pregiudizievoli miti (alimentati da molti statistici, demografi e politici un po’ ovunque sul pianeta) che circondano la crescita della popolazione. No, non continueremo a produrre esseri umani fino a che il mondo cigolerà sotto il peso di più di undici miliardi di persone; più probabilmente raggiungeremo un picco di nove miliardi e poi inizieremo a calare. No, i tassi di fecondità dei Paesi in via di sviluppo non sono astronomici; molti sono già pari o inferiori alla soglia di sostituzione. No, l’Africa non è un continente condannato alla povertà cronica con una popolazione in costante crescita ma senza le risorse per sostenerla; è un continente dinamico, con economia in continua evoluzione e tassi di fecondità in rapido calo. No, gli afroamericani e i latinoamericani non sommergeranno l’America Bianca (né gli arabi l’Europa) con i loro vertiginosi tassi di fecondità; di fatto la fecondità dei gruppi etnici tendono a uniformarsi a quella del paese d’immigrazione. Il “vuoto” del titolo è enfatico e polemico, concentrato sul “minare” opinioni consolidate; come altre affermazioni e aggettivazioni vanno prese per riflettere e approfondire questioni su cui spesso abbiamo in testa schemi e convinzioni errate. I primi due capitoli servono a contestualizzare evoluzione e pensiero, quanto avvenne nel passato planetario e nella cultura diffusa, pur in modo sintetico e talora impreciso. Il primo narra la “breve storia della popolazione” di Homo sapiens, soprattutto per evidenziare come abbiamo rischiato più volte prima di non esistere, poi di estinguerci o di non preservare il sapere perduto, salvandoci (da eruzioni e terremoti, cambiamenti climatici e pandemie) solo con sapienti movimenti lenti e indispensabili continue migrazioni, spesso guerreggiando e urbanizzandoci sempre più. Il secondo spiega l’emersione culturale del mito dell’esplosione demografica, Thomas Robert Malthus (1766 – 1834) e i suoi figli. I successivi capitoli esaminano i diversi contesti geografici oggi e in prospettiva: Europa, Asia, Africa, Brasile, Stati Uniti, Giappone, Canada e altre aree, intervallando questioni specifiche (i bambini e le nascite, spinte e trazioni delle immigrazioni, l’estinzione culturale delle lingue e dei popoli). Il taglio è demografico e inevitabilmente ridotta l’attenzione verso altri aspetti (climatechange, geopolitica del potere, commerci e mercati, oppressioni vecchie e nuove).
Recensione Scrivere fa bene
Scrivere fa bene. Il potereterapeuticodellascrittura: tradurre in parole le emozioni
Giada Cipolletta
Scienza
Flaccovio Palermo
2020
Valerio Calzolaio
Diversi tipi di penne e carte o tastiera. Da millenni e in futuro. La capacità di produrre segni si è sviluppata nel corso dell’evoluzione, sovrapponendosi al perfezionarsi delle tecniche. Il suono dentro di noi si trasforma in grafemi e guida una composizione. Il nostro testo ha un ritmo, c’è una voce narrante che adotta un tono. “Se mi leggi, sappilo. Stai assistendo alla danza dei miei pensieri: caotici, creativi, folli, semplici forse, ma se osservi bene non banali, alla scoperta del potere taumaturgico della parola”. Per l’italiano, almeno fin dai tempi di Benedetto Croce, da tempo si ragiona sul rapporto fra cervello e scrittura, su come si possa comunicare chiaramente nella forma e nella sostanza, su quali effetti (benefici) abbia per noi e per le nostre relazioni l’incisione concreta e materiale del pensiero astratto. Può essere utile fare il punto sullo stato dell’arte per studio e conoscenza, sia da parte dei lettori che da parte degli scrittori, qualunque siano i connessi luogo preferito del pensare e mezzo preferito per lo scrivere, o l’occasione di lettura. La scrittura ha qualcosa di magico, misterioso, così emotivamente impattante che richiede rispetto per ogni suo singolo elemento, dalla virgola al lettering. Supporta lo sviluppo dei più alti processi di pensiero come la concettualizzazione, il trasferimento di conoscenza, il giudizio, l’analisi critica, l’induzione e la deduzione, il pregiudizio o l’attivazione dei ricordi. Richiede un addestramento: prima impariamo a comunicare oralmente e poi per iscritto, apprendendo e valutando con tutti i sensi l’uso congruo delle mani, la fonologia, l’ortografia, la punteggiatura. Semplificando moltissimo, è come se nella nostra testa si “accendessero” dei pallini di colore diverso negli emisferi opposti (dal sinistro, lineare e analitico, al destro, altalenante e sentimentale) quasi a voler armonizzare le polarità della vita.
La giovane stratega del content marketing e ambasciatrice del karma marketing, appassionata di customerexperience e neuroscienze, Giada Raffaella Cipolletta ha iniziato a scrivere per lavoro nel 2004, digitando e localizzando contenuti per alcuni siti web e collaborando con una casa editrice locale, abbandonando poi la localizzazione e l’editoria cartacea per tuffarsi di pancia nel mondo del www. Nel 2017 ha pubblicato un primo volume “Customerexperience. Fai marketing di valore nell’era dell’esperienza”; in pieno 2020 per la stessa casa editrice palermitana esce con un interessante affresco sui vari aspetti dello scrivere, attività giustamente molto consigliata a tutti. Il registro del volume è l’entusiasmo, ritmo e tono compresi, talora con enfasi eccessiva; lo stile appare fresco, colloquiale e leggero, anche quando si trattano argomenti scientifici. La struttura è molto articolata: box di approfondimento curioso, figure, collegamenti ipertestuali, esercizi come strumento di studio e di verifica delle opinioni espresse, frequenti spunti di grafologia. Otto sono i capitoli di diversa lunghezza e con svariati paragrafi e titoletti: il più lungo affronta il rapporto della scrittura con la comunicazione, le neuroscienze e la psicologia; segue l’alfabetizzazione relativa al binomio scrittura – emozioni, poi in specifico si esaminano paura, tristezza, rabbia. Nel dipanarsi del testo compaiono sette inserti stesi da otto esperti o esperte, amici e collaboratori dell’autrice. In fondo un flash sulla differenza fra scrivere e parlare e, soprattutto, l’appendice con una decina di scoppiettanti articoli tratti dal blog personale. La scrittura è stata divertente, si vede; lo è anche la lettura (con qualche fatica in più a seguire tutto). Non è un manuale o un compendio sulla scrittura e alcune questioni sono solo accennate: esistono relazioni che vanno aldilà della comunicazione formale scrittore-lettore; imparare a scrivere bene e volentieri è un aspetto cruciale dei percorsi scolastici; ambivalenze e interferenze stanno sia nella parte destra che nella parte sinistra del cervello, poi anche nella scrittura e nelle relazioni comunicative che attiva.
Fiction e no fiction
https://www.glossariomarketing.it/significato/customer-experience/
Recensione Storia del giallo italiano
Storia del giallo italiano
Luca Crovi
Letteratura
Marsilio Venezia
2020
Pag. 507 euro 19
Valerio Calzolaio
Italia. La narrativa poliziesca si mette in moto subito prima dell’Unità: Mistriani e De Marchi, con due romanzi ambientati a Napoli, sono nomi importanti da citare. Ne seguiranno migliaia di altri, moltissimi dei quali raccontati da Luca Crovinel documentato saggio “Storia del giallo italiano”. Si parte dai migliori epigoni del modello francese dei misteri e si prosegue con la notevole diffusione delle collane poliziesche all’inizio del Novecento, per arrivare alla vita moderna quando la letteratura di suspense permette ad autori di diversa estrazione di analizzare la società attraverso tematiche criminali, diffondendosi in ogni città, segnalandosi per non pochi capolavori. L’affresco è minuzioso. La storia e la geografia del contaminato genere meritano ormai un’impresa collettiva di documentazione ed esame, basti pensare agli innumerevoli partecipanti al Premio Scerbanenco nell’ultimo trentennio o alla costante coraggiosa promozione degli autori “di provincia” da parte di Frilli.
v.c.
Recensione I truffatori
I truffatori
Jim Thompson
Traduzione di Anna Martini
Noir
HarperCollins Milano
2020 (orig. The Grifters 1963; prima edizione italiana, Fanucci 2010)
Pag. 269 euro 15
Valerio Calzolaio
California. Anni sessanta. RoyDillon arriva alla sua auto e vomita. Ha appena ricevuto nello stomaco un violentissimo colpo con una mazza segata dal giovane commesso del negozietto dove aveva messo a segno il venti, uno dei trucchetti classici (insieme allo schiaffo e al cubetto) dei piccoli delinquenti. Si ferma la polizia, se la cava, va a rifugiarsi in una camera a sud. Vive di truffe e raggiri, sta con Moira, è proprio nei guai. Scoprendolo chissà come, si presenta la giovane madre Lilly (solo 14 anni in più), che non vorrebbe aiutare lui e non sopporta lei, ma ha bisogno di denaro. Ricominciano le avventure criminali e vitali. Un po’ come le avete viste nel bel film tratto dal romanzo, Rischiose abitudini di Stephen Frears, con i tre interpretati da John Cusack, Annette Bening, AnjelicaHuston. “I truffatori” è un altro straordinario romanzo del mitico scrittore e sceneggiatore americano James MyersJim Thompson (1906-1977), riedito in Italia per la goduria degli appassionati.
v.c.
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