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Italia Nostra. Nelle aree del terremoto ritardano i piani attuativi per il recupero dei centri storici.

Tutto tace per quanto riguarda le cosiddette “perimetrazioni” ed il recupero dei centri storici nell’area marchigiana del terremoto.

Il nocciolo della questione è costituito dal comma 4 dell’art. 5 dell’ordinanza n. 25 del 23/05/2017, secondo cui “fino all’approvazione dei piani attuativi … non è autorizzata la realizzazione di alcun intervento diretto su edifici, aggregati o infrastrutture ubicati all’interno del perimetro individuato in attuazione della presente ordinanza.” Quell’ordinanza nasceva dalla necessità di una progettazione unitaria del recupero dei borghi antichi, da individuare tramite le suddette perimetrazioni, e per i quali si richiedeva la stesura di un piano attuativo in cui stabilire le basi per il loro recupero. Ad oggi, nessun comune marchigiano, con perimetrazioni individuate nei suoi confini, si è dotato di un piano attuativo. I comuni con perimetrazioni dovrebbero essere 19, di cui solamente 4 o 5 hanno avviato l’elaborazione di relativi piani. E questo è il motivo per cui non vediamo cantieri all’interno dei centri storici.

Tra i tanti errori di Vasco Errani, il primo commissario, vi è stato almeno un merito: quello di aver  individuato nella pianificazione attuativa la strumentazione necessaria per un recupero virtuoso dei borghi antichi. I piani attuativi, di cui si parla in diverse ordinanze, oltre ad individuare gli elementi da tutelare servono infatti ad organizzare il recupero dell’edificato danneggiato, ne definiscono i soggetti pubblici e privati che vi opereranno, individuano le opere pubbliche da recuperare o da ricostruire (siano esse edifici per servizi pubblici o reti), tracciano un cronoprogramma degli interventi e, infine, compongono un quadro complessivo sulle risorse da stanziare per la sua attuazione.

Il punto debole di quella proposta, che si è riverberata nell’attuale assenza di cantieri nei centri storici, è da ricercare nella scarsa comprensione del territorio su cui si è calata quella proposta, sia a livello strettamente “territoriale” per la presenza, nella maggior parte dei casi, di comuni dalle piccolissime dimensioni con uffici tecnici portati avanti da un tecnico part-time non sufficiente a svolgere quella pianificazione, sia a “livello regionale” in cui la cultura urbanistica è tutt’altro che radicata (la legge regionale urbanistica è del 1992, il PPAR è del 1989, la nostra proposta di legge di iniziativa popolare per il governo e la gestione del territorio è ferma in consiglio regionale dal 2014) e utilizzata solo per obiettivi locali e particolari, mai per governare un quadro complessivo e generale.

Il formidabile rischio legato al mancato recupero dei centri storici è rappresentato in tutta la sua gravità da quanto sta avvenendo a Visso, uno dei più belli e sventurati centri dell’entroterra marchigiano. La sua piazza è definita da mirabili monumenti del Medioevo e del Rinascimento e in essa, per secoli, si è svolta la vita politica, economica, religiosa e sociale di questa capitale dei monti Sibillini. Da quasi quattro anni, da quel maledetto 24 agosto 2016, a tutto quel fervore è subentrato il terribile silenzio che ancora oggi vi possiamo ascoltare. A pochi metri si sta realizzando un’altra piazza, una specie di centro commerciale in legno che sorgerà su una platea di cemento, in adiacenza alle altre platee di cemento su cui son state realizzate le casette di legno temporanee. Se sulla “scadenza” delle abitazioni lignee non vi sono dubbi lo stesso non possiamo dirlo per le loro fondamenta…

La nuova sfida, per tutti noi, forse, è proprio questa: non rassegnarsi al provvisorio che diventa eterno a discapito di una storia, la nostra, e dei suoi segni. Esattamente quello che rischia di accadere a Visso e che proprio non vorremmo vedere.

In queste ultime settimane, con due ordinanze, il nuovo commissario alla ricostruzione Giovanni Legnini sembra aver voluto porre le condizioni per un cambio di passo delle procedure di autorizzazione degli interventi, in attesa della redazione dei Piani Attuativi.

Con l’ordinanza n. 100 i professionisti autocertificano la congruità dell’intervento da un punto di vista urbanistico ed edile e, contestualmente, l’importo del contributo concedibile.

Con l’ordinanza n.101 nel definire, opportunamente, un cratere nel cratere con l’elenco dei comuni maggiormente colpiti, si istituiscono, proprio per quei comuni, i Programmi Straordinari di Ricostruzione attraverso i quali si potranno avviare interventi di ricostruzione di edifici pubblici o privati, anche in deroga ai vigenti strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, “a condizione che detti interventi siano diretti alla realizzazione di edifici conformi a quelli preesistenti quanto a collocazione, ingombro planivolumetrico e configurazione degli esterni, fatte salve le modifiche planivolumetriche e di sedime necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, igienico-sanitaria e di sicurezza”. Ricordiamo che nei Centri Storici non si attua il Piano Casa con le sue deroghe alle volumetrie, non dovute alle normative anzidette.

Italia Nostra, preso atto del mancato esplicito riferimento nella ordinanza n. 101 alla necessità di una fedeltà alle tecniche costruttive originarie, chiede che quanto prima esso venga colmato da indicazioni specifiche fatte all’interno dei singoli programmi.

Morrovalle visto dal bivio della strada per il convento dei Passionisti (Foto Raimondo Giustozzi)

Fonte Internet

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