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C’è del buono in questo mondo, è giusto combattere per questo

di Raimondo Giustozzi

“Sam: È come nelle grandi storie, padron Frodo, quelle che contano davvero, erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi sapere il finale, perché come poteva esserci un finale allegro, come poteva il mondo tornare com’era dopo che erano successe tante cose brutte; ma alla fine è solo una cosa passeggera, quest’ombra, anche l’oscurità deve passare, arriverà un nuovo giorno, e quando il sole splenderà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, anche se eri troppo piccolo per capire il perché, ma credo, padron Frodo, di capire ora, adesso so: le persone di quelle storie avevano molte occasioni di tornare indietro e non l’hanno fatto; andavano avanti, perché loro erano aggrappati a qualcosa. Frodo: Noi a cosa siamo aggrappati Sam? Sam: C’è del buono in questo mondo, padron Frodo:  è giusto combattere per questo!” (J. R. R. Tolkien, Il Signore degli anelli – Le due torri).

Mai come in questi giorni di tristezza indicibile, a causa della pandemia che è venuta a sconvolgere la nostra vita, occorre aggrapparsi a qualcosa che dia significato a quello che stiamo vivendo. Nulla, al momento, ci aiuta a sperare che tutto possa finire al più presto. Eppure, anche nello sconforto c’è chi lotta e sacrifica la propria vita per salvare quella degli altri. Chi è in casa, nel rispetto delle disposizioni governative, legge, scrive e pensa: “Non sono mai stato / tanto / attaccato alla vita”(G. Ungaretti, Veglia). Mai come in questi giorni si apprezza il grande dono della vita. Si ripercorre, come in un film a passo ridotto, le tappe del proprio cammino con risultati raggiunti, cadute e riprese. “E subito riprende / il viaggio / come / dopo il naufragio / un superstite / lupo di mare”(Giuseppe Ungaretti, Allegria di Naufragi).

 

Da casa gli insegnanti fanno scuola a distanza con gli alunni. Li contattano al telefono quando devono collegarsi ad Internet per seguire la lezione. Si barcamenano con i figli che stanno in casa anche loro. Ma in questo ci sono i nonni che fanno da supporto. Controllano che i nipotini siano calmi e non facciano troppo caos. La metodologia della didattica a distanza, sperimentata in queste settimane di tribolazione, deve rimanere negli strumenti didattici e nel bagaglio delle esperienze personali dei docenti. “Insegnando imparavo tante cose, che il problema degli altri  è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia” (Don Milani). Mai come in questi giorni si può verificare la verità di quanto don Milani diceva. Occorre però superare tanta arroganza e supponenza da parte di chi pensa solo a se stesso e non sa farsi prossimo. Anche la prossimità è un’arte che si apprende in famiglia e a scuola.

 

Prendete in mano la vostra vita per farne un autentico e personale capolavoro. L’invito del Papa era rivolto ai giovani ma vale anche per tutti. Fare della propria vita un autentico capolavoro vuol dire superare ogni forma di egoismo individuale e di gruppo. Di questo dobbiamo ricordarci soprattutto quando saremo fuori da questa pandemia. Quello che stiamo vivendo oggi è solo l’inizio e molti non sembrano averne coscienza. Aspettano di ritornare alle vecchie abitudini. Ma non sarà più possibile. Alla crisi sanitaria farà seguito quella economica, poi quella sociale e conseguentemente quella politica con lo scatenarsi di autodifese e guerre tra regioni, tra nazioni, continenti (don Ferdinando Colombo). Dio non voglia che si debba assistere a questi scenari, ma le avvisaglie di questi giorni ci sono tutte.

L’umanità ha attraversato in passato tanti momenti tristi. Si è sempre sollevata. “Nonostante tutto io ancora credo che la gente sia davvero buona nel proprio cuore. Io semplicemente non posso costruire le mie speranze su basi fatte di confusione, infelicità e morte” (Anna Frank). Ai tempi di Anna Frank la pandemia che attraversava l’Europa di allora era la follia nazista. Oggi la pandemia del Coronavirus è una cosa molto diversa, riempie le nostre giornate di morti. Ci si sente fragili e indifesi. Non siamo quei superuomini che credevamo di essere. Eppure è nella fragilità riconosciuta il nostro riscatto e la nostra forza. Fino all’ultimo, Leopardi era stato fedele alla bellezza delle cose fragili: “Tutta l’opera di Leopardi sembra dirci: Io sono quello che non sono, e questa è la bellezza delle cose fragili, che bramano essere ciò che ancora non sono… E non si può morire del tutto se si è lottato per fare qualcosa di bello al mondo, se si è lottato per resistere alla tentazione del nulla” (Alessandro D’Avenia, L’arte di essere fragili, come Leopardi può salvarti la vita, pag. 197, Edizione Mondadori, ottobre 2016).

 

Il diavolo, come un leone ruggente si aggira, cercando chi divorare”. Il Coronavirus si sta aggirando da Nord a Sud della nostra penisola e in ogni angolo del mondo con una ferocia inaudita. E’ venuto a scompaginare le nostre false certezze. Ci ricorda che in natura ci sono eventi e fenomeni contro i quali si combatte una impari lotta. Il diavolo può vestire i panni del denaro, dello spettacolo fine a se stesso, di un pianeta malato perché sfruttato oltre ogni misura. Ne hanno parlato molti quotidiani in queste settimane di angoscia senza fine. Nulla, se passerà questa tribolazione, dovrà ritornare ad essere come prima. Ce lo chiedono i troppi morti. Dobbiamo aggrapparci a qualcosa di duraturo non di effimero. Dovremo rivedere il nostro modello di sviluppo e a livello globale.

C’è del buono in questo mondo, padron Frodo:  è giusto combattere per questo! Il buono in questo mondo oggi è rappresentato da operatori sanitari, medici, infermieri forze dell’ordine che hanno dato la propria vita per salvare quante più vite possibili. E’ tornata l’ora per tutti, credenti e non, di occuparsi gli uni degli altri. Stanno accadendo “tante cose brutte; ma alla fine è solo una cosa passeggera, quest’ombra, anche l’oscurità deve passare, arriverà un nuovo giorno, e quando il sole splenderà, sarà ancora più luminoso”.

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