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C’era un ragazzo / che come me / amava i Beatles e i Rolling Stones. In ricordo di Piero Cesanelli

Fonte internet

Fonte internet

di Raimondo Giustozzi

Anch’io ho voluto unirmi al dolore di quanti piangono la morte di Piero Cesanelli. L’ho conosciuto nell’estate del 2009 in piazza della Libertà a Civitanova Alta. Era di scena Tutto in gioco, biennale d’arte, pensiero e società, voluta dalla Fondazione Carima, principale sostenitore dell’iniziativa e dal Comune di Civitanova Marche che aveva messo a disposizione tutti i contenitori culturali della Città Alta e gestito gli aspetti organizzativi dell’evento. La rassegna che doveva essere biennale non fu replicata. Rimane negli annali della storia cittadina come unica e irripetibile. Futura Festival, Popsophia, le altre rassegne degli anni successivi non hanno raggiunto i fasti di Tutto in gioco.

Piero Cesanelli e la sua band “La Compagnia” furono di scena venerdì 14 e domenica 16 agosto 2009 con lo spettacolo “Ricordar cantando canzoni e canzonette” in piazza della Libertà. Sabato 25 luglio, al teatro “A. Caro”, offrirono un altro grande spettacolo dal titolo “Protestar cantando canzone e canzonette”. Furono ore indimenticabili di musica e parole. Ricordo che dopo l’esibizione di domenica 16 agosto 2009 conobbi anche alcuni componenti della band e avvicinai lo stesso Piero Cesanelli. Mi colpì la sua pacatezza nel parlare. Durante la breve conversazione, ebbi quasi la sensazione di averlo conosciuto da sempre, tanto era affabile. Uomo colto come pochi, non amava per niente mettersi in mostra.

Gli parlai di alcuni articoli sugli anni sessanta, che avevo pubblicato su una rivista locale. Mi disse di averli letti assieme a un brogliaccio di altri articoli raccolti sotto il titolo “Quelli erano giorni”. Nel 2009 insegnavo ancora. Sapevo che Piero Cesanelli era docente di Lettere, come me; me ne avevano parlato alcuni colleghi di Civitanova Marche. Si sa che tra insegnanti si trovano sempre degli argomenti sui quali parlare. In quella serata di luglio parlammo della canzone d’autore e degli anni sessanta, temi che anch’io da docente ho sempre proposto agli alunni.

Diedi notizia dell’evento su un periodico locale. Mi piace riportare i due piccoli articoli scritti in quest’occasione. La morte non deve finire nulla. Anzi ci ricorda sempre che nella vita vale la pena di spendersi per qualcosa di grande, come ha fatto Piero Cesanelli. Ha fatto conoscere il nostro territorio in tutta Italia e non solo, ha fondato e diretto da sempre Musicultura. Altre due sue creature sono state Lunaria e la band “La Compagnia”. Lascia una grande eredità.

Ricordar cantando canzoni e canzonette

 “Non tutto ha inizio con gli anni sessanta. C’erano una volta gli anni cinquanta con le gite in corriera, la frittata schiacciata tra due fette di pane imbevuto d’olio, la neve d’inverno e le prime vacanze al mare”. E’ iniziato così il racconto degli anni cinquanta e dintorni, proposto da Musicultura, Venerdì 14 e Domenica 16 Agosto, a Civitanova Alta, nell’ambito del programma “Tutto in Gioco”, Biennale d’arte, pensiero e società. Sono state ore di musica intervallata da voci narranti, quelle di Giulia Poeta e Maurizio Marchegiani, che cucivano assieme gli eventi più significativi del decennio. Film e documentari d’epoca proiettati sul maxi schermo aprivano e chiudevano l’esecuzione di brani musicali proposti dalla band “La Compagnia”, un gruppo di tredici musicisti e voci soliste, dirette da Piero Cesanelli, il fondatore di Musicultura, da vent’anni sulla scena regionale e non solo. Il poeta Giorgio Caproni e il grande Fabrizio De Andrè appoggiarono sul nascere il sodalizio. La canzonetta ha titolo per rappresentare, forse più di ogni altra manifestazione artistica, le lacrime e il sangue di tutto un popolo, come affermava T. Mann.

Aprite le finestre al nuovo sole”, seguito da “Vecchio scarpone”, sono stati i due brani che hanno aperto la manifestazione. “Vecchio scarpone/ quanto tempo è passato!/ Quante illusioni fai rivivere tu!/ Quante canzoni/ sul tuo passo ho cantato/ che non scordo più…”. Vinse un premio al terzo festival di Sanremo nel 1953. I versi raccontavano di un anziano soldato che, ritrovati in soffitta i malandati scarponi militari, si lasciava andare ai ricordi: le fatiche, le stelle alpine raccolte sulle vette immacolate “per farne dono ad un lontano amor”, le illusioni della gioventù.

Non solo l’Italia degli anni cinquanta, ma anche l’Europa e l’America, nel palinsesto della serata, hanno trovato largo spazio, prima con la canzone “Que sera sera”, poi con l’immancabile Rock and Roll, con la canzone “Dyane”, con i miti di Elvis Presley, Marlon Brando, per ritornare in Europa, più precisamente in Gran Bretagna alla corte dei baronetti di Liverpool, i mitici “Beatles”. Molti sono stati gli avvenimenti degli anni cinquanta. Nel 1951 iniziava il Festival di Sanremo. Alla prima edizione risultava vincitrice Nilla Pizzi con la canzone “Vola, colomba bianca vola”. Il testo raccontava di due innamorati triestini che l’occupazione e la spartizione della città in due zone, una anglo americana, l’altra iugoslava, aveva separato. Nel novembre del 1952 il Po rompeva gli argini in località Occhio Bello e l’onda di piena allagava il Polesine, causando duecento vittime.

Nel 1954 prendevano il via i programmi della Televisione. Molti i programmi di successo nel corso di tutti gli anni cinquanta e oltre, dal “Musichiere” condotto da Mario Riva al “Lascia o raddoppia”, telequiz importato dall’America da Mike Buongiorno. Alle venti e trenta del primo febbraio 1957 apparve sui teleschermi una specie di giardino barocco e la scritta “Carosello”, disegnata in caratteri floreali: così gli italiani scoprirono la pubblicità televisiva. Con la vespa e la lambretta aveva inizio la prima motorizzazione di massa. L’8 agosto del 1956, in Belgio a Marcinelle, distretto di Charleroi avveniva il più grave disastro minerario che la storia ricordi; 136 le vittime italiane, per la maggior parte di origine meridionale, morivano nelle viscere della terra. Nel 1956, tra il 23 e il 28 Ottobre, in Ungheria, la rivolta contro l’invasione delle truppe del Patto di Varsavia, veniva schiacciata nel sangue. Nello stesso anno a Roma un’eccezionale nevicata dava alla capitale un’immagine davvero straordinaria: cupolone di San Pietro, i Fori Romani, le piazze e tutti gli edifici della politica erano ricoperti da uno spesso manto di neve. L’evento è stato ricordato dalla canzone “La nevicata”. Continuava imperterrito ogni anno il Festival della Canzone Napoletana che ha rappresentato un po’ il nostro blues casereccio. Molti i brani eseguiti dalla band: “Che aria fresca”, “O surdato ‘nnamurato”, “Tarantella”.

Gli inizi degli anni sessanta sono stati ricordati con due canzoni: “Tu mi fai girar”, di Patty Pravo e un “Angelo Blu” dell’Equipe 84. Nel 1960, a Roma si tenevano le Olimpiadi e per l’occasione veniva inaugurato l’aeroporto di Fiumicino. Nello splendido scenario dello stadio Olimpico, Livio Berruti raggiungeva la vittoria nei duecento metri, librandosi come un airone sul filo del traguardo. Il maratoneta Abebe Bikila, scalzo, s’imponeva nella Maratona, quarantadue chilometri che s’inanellavano attraverso la via dei Fori Imperiali e per altre vestigia della Roma antica.

Nella Francia di Charles De Gaulle nascevano e si affermavano gli chansonniers. Immancabile il tributo a due canzoni: “Et maintenant” e “Non je ne regrette rien”. Il Portogallo, governato dal dittatore Salazar, continuava la propria politica colonialista. Solo nel 1974, con “la rivoluzione dei garofani”, Mozambico, Angola e Guinea Bissau conosceranno l’indipendenza. Altre due canzoni hanno ricordato gli eventi: “Coimbra” e “La casa in via del campo”. Continuava intanto l’escalation americana in Vietnam. Le note della canzone “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles ed i Rolling Stones” hanno accompagnato la proiezione, sullo schermo, dei bombardamenti americani lungo il  corso del Mekong, il fiume dei guerriglieri vietcong. In Italia le canzoni d’autore di Gino Paoli “Senza Fine” e di Bruno Lauzi “Ritornerai” si contendevano il primato delle classifiche assieme ad altre canzoni che parlavano d’amore e d’altro: “E’ la pioggia che va” dei Rokes, “Quelli erano giorni” di G. Cinguetti, “La notte”, di S. Adamo”, “Io che non vivo” di Mina, “Nostalgia”, “Città vuota”. Grande spazio ai Beatles e ad altre grandi canzoni di successo di quegli anni: “Stand By me”, “Don’t’ Play”, “Yesterday”, “All you need is love”.

La band “La Compagnia” è stata la grande interprete dei due decenni, cinque ore trascorse all’insegna della nostalgia dagli spettatori presenti in piazza della Libertà. Grandi tutti i componenti della band. El Chopas, voce e chitarra, appena trentenne, di Filottrano, raggiunto al termine dello spettacolo per una breve chiacchierata, mi raccontava che gli anni sessanta, così come lui li ha rivisitati attraverso la canzone d’autore e non, hanno rappresentato forse qualcosa di eccezionale dal punto di vista sociale, artistico e della cultura in genere. Concordavano con la stessa idea, Kasta, di Recanati, voce, chitarra ed armonica e Maurizio Marchegiani, di Macerata, voce narrante dello spettacolo assieme a Giulia Poeta.

Protestar cantando canzoni e canzonette

Spettacolo di forte profilo culturale quello offerto da “La Compagnia”, un gruppo di tredici musicisti e voci soliste, al teatro “A. Caro”, Sabato 25 luglio 2009, dalle ore 22.20 alle 24.00, nell’ambito della Biennale d’arte, pensiero e società “Tutto in gioco”. Il progetto, riuscito in pieno, è stato quello di rivisitare il ’68 attraverso la colonna sonora di canzoni e canzonette che hanno contraddistinto un po’ tutti gli anni sessanta. Sullo sfondo alcuni video clip scandivano eventi e personaggi del decennio, con filmati e foto d’epoca, intervallati dalle voci narranti di Giulia Poeta e Maurizio Marchegiani che con voce calda cucivano assieme fati, miti ed eventi affastellati gli uni sugli altri. Il testo da cui venivano tratti i brani è il libro: “Il Sessantotto” di Carlo Latini e Vincenzo Vita che, pur avendo vissuto il ’68, lo hanno rivisitato senza pregiudizi e vizi ideologici, aggiungendoci anzi una rinnovata curiosità.

Impossibile fare un elenco di tutti i brani più significativi eseguiti. Vanno dal testo che è un po’ il simbolo di quegli anni: “Dio è morto”, a “Contessa”, alla battaglia di “Valle Giulia”, alla “Primavera di Praga”, ma anche a canzoni forse meno impegnate, ma ugualmente importanti per quegli anni: “Pittore, ti voglio parlare”, “C’era un ragazzo che come me, amava i Beatles ed i Rolling Stones”, “Quelli eran giorni”, poi alle canzoni di Adamo, Bindi, Tenco, De André, Paoli. Bravi tutti i componenti della Band: Adriano Taborro, chitarre, violino e mandolino, Paolo Grassi, basso, mandolino, slide guitar, Kasta, voce, chitarra, armonica, Riccardo Andrenacci, percussioni, Marumba, programmazioni keyboard, Alessandra Rogante, voce e chitarra, Valentina Guardabassi, voce, Elisa Ridolfi, voce, Giulia Mattutini, voce, El Chopas, voce e chitarra, Francesco Caprari, voce, Ezio Nannipieri, voce e chitarra, Piero Cesanelli, voce, chitarra e arrangiamenti nonché autore dello spettacolo, Andrea Pompei, montaggio audio e video, Alì Caracciolo, light designer.

Raimondo Giustozzi

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