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Dialoghi in corso. Il credito è necessario, le banche meno Facebook si fa una sua moneta.

Fonte internet

Fonte internet

Roberto Sommella Director of External Relations for the Antitrust Authority, Founder of La Nuova Europa

 

Qualcuno ci aveva avvisato. Steve Jobs, profeticamente, un giorno disse: il credito è necessario, le banche no. Detto da chi usò la mela dei Beatles come logo per i suoi primi pc, siglando un patto che non sarebbe mai entrato nel mondo della musica, assume ancora più valore non perché quel genio poi inventò l’iPod, ma perché oggi è evidente che il tuo nuovo concorrente, la competizione che ti bussa (se bussa) alla porta di casa, non arriva più dal settore che presidi magari da secoli. Non è possibile sapere oggi se Libra, la moneta – e già qui c’è un equivoco perché una criptomoneta, come ho spiegato in Disuguaglianze, è un investimento e non un conio – varata non a caso in Svizzera da Facebook diverrà la leva con cui sollevare un pianeta di due miliardi e 400 milioni di persone, ma qualche dubbio sulla piega che stanno prendendo le cose qui giù nel mondo reale, dovrebbe venire ai governanti, ai capi di stato, agli euroburocrati. Invece, niente. Si pensa ai soliti giochi di poltrone.

Alcuni addetti ai lavori si illudono invece che qualcuno intervenga ex post, magari rivedendo la mitica legge antitrust americana, lo Sherman Act, nata proprio per contrastare i monopoli, ma qui siamo di fronte a qualcosa di ben diverso. Non è solo un problema di mercato. Siamo di fronte ad un cambiamento mentale della nostra società, dove gli attori protagonisti non sono le persone ma le piattaforme dove gli individui dialogano, si informano, comprano e magari un giorno voteranno. E quello che colpisce di più in questa rivoluzione digitale che farà impallidire Gutemberg, la ruota, il microchip e il motore a scoppio, è che nessuno sembra curarsi davvero di questi “datapolisti”, i monopolisti dei dati, i nostri. Non vediamo la montagna che abbiamo davanti.

In modo quasi grottesco, mentre noi italiani prepariamo l’ennesima lettera all’Unione Europea su pochi spiccioli di decimali, Facebook si fa una sua moneta che un domani magari scalzerà il dollaro e il deprecato euro, Apple diventa anche una carta di credito, Google macina pubblicità e edita notizie, Amazon prende la licenza bancaria. Il mondo cambia e travolge giornali, negozi, logistica e banche. L’unica cosa che non cambia mai è Bruxelles, forse perché non hanno ancora inventato un algoritmo che sostituisca i tecnici della Commissione Europea, il 3%, i calcoli sull’output gap e la crescita potenziale.

Eppure, da questa parte del mondo, un uomo ben lontano dalla cultura schumpeteriana di Jobs ci aveva avvertito, prima di lasciare le sue cariche in Acri e in Cariplo. Giuseppe Guzzetti, banchiere di lunghissimo corso, nella sua ultima relazione l’ha scritto a chiare lettere: io temo solo Amazon. E non perché le banche volevano entrare nel settore delle spedizioni. Qui non si tratta di avere atteggiamenti tecnofobici o di predicare il ritorno al medioevo dell’innovazione, in palio, forse, c’è la primazia degli Stati e le loro democrazie, la scelta consapevole di attenersi alle regole del Fiscal Compact in Europa quando nella stessa Europa i giganti digitali tengono parcheggiata una liquidità di oltre 70 miliardi di euro, sostanzialmente perché non hanno capannoni e impianti da costruire. In palio c’è quella capacità di innovare che era degli uomini e non può diventare delle macchine. Sergio Marchionne, tanto per citare un altro grande innovatore, prese le redini della Fiat in crisi nel 2004 e la lasciò alla sua morte, nel 2018, con una capitalizzazione raddoppiata intorno ai 60 miliardi di dollari, un miracolo. Sempre nel 2004 nasceva Facebook e si quotava in borsa Google; la prima è diventata il più grande paese del mondo, il secondo di miliardi ne capitalizza oggi 1.000. È la guerra degli aztechi contro i conquistadores. Le frecce e le cerbottane contro la polvere da sparo.

È in atto, come ha notato intelligentemente e per prima Susan Grenfeld nel suo libro Cambiamento mentale, una trasformazione dell’individuo. Nelle vesti di consumatore gode sommamente dell’innovazione digitale e della competizione a portata di click;  se indossa i panni del lavoratore di un’azienda di un settore obsoleto diventa quasi una vittima sacrificale, un individuo arrabbiato pronto ad indossare un gilet giallo e a scendere in piazza; se è semplicemente una persona che cerca certezze in rete può finire preda di turbamenti psicotici che ne modificano l’ego e il numero di stragi in diretta sui social confermano questa spaventosa tendenza.

Nel nostro piccolo mondo antico l’Unione dovrebbe quindi dotarsi anch’essa di campioni digitali, rivedere le regole del gioco e varare un Social Compact che riduca quelle disuguaglianze che una criptomoneta del gigante blu proverrà ad eliminare nell’illusione che si possa vivere sempre nella digisfera di un social network. Non tutto è perduto, ovviamente, siamo sempre umani. Ci sono alcuni segnali incoraggianti.

In Francia, ad esempio, nel primo quadrimestre dell’anno quasi tutti i giornali hanno fatto registrare un aumento delle vendite, come se qualcuno avesse deciso di riaprire le pagine di un libro dimenticato. C’è vita sul pianeta terra.

E può continuare solo se ce ne riappropriamo tutti e usciamo dalle piattaforme, tornando all’edicola, leggendo al lume di candela, persino facendo la fila in banca per parlare con l’uomo dei titoli.

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