Un po’ di voci loretane e modi di dire collegati, presenti nel glossario “Parlà loretano” (1994), di Augusto Castellani. Li ripropongo così come li ha scritti lui, magistrale interprete del dialetto della “felix civitas lauretana”; di mio ci sono solo alcune osservazioni sull’etimologia e i riferimenti letterari. Questa è una selezione; Castellani, di vocaboli, ne ha registrati assai di più e pertanto invito il curioso a procurarsi il suo volumetto.
ABBREVIAZIONI
accr. = accrescitivo / ant. = antico / arc. = arcaico / cfr. = confrontare / dim. = diminutivo / euf = eufemismo / f. = femminile / fr. = francese / incr. = incrocio / long. = longobardo / tosc. = toscano / it. = italiano / lat. = latino / med. = medievale / mil. = milanese / mod. = moderno / onom. = onomatopeica / pop. = popolare / prov. = provenzale / rom. = romanesco / romagn. = romagnolo / sin. = sinonimo / sp. = spagnolo / suff. = suffisso / t. = tardo / ted. = tedesco / v. = verbo / ven. = veneto / volg. = volgare

Foto famiglia Castellani – Augusto con Orietta Berti e Bruno Filippini
Ho chiesto a Cristina Castellani la descrizione della foto di suo padre. Ecco la sua cortese risposta:
Sì non ti sei sbagliato perché si tratta proprio di Orietta Berti sottobraccio a Bruno Filippini. Dovrebbe essere una foto degli anni 65-66 a Loreto per un concerto musicale durante i cosiddetti ” Carnevali santificati ” che babbo organizzava come Presidente della Azienda di Soggiorno e Turismo. Bruno Filippini era un cantante melodico di quegli anni che poi sparì altrettanto velocemente di quanto era diventato famoso (“Sabato sera” ti porto a ballare, ti potrò baciare …). La Berti cantava le canzoni di Suor Sorriso. Aveva vinto nel 1965 un disco per l’estate con il brano: ” Tu sei quello”.
Io non sono stata immortalata nella foto ma mi ricordo la scena.
Saluti
Cristina
ghienzìni – vàgu a cumprà’ ‘na luzzió’ pe’ i ghienzìni, una lozione per debellare i parassiti simili ai pidocchi; lat. volg. lèndinem, uovo di pidocchio, trasformato in ghièndeni nel numanese e ghiènzi nel loretano (qui con dim.).
giàccio – un giaccio! suffiàva ‘na buriàna, soffiava un vento molto freddo da nord; lat. t. glàcia, con riduzione gl>gi; buriana è dal ven. borìn.
giaggiòlo – tènero cùme el giaggiòlo, per indicare qualcuno o qualche cosa di tenero e delicato; lat. volg. gladìolus, per la forma a gladio delle foglie.
giambà’ – el cumandànte dei Giambà’, il comandante dei Carabinieri; la giambà’ è la giamberga, parte dell’uniforme dalla vita in giù, che si allarga a gonna fino al ginocchio; dal cognome di Friedrich Hermann Schonberg (XVII sec.), avventuriero, ma maresciallo di Francia e pari d’Inghilterra (pronuncia scionbèrg, alla francese), che introdusse la moda della chamberga (sp) quando comandava le truppe portoghesi nel 1650 nella guerra contro la Spagna.
giàro – fòra el giàro, gioco di ragazzi che si faceva nel periodo pasquale; uno ti dava del giaro, erba di fratta, che tu dovevi mostrare ogni volta che vi incontravate e lui diceva: fòra el giàro! Se non lo avevi, erano penitenze serie!; lat. àurum (maculàtum), pianta erbacea irritante; it. arc. giaro (resta problematica la presenza della g iniziale, che farebbe pensare ad una evoluzione intermedia del termine, da àurum a iàrum; stesso discorso vale per iùsum = gió, iòcus = giògo).
gìgi – bei gìgi!, proprio bei tipi (in senso critico); mil. gigione; deriva dal nome di un personaggio di una farsa di Edoardo Ferravilla dove Gigione era un cantante sfiatato e sempre in cerca di improbabili scritture(XIX-XX sec.).
gió – c’è ‘na sbuccàta d’ària qui de gió, qui c’è una forte corrente d’aria, troppo vento; lat. t. iùsum.
gìta – è bèlla gìta, sta per addormentarsi, è molto stanca, ma anche: è più di là che di qua, sta per morire; lat. ìre, ìta.
giu(v)edì – ce sei sèmpre de mèzzo cume giu(v)edì, ti trovi dappertutto, ti impicci di ogni cosa; lat. Iòvis dìes, giorno di Giove.
giugarèlli – dàmme i giugarèlli mia che nun giògo più, mi sono stancato, non ho più voglia di giocare; anche detto per significare che si abbandona un’attività, una persona etc…; lat. iòcus, iocàri con dim.
giuggiolóni – perché vài cun ‘ssi giuggiolóni?, perché vai con questi scioccherelli, immaturi, perditempo?; lat. t jùjuba; altri: lat. zìzyphus, giuggiolo>tosc. giùggio.
gnè’ – ffa’ la fìne de la gnè’, fare una fine brutta, indesiderata; sin. ffa’ la fìne de pògo pa’– chi nun ffa’ gnè’ mànco va carceràto, chi non si muove mai, non prende mai decisioni, non rischia mai nulla – cu’ ffa’? – dà’ ‘na ma’ a chi nun ffa’ gnè’, che cosa fa? – assolutamente nulla – lu’ e gnè da magnà’ è uguàle, non vale assolutamente niente; lat. nec, nec gèntem.
‘gnicò’ – te dìgo gnicò’, per fìlo e per ségno, ti dico tutto, dall’inizio alla fine; lat. òmnis + càusa.
gnignétta – pe’ la paùra le gàmbe me facévene gnignétta, per la paura le gambe mi si piegavano; diverse le ipotesi sull’etimo: alcuni si rifanno al romagn. gnègna, smorfia, con allusione a qualche cosa che non sta dritto, ma che è sghembo come una smorfia del viso; altri pensano a una costruzione su gnì – gnà come qui – qua, cioè le gambe vanno una da una parte e una dall’altra; altri ancora preferiscono la derivazione dal lat. ne (nec) gèntem, ma è soluzione che appare poco probabile.

Voce GNOCCHI – Ride ché mamma ha fatto i gnocchi! – sito lagazzettadelmezzogiorno.it
gnòcchi – rìdo perché màmma ha fàtto i gnòcchi, rido per niente, apparentemente a sproposito (ma so ben io perché); long. knohha, nodo; altri: lat. nùcleus, nocciolo (per la forma). Sembra che siano stati inventati da Alessandro Volta (XVIII-XIX sec.), che, in tempi di carestia, suggerì di sostenersi con patate bollite e farina. La parola si è affermata nel XV secolo, epoca in cui designava dei piccoli tozzi di pane rotondi, la stessa forma che presero poi gli gnocchi.
‘gnùno – ‘gnùno per sé, Dio per tùtti, ognuno pensi per sé; lat. òmnis ùnus.
gòggio – sòna gòggio, suona male, stona; da coccia, pezzo di vaso rotto, rovinato, con processo di sonorizzazione c>g.
gózzo – j’è rmàsto ntel gózzo, non è riuscito a fare o dire una cosa come gli sarebbe piaciuto – vòi ffa’ gózzo a me?, credi di farmi venire l’acquolina in bocca? (vuoi farmi allungare il gozzo?, acuire il mio desiderio?); lat. gurgùtium, gozzo.
grà’ – gra’ mbertàto, grano messo da parte con cura; forse variante di imberrettato, cioè coperto, messo al coperto; lat. grànum.
gracciuttèllo – a capudànno un gracciuttèllo d’ùva, a capodanno si è usi mangiare un grappoletto d’uva per richiamare la fortuna su di sé; it. gracìmolo incr. con suff. accr. òtto e poi con il dim. èllo, a indicarne una consistenza ridotta (tipo bucculottèllo)
gràncio – è un gràncio, detto di persona minuta; lat. volg. crànculus.
grandinétti – sarài Grandinétti!, non sei nessuno e ti credi Grandinetti (evidentemente considerato una persona importante; che abbia a che fare con il proprietario del noto negozio di scarpe di Porto Recanati?).
granì’ – el grà’ nun granìsce, non spuntano i chicchi di grano; v. costruito sul lat. grànum.
grànno – grànno, gròsso e minchió’, è grande e grosso, ma anche sciocco, poco reattivo; lat. gràndis.

Voce GRASCELLI – sito trattoriadamartina.com
grascèlli – créscia cu i grascèlli, schiacciata di farina di grano turco con grasselli (ciccioli di grasso di maiale), cibo molto comune sulle tavole di un tempo; lat. t. gràssus, con dim.
gràssa – gràssa mpaccàta, persona molto grassa, dal corpo che sembra un grosso pacco; altri rimandano a paccato nel senso di netto, tipo zero paccato, zero senza discussioni, quindi: grassa e basta, senza discussione; lat. volg. cràssia.
‘grespìgni – nun se sàlva màncu i ‘grespìgni, non si salva niente, nemmeno la cicerbita; lat. crìspus> acrìspinum.
grèvo – me sènto grèvo, mi sento pesante, perché ingrassato o per aver troppo mangiato (il f. grèva indica donna incinta, da cui sgrevà’, partorire); lat. gràvis>prov. greu.
grìula – me bàsta una grìula, me ne basta un pizzico, poco poco – ‘na grìula de pa’ maldepéna, appena un pezzettino di pane; it. ant. grèlla, piccola cosa; altri: grìcciula–grìciola, attestato nel loretano, da briciola.
grundàle – lèvate da sótt’el grundàle, te mólli tùtto, togliti da sotto il gocciolatoio del tetto, ti bagni tutto; lat. grùnda.
guadagnànza – tànta fadìga, pòga guadagnànza, tanto lavoro per ben poco guadagno; long. waidanjan, pascolare, quindi possedere pecore, fonte di ricchezza.
guàtto – me pàri un guàtto, detto a persona che si comporta con goffaggine, ma anche a chi ha poco carattere, non è virile (il pesce ghiozzo, guàtto, è uso nascondersi se avverte presenze attorno a lui); probabilmente dal lat. coàctus, costretto, rinchiuso; cfr. ven. goàto, guàto. Il brodo dei guàtti è particolarmente nutriente, per questo veniva spesso preparato per i bambini.
guazzaró’ – pòrta sèmpre el guazzaró’, camiciotto di cotone usato dai contadini anche per proteggersi dalla guàzza (rugiada) o per andare nel guàzzo (piccolo stagno d’acqua); lat. volg. aquàtia>lat. med. guazzàre.
‘gùje – ce vedémo lì le ‘gùje, ci vediamo presso i piloni all’inizio della strada per Roma, a ridosso di porta Romana; dal prov. agulha, con aferesi, nel senso di obelisco, pilone (qui, di piccole dimensioni), comunque, corpo solido di figura piramidale.
gulantì’ – gulantì’ de la marìna, zzì!, detto del maggiolino, che volava sollecitato dalla voce (zzì!); de la marìna: non è chiaro il significato; lat. volàre con successiva trasformazione v>g, come in gulà’ = volare, sguluppà’ = sviluppare.
‘gùzzo – sènti cùme pàrla’ gùzzo, senti come parla raffinato, forbito – a qui nun se ‘gùzza un chiòdo, qui non si combina niente, specie riferito al corteggiamento di ragazze; lat. volg. acutiàre, appuntire.
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