Il piano di finanziamento per la difesa dell’Unione pesa pochissimo sui bilanci statali e non intacca gli investimenti per le scuole o gli ospedali. Anzi, potrebbe generare ricadute tecnologiche di vasta portata, come già accaduto in passato
Difesa o welfare è il falso dilemma di un Paese che è sempre in bilico tra somigliare a un Paese europeo oppure all’Ungheria. Il piano ReArm Europe non sottrae risorse a sanità e istruzione. Si basa infatti sull’attivazione della General Escape Clause (già usata durante il Covid) che consente di scorporare le spese per la difesa dal calcolo del deficit eccessivo. L’indebitamento è a condizioni favorevoli e implica la condivisione europea del rischio.
Il piano di finanziamento europeo per la difesa è concepito per pesare il meno possibile sul bilancio dei singoli Stati. Per questo è importante sottolineare il carattere interamente volontario del piano: ogni Stato membro, inclusa l’Italia, mantiene piena autonomia decisionale sull’adesione e sull’entità della partecipazione.
Da notare un punto che non è stato sottolineato. Il piano di finanziamento europeo per la difesa mostra ancora una volta i benefici dell’appartenenza all’Unione europea: qualora infatti l’Italia si fosse trovata costretta ad affrontare autonomamente l’onere finanziario necessario a garantire una difesa adeguata contro potenziali aggressioni, sarebbe stata catapultata in una crisi economica di proporzioni tali da rendere inevitabile uno smantellamento radicale del sistema di welfare.
L’architettura comunitaria rappresenta, dunque, non solo un baluardo per la sicurezza condivisa, ma anche una salvaguardia essenziale per la sostenibilità del nostro modello sociale. Il populismo di sinistra e di destra italiano non lascia capire all’opinione pubblica che, se vogliamo salvare il welfare, dobbiamo salvare l’Europa unita.
C’è poi da considerare che, guardando al rapporto debito/Pil, il punto resta la qualità della spesa. I Paesi che hanno il welfare migliore sono anche quelli che hanno i conti pubblici in ordine. I Paesi Bassi hanno un debito pubblico che non arriva al cinquanta per cento del Pil, la Germania è intorno al sessanta per cento. Il debito italiano è, invece, al centotrenta per cento del Pil. Non serve dirci quali siano i sistemi migliori di welfare.
C’è stato, con ogni evidenza, chi ha cercato di scassare i conti pubblici, inventando teorie economiche fantasiose, come l’abbandono dell’euro. C’è chi ha promosso delle ridicole teorie di sovranismo economico. È un continuo esercizio di guardarsi l’ombelico chiedendosi «quale Europa?». Ogni Paese europeo ha il suo movimento populista che esiste principalmente per scassare dell’Unione europea. In Italia ce n’è più di uno.
Coloro che si sono schierati contro «l’Europa dell’austerità» fingevano di non capire quello che poi hanno dimostrato, senza bisogno di ulteriori spiegazioni, i duecento miliardi di euro buttati per ristrutturare le seconde case di poche persone. Per aver un ordine di grandezza, duecento miliardi di euro equivalgono al doppio del fondo istituito come parte della Zeitenwende (svolta epocale) annunciata dal cancelliere Olaf Scholz, con l’obiettivo di modernizzare e potenziare le forze armate tedesche.
La narrazione della contrapposizione tra difesa e welfare non è solo falsa, è pericolosamente fuorviante. La Svezia, la Finlandia e la Norvegia, Paesi con sistemi di protezione sociale tra i più avanzati al mondo, investono significativamente nella difesa. La Finlandia, in particolare, ha mantenuto una delle forze di difesa più solide d’Europa proprio mentre costruiva uno stato sociale efficiente. L’Estonia ha aumentato la spesa militare al tre per cento del Pil pur mantenendo un sistema sanitario universale e investimenti in digitalizzazione che l’hanno resa un modello di efficienza amministrativa.
La storia economica ci insegna che gli investimenti nella difesa possono generare ricadute tecnologiche di vasta portata. Internet, GPS, radar, microonde, e numerose tecnologie mediche avanzate sono nate da ricerche inizialmente finanziate per scopi militari. Un moderno sistema di difesa europeo produrrà innovazione in settori strategici oggi indispensabili, come la cybersicurezza o l’intelligenza artificiale.
I nemici del welfare sono l’antieuropeismo, il sovranismo, il populismo. Il discorso è semplice. Senza Europa, non c’è welfare. Ne viene che un’Unione europea forte e sicura è il miglior garante del modello sociale europeo. La vera scelta non è tra carri armati e ospedali, ma tra un’Europa capace di difendere i propri valori e interessi e un’Europa vulnerabile alle pressioni esterne, e alla relativa distruzione economica e del modello sociale europeo.
Unione Europea, Linkiesta, 31 marzo 2025
di Giovanni Perazzoli
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