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Libri. Il passato è un morto senza cadavere

 

Antonio_Manzinidi Valerio Calzolaio

Val d’Aosta e resto d’Italia (anche Svizzera e Slovenia). Novembre e dicembre 2015. Il burbero vicequestore Rocco Schiavone continua ad annoiarsi ad Aosta: talora finisce per dormire sul divanetto in ufficio; schiaccia non più di tre ore scarse di sonno ogni notte; fa sogni densi, pure di lacerti di dialogo fra figlio madre amici; si sveglia con albe meravigliose e conseguente voglia di spararsi; s’accende subito da fumare, quasi sempre una canna. Quella mattina poco dopo l’alba in questura giunge notizia di un ciclista travolto sulla strada della Valsavarenche, il cadavere in fondo a un dirupo, schiacciata la bellissima bici (Pinarello, sopra i 6.000 euro). Vanno e, dopo le prime indagini, si capisce che si tratta di agguato e omicidio: l’auto arrivava dalla corsia opposta. La vittima è il quasi 47enne Paolo Sanna, originario di Ancona, famiglia benestante (rendita mensile personale di diecimila euro), celibe, libero professionista vario, a Milano dal 2000 al 2009, poi come in fuga, qualche relazione amorosa all’estero e in Italia, infine ad Aosta. Rocco inizia a indagare, intanto incrociando donne, sia volutamente le compagne antiche e recenti dell’ucciso, sia le belle con cui lui stesso ha intessuto relazioni: la prima è la commerciante Nora, esordio in città senza stimolo affettivo per lui, una fugace storia pure con Sanna; l’ispettrice Caterina, appena tornata dal viaggio di nozze, antichi conflitti professionali e permanente sentita stima; la giornalista Sandra, ex del questore, ora con tipi belli o gente strana, loro due non sono mai riusciti a fare sesso nonostante la conclamata attrazione reciproca. Di chi e di quale faccenda avesse grande paura la vittima non si riesce a ricostruire bene niente, forse c’entra qualcosa accaduto quando era giovane militare in Friuli Venezia Giulia nel luglio 1989 e forse non si tratta della prima studiata morte connessa nell’ultimo quindicennio. Così, Rocco e tutta la squadra sono costretti a raggiungere città di differenti aree del centro e del nord, mentre lui intuisce che Sandra è in pericolo e svolge una seconda parallela investigazione privata, finché lei scompare e lui si dispera, misteri e violenze da affrontare risultano davvero tanti. Nonostante la sua perizia, i conti in sospeso restano troppi.

Quattordicesimo godibilissimo romanzo con Schiavone per l’attore e regista di teatro Antonio Manzini (Roma, 1964), eccelsa serie concepita come opera unica “alla ricerca del tempo perduto”. L’apprezzamento di critica e di pubblico è risultato sempre straordinario e meritato (anche in televisione, uno dei più grandi successi della storia di Rai Fiction). Oltre ai connessi tredici racconti, a ottimi sette romanzi e due racconti “altri”, dal 2013 ha narrato finora di fatto solo due anni valdostani del suo vedovo personaggio romano nato nel 1966, “insoburdinata” naia in aeronautica e intensi dolori lombari, gran scassinatore e incapace di uccidere; con incursioni nel passato trasteverino e talora “trasferte” nella capitale; accanto a costanti “apparizioni” affettuose della moglie uccisa Marina, qui quattro (intorno al termine “nazireo”). Nella nuova avventura viene preso di petto da Marina (e altri) il processo di desertificazione interiore di Rocco (il continuo circuito di inedia e rabbia, illusioni e delusioni, attrazione e solitudine amorosa). Sandra, prima di scomparire suo malgrado, gli dice: “tu ci sguazzi nella memoria pur di evitare il presente. Figuriamoci il futuro”. Marina gli fa pensare in testa: “non ti devi liberare da qualcosa che non sai o non vuoi vivere. Devi tornare a imparare a vivere. Accogliere la vita”. Si sa: lui non vuole negare il passato e giustificare i danni inferti. E però questa volta si domanda di continuo se forse non abbiano proprio ragione e se il presente non precipiti troppo presto sul passato (da cui il titolo). Mentre intanto continua a fare il tifo consapevole per le efficaci azioni ecologiste di protesta dell’Esercito di Liberazione del Pianeta, acronimo ELP; a chiedere consiglio e aiuto (anche di presenza) ai cari amici abbastanza fuorilegge Brizio e Furio; a stringere maggiore conflittuale amicizia con il questore Costa e il magistrato Baldi; a scherzare con i colleghi amici “scienziati” Michela e Alberto, alla vigilia dei loro matrimonio e viaggio di nozze; a girare in Loden e sostituire Clarks; ad aggiornare il cartellone con nuove rotture di coglioni (al nono cerimonie come battesimi, cresime, comunioni e matrimoni; come pure i cibaroli scassacazzi del menu; all’ottavo la speranza e le storie d’amore); ad arricchire l’immediata associazione di una nuova conoscenza a una qualche specie animale (nel bestiario questa volta una cattiva rana della pioggia, un’iguana trasformista, un cricetus cricetus e altro ancora); a gestire la fedele Lupa. La narrazione avviene in terza persona varia al passato (in prevalenza su Rocco), un capitolo dedicato a ognuna delle diciannove intense giornate per giungere a togliersi qualche sassolino dalle scarpe in conferenza stampa e per correre all’ospedale. Lo stile appare sempre curato e coerente fra commozione e sorriso; i dialoghi risultano brillanti e divertenti, molti con l’affiatato vice di fatto e sciupafemmine Antonio; anche quelli fra gli altri lenti cauti scalcagnati agenti, alle prese con poesie o affetti. Un Fiano al Grottino sotto casa, la Barbera alla festa dei promessi sposi, Bellavista Franciacorta con gli amici al ristorante di montagna, grappa in Friuli. A Roma, dopo il secondo omicidio, un pensiero bello e triste va a un grande successo di Ornella Vanoni, sul domani.  v.c.

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