di Alessandro Ramberti
E fu sera e fu mattina, edita da Faraeditore dell’ottimo Alessandro Ramberti, che stimo sia come editore che come poeta, è una raccolta di sessantatré poesie divisa in tre sezioni: Stanze del paradosso di Schrödinger; Ogni volta c’è un Dio che fugge Libro d’ore, E fu sera e fu mattina. Quest’ultima sezione dà il titolo all’opera.
Una raccolta ricca di spiritualità che si interroga sul significato dell’esistenza e sulla presenza del divino nelle nostre vite. Sono domande che da sempre l’uomo si è posto, del perché della sofferenza, del paradosso di certi comportamenti che non sono mai lineari, e la cui logica l’uomo spesso non riesce a comprendere. Non c’è nessuna certezza nei sentimenti umani e in certi modi di fare. Nessuna giustificazione in certa stupidità umana che a volte sembra prendere il sopravvento sulla ragione. Chiusi nelle nostre case viviamo come fossimo zombie, vivi e morti nello stesso tempo come il gatto del paradosso di Schrödinger: M’avvicino alla finestra, spio le finestre/di fronte, intravedo ombre simili a me,/sono vivi al cinquanta per cento,/sono morti al cinquanta per cento./Ognuno nella sua scatola.
Delle tre sezioni, tutte coinvolgenti, sono rimasta colpita in modo particolare dalla terza che indaga sul quotidiano permeato d’affanno e preoccupazione. Ogni giorno ha il proprio affanno, arriva la sera e il mattino seguente tutto ricomincia, e ogni mattino porta con se terribili angosce e le immagini di morte e distruzione: ecco che appaiono le scolopendre, vetri rotti, le macerie, la gente che grida, un paesaggio apocalittico, dove non c’è più speranza per l’umanità, nel presente solo polvere umana e grigio cemento. La vita è fragile ed è legata a un filo sottile che si può spezzare al minimo turbamento. C’erano mattine senza luce,/ gonfie di presagi obliqui,/ sembrava tutto fosse grigio/ per volere di un dio stremato. Tutto è vano. Una donna cerca di leggere il futuro nei fondi del tè, un cane abbaia al muro chiedendo spiegazioni a chi non ne può dare. Un vecchio si rade e guardandosi allo specchio cerca di ricordare il proprio passato e magari si chiede le ragioni di tutto ciò. Cosa ci è successo e cosa si è diventati? Ma quando ci si addormenta un cespuglio s’incendia e dice:/ “E fu sera e fu mattina, un nuovo giorno”. Tutti siamo chiamato a fare la nostra parte, nessuno escluso. Come cantava Faber nella Canzone del maggio: per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti.
E compare come epifania la speranza nella nuova umanità, nel nuovo giorno, in un giorno nuovo, in una umanità migliore: Tutti i bambini appena nati pensano: “E fu sera e fu mattina, un nuovo giorno”./ In saecula saeculorum
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