bacheca social

FAI UNA DONAZIONE





Sostieni questo progetto


A tutti i nostri lettori

A tutti i nostri lettori . Andremo dritti al punto: vogliamo chiederti di proteggere l’indipendenza dello Specchio Magazine. Se tu e tutti coloro che stanno leggendo questo avviso donaste un caffè, potremmo permetterci di far crescere l’Associazione lo Specchio e le sue attività sul territorio. Tutto quello di cui abbiamo bisogno è il prezzo di una colazione o di una rivista nazionale. Questa è la maniera più democratica di finanziarci. Con il tuo aiuto, non negheremo mai l’accesso a nessuno. Grazie.
giugno 2023
L M M G V S D
« Mag   Lug »
 1234
567891011
12131415161718
19202122232425
2627282930  

I cittadini e la polis Ritrovare nelle tragedie di Eschilo e Euripide un vocabolario per la nostra politica e le nostre vite

Teatro grecoQuest’inizio d’estate ci sarà la cinquantottesima stagione di rappresentazioni classiche al teatro greco di Siracusa. Una festa senza tempo con Medea e il Prometeo incatenato filtrati dallo sguardo di artisti contemporanei. Pensate a un’anziana influencer che, con le sue sole forze e dicendo verità molto sgradevoli, su un social network fa cinquemila like a post. Al teatro greco di Siracusa un’incantevole centenaria (è nata nel 1914, ma è solo l’ultima delle sue vite) tiene banco quasi ogni giorno, e con lei io, da un po’ meno anni, inauguro sempre l’estate, che comincia appena mi siedo nella cavea, mi guardo intorno per accertarmi che il teatro si sia riempito davvero, mi godo il cielo che comincia a declinare verso il grigio, dove puntuale uno stormo si scompone e ricompone sopra le nostre teste regalando il primo simbolo della serata. Tra un liceo in trasferta e una coppia di turisti, tra una famiglia siracusana e un gruppo di amiche, sui gradoni ci sarà di sicuro anche un ornitomante, perché nulla di ciò che accade durante la rappresentazione delle tragedie può restare inesplicato.

Ogni evento rimanda ad altro; umani, animali, storia e paesaggio dialogano fitti tutta la sera, tutte le sere, e io li aspetto dal cuore dell’inverno, quando, già impaziente a gennaio, inizio a spiare il sito dell’Inda, l’Istituto Nazionale del Dramma Antico. Quest’inizio d’estate 2023 le tragedie sono “Medea” e “Prometeo”: il femminile e il maschile, le viscere e l’ingegno, l’azione e l’inazione, il dramma in cui succede tutto e quello in cui non succede niente. Le carico entrambe di attesa, ma di più “Prometeo incatenato”, e qui devo fare un passo indietro: nel 1994 ero una studentessa del classico e, seduta in quella stessa cavea come un dovere, ne uscii invece trasformata. Era la versione del regista Antonio Calenda, di una discussa traduzione in cui dal testo di Eschilo si derivavano termini come “fascista” (poi sostituito con un più accettabile – da certi spettatori – “nazista”: io lessi il primo termine nel libro di sala, sentii il secondo dalla viva voce e ricostruii dopo cos’era successo, trovando entusiasmante che gli adulti litigassero sulla traduzione di una versione di greco).

Di quel “Prometeo” (Roberto Herlitzka) si vedeva solo la testa, il Duce, Zeus gli aveva nascosto il resto del corpo, perché, in effetti, il corpo è quanto di più scandaloso abbiamo, in una dittatura – questa osservazione la sto aggiungendo adesso, ma da qualche parte sarà rimasta acquattata per decenni. A sedici anni scoprii così, in una sola sera, che il tragico parlava una lingua contemporanea e che i cittadini, andando a teatro, facevano politica, ieri come oggi. Se non avevo difficoltà a credere che fosse vero ai tempi della polis, non avrei mai pensato che potesse esserlo ancora, e ancora.

Allora le tragedie si rappresentavano ogni due anni, e promisi a me stessa che non sarei mai mancata. Non ho sempre tenuto fede a questa promessa, ma sono molto felice, da qualche anno, di averla recuperata. Congedo la me sedicenne ispezionando la scenografia pensata da Leo Muscato in questa estate di trent’anni dopo, archeologia industriale con allusione ai campi di sterminio, un binario morto come capolinea dell’umano, una ciminiera dove “Prometeo” (Alessandro Albertin) stavolta non viene seppellito ma crocifisso, come un Cristo che tradisce il Dio padre per troppo amore di uomini che non lo meritano.

Ai suoi piedi si muove compatto il Coro delle Oceanine, sinuose, fruscianti, una vibrazione che attraversa tutta la tragedia, uno scenario sonoro entro il quale la voce del protagonista si gioca tutto, insieme alle poche decisive pose permesse dalle catene.

Quando usciamo, andiamo a camminare a Ortigia, vicino al tempio di Apollo continuiamo a discutere di tecnicismi e di invenzione, di amici che cambiano quando prendono il potere; rubiamo frasi a Eschilo che sono perfette nelle nostre vite. Parliamo di politica, delle elezioni in corso (anche a Siracusa), ci portiamo i pensieri nella notte e fino al giorno dopo, di fatto, non usciamo da quel teatro in cui cinquemila spettatori, alla fine, si sono alzati applaudendo.

Poi, il giorno dopo, c’è “Medea”. Potente, stregonesca, sensuale e terrificante, Laura Marinoni mi stravolge per bene. Passiamo il tempo sui social a litigare su cosa sia una madre, vediamo tutti i giorni passare slogan polarizzati e poi arriva Euripide che da qualche migliaio d’anni va dicendo che la riproduzione è tutto quello che una donna ha ma è anche tutto quello che, di lei, hanno gli uomini. Che la maternità dipende da dove la si guarda, e che se da un lato non conviene avventurarsi sul carro altissimo dell’onnipotenza biologica da cui Medea, nella regia di Federico Tiezzi, chiude la tragedia, simile a una dea che fa e disfa, dall’altro come si può far finta che il sangue non esista, che le cose sarebbero andate allo stesso modo se “Medea” i due bambini non li avesse portati dentro e generati. Quei figli che quasi non parlano (qui, senza quasi: di loro si sentono solo le grida fuori scena) indossano teste di pupazzi spersonalizzanti, come altri protagonisti del gioco, i maschi potenti, che strisciano e minacciano rauchi dentro maschere da coccodrilli, dettagli disturbanti una scenografia altrimenti ibseniana, dove il dramma della famiglia borghese viene spezzato da apparizioni animali, a ricordarci che l’onirico ci possiede e a volte ci determina.

E voglio pensare che questo rito ci migliori: sederci in migliaia sui gradoni e trovare in presenza di Euripide un nuovo vocabolario per la politica, per l’oggi, per le nostre vite, per le nostre maschere, ogni anno, da duemilacinquecento anni. Voglio pensare – dopo aver pianto molto e sorriso amaramente per due sere di fila – che possiamo essere cittadini in molti modi, ma polis soltanto così”( Nadia Terranova, Linkiesta, 31 Maggio 2023, Cultura).

Note

Influencer:“Personaggio popolare soprattutto in rete, che è in grado di influenzare l’opinione pubblica riguardo a un certo argomento” (Fonte Internet).

Like:“Pulsante, contrassegnato dalla scritta like, che consente di condividere un contenuto digitale sul social network Facebook, nella versione inglese, rendendo visibile il numero di condivisioni effettuate, per metonimia, ogni condivisione effettuata” (Fonte Internet).

Post: “Messaggio di testo, con funzione di opinione o commento o intervento, inviato in uno spazio comune sul Web per essere pubblicato” (Fonte Internet).

Ornitomante:“L’ornitomante è chi conosce l’arte divinatoria (Ornitomanzia) fondata sull’osservazione del volo, o anche del canto, degli uccelli” (Fonte Internet).

Ortigia: “E’ il toponimo dell’isola che costituisce la parte più antica della città di Siracusa” (Internet)

“La  tragedia greca aveva una funzione catartica, aiutava il popolo greco a fare i conti con le parti oscure dell’essere umano e attraversarne gli aspetti distruttivi attraverso la rappresentazione teatrale” (Internet). Molti studiosi trovano analogia tra il teatro greco e le celebrazioni liturgiche, in particolare la SS. Messa, della religione cattolica. Anche nel rito della Messa i fedeli sono invitati a trovare dentro di loro gli aspetti distruttivi ma anche costruttivi del proprio animo. Raimondo Giustozzi

Invia un commento

Puoi utilizzare questi tag HTML

<a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>