Italia Nostra
La Regione Marche sta vivendo una delle più drammatiche crisi idriche degli ultimi decenni così
tutta l’Italia al punto che numerose Regioni hanno già richiesto lo stato di emergenza per il
territorio regionale e lo stato di calamità per l’agricoltura.
Le temperature torride e la mancanza di precipitazioni hanno causato una drastica riduzione della
portata dei corsi d’acqua e il prosciugamento di molte zone umide, causando danni gravissimi non
solo al comparto agricolo, ma anche alla fauna selvatica del nostro paese.
Questa drammatica situazione che si trascina da molto tempo ha determinato un sicuro
pregiudizio per la conservazione delle popolazioni selvatiche, inducendo effetti negativi sulle
dinamiche di molte specie, che già versano in situazioni critiche anche per altri fattori.
Le variazioni climatiche e idriche possono condizionare il successo riproduttivo e aumentare la
mortalità degli individui giovani e adulti, rendendo i soggetti più vulnerabili e maggiormente esposti
a malattie e predazione.
“Per quanto concerne gli ecosistemi acquatici, le temperature elevate e la siccità determinano la
perdita o forte limitazione dei livelli idrici di zone umide, stagni e invasi, favorendo tra l’altro
l’insorgenza di estesi fenomeni di anossia, con conseguente alterazione delle reti trofiche esistenti
e parziale o totale collasso delle biocenosi. Allo stesso tempo, con il perdurare della crisi idrica
molti ambienti palustri nel corso dell’estate tendono a seccare, riducendo il successo riproduttivo
delle specie che nidificano più tardivamente e costringendo gli uccelli a concentrarsi nelle poche
aree che rimangono allagate. In un tale contesto, inoltre, l’impatto antropico sugli ecosistemi
acquatici risulta ancora più incisivo: le già ridotte risorse idriche naturali vengono infatti sfruttate
con maggiore intensità, per far fronte alle crescenti richieste per usi civili, agricoli e industriali. Al
tempo stesso, le sostanze inquinanti derivanti dalle attività agricole, industriali e civili tendono a
concentrarsi con maggiori impatti sugli ecosistemi acquatici” (ISPRA 2021)
Già lo scorso anno, in occasione della persistente siccità e dei numerosi incendi che hanno
interessato numerose regioni, l’ISPRA aveva segnalato l’inopportunità di avviare pratiche
venatorie particolarmente impattanti sulle popolazioni selvatiche, come l’addestramento e
allenamento dei cani da caccia, la caccia da appostamento, la caccia agli uccelli acquatici,
sollecitando un posticipo dell’apertura della stagione venatoria.
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È inoltre opportuno sottolineare come, anche nel caso di miglioramento delle condizioni climatiche
nelle prossime settimane, la maggior parte dei danni sia ormai già avvenuta e risulti irreversibile: ci
si riferisce in particolare, ma non solo, al ridotto successo riproduttivo di numerose specie. Non va
poi dimenticato che la siccità influenzerà anche la disponibilità trofica autunnale, incidendo
negativamente, per una carenza di cibo che si annuncia già drammatica, anche sulla prossima
migrazione degli uccelli coincidente con la stagione di caccia. L’invito dell’ISPRA è quindi chiaro:
in applicazione del comma 1, art. 19 della Legge 157/1992, laddove si dispone che “le Regioni
possano vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna
selvatica di cui all'articolo 18, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza
faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o
per malattie o altre calamità”
Le scriventi associazioni alla luce della drammatica situazione ambientale che si sta vivendo,
chiedono pertanto alla Regione Marche la sospensione della stagione venatoria 2022/2023 su
tutto il territorio regionale, subordinando eventuali aperture ad opportuni studi sulle
conseguenze degli eventi climatici in atto sulle consistenze e sui successi riproduttivi delle specie
oggetto di attività venatoria.
In particolare, si richiede urgentemente:
– Sospensione immediata di tutte le attività in atto di “controllo” dei cinghiali e degli altri
ungulati (caprioli, daini, cervi ecc…).
– Sospensione immediata dell’addestramento ed allenamento dei cani da caccia –
L’addestramento e l’allenamento dei cani comportano uno stress aggiuntivo per le
popolazioni di fauna stanziale, particolarmente nel caso dei Galliformi, dei Lagomorfi e
degli Ungulati e possono quindi indurre una mortalità non trascurabile.
– Sospensione della apertura anticipata della caccia a qualsiasi specie.
– Sospensione della Caccia da appostamento, sino a quando continuerà il deficit idrico si
ritiene opportuno venga previsto il divieto di caccia da appostamento, che potrebbe
determinare una concentrazione del prelievo in corrispondenza dei punti di abbeverata.
– Sospensione della caccia agli uccelli acquatici. La riduzione dell’estensione delle aree
umide con caratteristiche idonee ad ospitare l’avifauna acquatica dovrebbe indurre a
particolare cautela.
– Sospensione degli abbattimenti alle specie che sono già considerate in cattivo stato di
conservazione e/o che sono addirittura classificate come SPEC1, ovvero minacciate a
livello globale.
– Blocco dei ripopolamenti fino a data da destinarsi, per non sottrarre importanti risorse
trofiche alla fauna già presente.
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