Gioacchino Di Martino
La provocazione lanciata dal consigliere Pigini, circa l’illuminazione di quell’obbrobrio presente all’ingresso sud della città, oltre a strappare un melanconico sorriso porta a fare anche qualche riflessione meno ironica sul modo di amministrare la nostra città.
Dico subito che il mio pensiero non è in alcun modo influenzato da screzi o antipatie personali con alcuno dei componenti l’attuale amministrazione né tanto meno da volontà di acquisire consensi per una eventuale percorso di vita pubblica. Cerco semplicemente di esercitare al meglio la funzione propria del giornalista che è quella di divulgare temi interesse pubblico in un contesto dove c’è scarsità di informazione.
Ed è proprio questa scarsità di informazione che ha consentito alla provocazione lanciata dall’ing. Pigini di avere una risonanza assolutamente imprevedibile rispetto ad una realtà che, da anni ormai, fa parte del paesaggio cittadino. L’aver appreso, infatti, che da parte della Regione vi era stata una erogazione di ben 120.000 euro per illuminare l’edificio più detestato della città ha suscitato in tantissimi cittadini un moto di sdegno e fastidio simile ad uno scippo collettivo, effettuato nei confronti di noi cittadini. Sdegno acuito dalla precisazione che detto finanziamento era vincolato alla realizzazione dell’illuminazione e della pista ciclo pedonale. Si è cercato perciò quasi di giustificare questa operazione avendo certamente avvertito la contrarietà dell’opinione pubblica rispetto all’operazione. Giustificazione che però si è trasformata in un boomerang nel momento in cui, non resistendo ad una autoglorificazione, si è voluto aggiungere che molti dei finanziamenti ricevuti dalla città erano dovuti all’ottima rete di relazioni intessuta negli anni di permanenza al governo della città. Un autogol clamoroso che ha dato l’impressione di una Regione simile ad un bancomat dove si inserisce un progetto e, a secondo delle conoscenze, si ricevono i fondi. Forse la realtà è leggermente differente e meno casareccia. Forse il finanziamento era previsto da un progetto regionale più vasto di cui però l’amministrazione comunale si è ben guardata di citare. E questa omissione, che nasce dalla concezione personalistica della gestione della cosa pubblica, che ha creato questo cortocircuito tra il potere ed i sudditi che sudditi non vogliono più essere.
Invia un commento