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“Quando tutto sarà finito / torneremo a riveder le stelle” Vita quotidiana al tempo del Coronavirus

Fonte Internet

Fonte Internet

Di Raimondo Giustozzi

La canzone d’autore ha sempre rappresentato qualcosa di più che semplici canzonette. Nei diversi momenti della nostra storia nazionale ha avuto il merito di indicare, soprattutto ai giovani mete e traguardi da raggiungere. Rinascerò rinascerai di Roby Facchinetti, scritta di getto, nei giorni della tragedia che sta colpendo tutta l’Italia ma in particolar modo la Lombardia e Bergamo, città dove l’autore dei Pooh è nato e vive, entra nell’animo e commuove: “Rinascerò / Rinascerai / Quanto tutto sarà finito / Torneremo a riveder le stelle / / Rinascerò / Rinascerai / La tempesta che ci travolge / Ci piega ma non ci spezzerà // Siamo nati per combattere la sorte / Ma ogni volta abbiamo sempre vinto noi / Questi giorni cambieranno i nostri giorni / Ma stavolta impareremo un po’ di più // Rinascerò / Rinascerai // Rinascerò / Rinascerai / Abbracciati da cieli grandi / Torneremo a fidarci di Dio / / Ma al silenzio si respira un’aria nuova / Ma mi fa paura questa mia città / Siamo nati per.. // Rinascerò / Rinascerai // Rinascerò, rinascerai / Rinascerò, rinascerai / Rinascerò, rinascerai / Rinascerò, rinascerai / Rinascerò, rinascerai / Rinascerò, rinascerai”  Fonte: LyricFind,  Roby Facchinetti

 

https://www.youtube.com/watch?v=D5DhJS5hGWc

 

Non sono più giovane ma le canzoni dei Pooh hanno accompagnato la mia giovinezza e gli anni della mia maturità. Ho trascorso parte della mia vita, dai ventisette ai quarantasette anni, in Lombardia, meglio, come ho detto più volte, in quella fetta di territorio lombardo, delimitato a Nord dalle Prealpi Lombarde, a Sud dalla città di Milano, ad Ovest dal Seveso, ad Est dall’Adda, al centro il fiume Lambro. E’ la Brianza, che ha in Monza il proprio capoluogo di provincia.

In queste settimane di autentica tribolazione per tutti, di tristezza senza fine, seguo come tutti, i bollettini della Protezione Civile sull’andamento della pandemia in atto. Leggo il Cittadino di Monza e Brianza on line, che dà ogni giorno la mappa del contagio da Coronavirus nella provincia di Monza e Brianza, il Resto del Carlino per la Regione Marche. Sono in contatto con amici di Verano Brianza, Giussano e Lissone, attraverso la telefonia mobile e non. La Lombardia, mia patria di elezione per vent’anni e le Marche, mia terra d’origine, dove sono ritornato, sembra che siano appaiate da un medesimo destino. Secondo gli esperti saranno le ultime due regioni ad uscire dalla crisi sanitaria.

Nelle settimane passate, per qualche giorno, ho provato a tenere un diario sulla vita quotidiana al tempo del Coronavirus. L’ho lasciato perché ogni giorno era ed è uguale all’altro, anche se gli esperti rassicurano che siamo sulla strada giusta. Sarà così, intanto il numero dei morti tarda a diminuire. Voglio qui riportare parte dell’articolo che ho dedicato ai ricordi legati alla città di Bergamo.

“Non si possono dimenticare i camion militari che sfilano per le strade di Bergamo per portare fuori regione le bare dei defunti di ieri 18 marzo 2020, perché il forno crematorio della città non riesce a trattare più di venticinque salme al giorno. E’ una tristezza senza fine. Ti prende alla gola e non ti lascia più. Bergamo, Bèrghem in dialetto bergamasco, la casa sull’altura, in tedesco moderno heim è la casa, berg (celtico) è l’altura, è una delle città più operose della Lombardia. Vi abitano e lavorano persone che conosco e che si trovano, da operatori sanitari, in prima linea a fronteggiare l’epidemia. A loro va tutta la mia stima e la mia vicinanza. Sono tre medici, papà, figlia e figlio, i nuovi angeli dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo e del pronto soccorso dell’ospedale di Brescia”.

“Quando abitavo a Giussano e insegnavo nella Scuola Media di Verano Brianza, se c’era da accompagnare gli alunni in qualche gita di istruzione nelle città lombarde, mi proponevo sempre.  Non conoscevo  quasi nulla del territorio. Ricordo di una visita fatta a Bergamo Alta. Con la sua cinta muraria la trovavo simile a Macerata, anche se con più monumenti storici. Nella città bassa, assai diversa, più industriale e dinamica, venni invitato in un anno imprecisato, assieme ad un collega della mia stessa scuola, presso l’Istituto Tecnico Industriale Statale “Vittorio Emanuele II. Avevamo fatto partecipare i nostri alunni ad un concorso: “Il telegiornale a scuola”. La giuria del concorso aveva apprezzato il lavoro fatto e volle discutere con noi il prodotto realizzato”.

 

“Un altro viaggio di istruzione ci portò invece a Crespi d’Adda, frazione del comune di Capriate San Gervasio, in provincia di Bergamo, a visitare il villaggio operaio di Benigno Crespi, eletto il 5 dicembre 1995 a patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Utilizzammo le riprese e le interviste fatte in loco per il progetto ricordato sopra. Sempre nella stessa giornata visitammo, sulla strada del ritorno, il battello di Imbersago, sponda lombarda del fiume Adda e il ponte in ferro di Paderno D’Adda, nonché la meravigliosa pista ciclo pedonale che costeggia il fiume. Nel 1977 andai con un amico di Usmate a Fontanelle, presso la Comunità Giovanni XXIII per un convegno su don Milani a vent’anni dalla morte. Indimenticabile anche la visita fatta con la scuola al sito Italia in miniatura presso Capriate, sempre in provincia di Bergamo”.

 

“Purtroppo il corteo di camion militari che portano le bare da Bergamo verso alcune città dell’Emilia Romagna continua anche nel fine settimana. Il bollettino della protezione civile emanato il 21 marzo registra il più alto numero di decessi da quando è scoppiata l’epidemia: 739 morti in un giorno solo. Il numero complessivo dei decessi è tragico, 4.825. Non si riesce a vedere la fine di questo incubo. Leggero calo delle vittime (651) e dei contagi secondo il bollettino di domenica 22 marzo, ma è troppo poco per essere ottimisti. Sono solo 88 decessi in meno, il numero complessivo delle vittime è salito ad una cifra spaventosa: 5.476; i guariti dopo aver contratto il coronavirus sono 7.024, 952 in più di sabato 21 marzo. Spaventoso è il numero dei decessi nelle Marche”.

E’ un pezzo dei tre articoli dedicati alla vita quotidiana al tempo del Coronavirus, pubblicati sull’ultimo numero della Voce delle Marche, settimanale al quale collaboro. Ho voluto riportarne una parte anche per i lettori dello Specchio Magazine. In questi giorni di tristezza indicibile c’è chi non avverte la tragedia e dice cose a dir poco, insensate. Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, alcuni giorni fa diceva, che avrebbe chiuso le frontiere della regione, se le regioni del Nord, ancora alle prese con l’emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus, avessero aperto le fabbriche. Se fosse stato più accorto, avrebbe pensato anche ai tanti meridionali o di altre regioni del Centro Sud che, in tempi diversi da quelli che stiamo vivendo, andavano negli ospedali del Nord per farsi curare.

Vittorio Feltri, nel corso di una trasmissione televisiva, sentenziava: “Statistiche ISTAT. Reddito pro capite in Lombardia euro 37.258; reddito pro capite nel Mezzogiorno 19.000 euro. La superiorità dei settentrionali rispetto ai meridionali non è una mia opinione, ma un dato di fatto. Parlo di soldi e non di cervelli, ovviamente” (Vittorio Feltri). Sarebbe stato meglio che Vittorio Feltri non avesse mai detto una cosa del genere proprio in questo tempo; in un altro, forse, poteva anche dirlo, ma non tanto. Ci sono dei morti da rispettare. Il reddito superiore della Lombardia rispetto al Mezzogiorno non è forse dato anche da immigrati meridionali che negli anni sessanta si sono trasferiti a Milano, Bergamo, Brescia, Brianza e con il loro lavoro hanno contribuito a rendere più ricche le regioni del Nord? A Giussano, la cittadina dove ho abitato per vent’anni, sono arrivati alla fine degli anni cinquanta e per tutti gli anni sessanta, da Francica, paese in provincia di Vibo Valentia, quasi tremila persone per lavorare nelle fabbriche del mobile. A Verano Brianza, paese nel quale ho insegnato per diciotto anni, molti venivano da Zungri, altro centro di Vibo Valentia. Potrei parlare poi di Carate Brianza, di Bresso e di altri centri brianzoli dove gli immigrati del Centro Sud sono stati migliaia.

Forse, uomini e donne meridionali, che sono arrivati al Nord con i treni della speranza degli anni sessanta, sono morti o stanno morendo a causa del Coronavirus che sta imperversando in modo così tragico al Nord come nelle Marche. Fortunatamente Feltri non rappresenta il Nord, dove ho tanti amici che apprezzo e stimo, anche se negli ultimi anni della mia permanenza in terra lombarda, ho imparato a conoscere tanti che la pensavano come lui, sciovinisti e spocchiosi per non dire altro. Parlare di questo però mi porterebbe lontano. Ora non è proprio il caso.

Ci sono poi altre ragioni che hanno favorito il Nord, lo dice la storia. Basta leggere il saggio di Valerio Castronovo, Storia Economica d’Italia, dall’Ottocento ai giorni nostri, Piccola Biblioteca Einaudi, 1995. Tra l’altro, lo studioso torinese è venuto qualche anno fa a Civitanova Marche nell’ambito delle iniziative di Futura Festival. Lo ascoltai con interesse presso lo spiazzo che si apre sulle palazzine del Lido Cluana. Lo conoscevo già per aver frequentato corsi d’aggiornamento quando ero a Milano. Spero di fare una recensione del saggio per i lettori dello Specchio Magazine Vittorio Feltri non lo penso davvero. Lo conosce senz’altro. Sono Roby Facchinetti e S. D’Orazio con la loro musica e parole a cantare il Nord piegato ma non vinto, non Vittorio Feltri.

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