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Versus off. Chi è stato Sergio Endrigo, il ritratto di un poeta della canzone

manifesto

 

Da Helloword

Se n’è andato il poeta della canzone per antonomasia. Sergio Endrigo era l’anello di congiunzione fra la musica leggera e il mondo della letteratura e della cultura. Così l’ha ricordato l’8 settembre 2005, il giorno dopo la sua scomparsa, il critico Mario Luzzatto Fegiz sulle pagine del Corriere della sera. Un artista autentico, inquieto, geniale, malinconico e raffinato. Lontano dal mondo luccicante dello spettacolo, preferiva suonare e avere un rapporto diretto con il pubblico.
Nato nel 1933 a Pola, oggi Croazia allora Regno d’Italia, è presto orfano di padre, uno scalpellino con la passione per il canto lirico. Dopo il ’47 lascia la sua città natale per recarsi a Brindisi, al collegio per esuli. Ci resta due anni, poi raggiunge la madre a Venezia.
La madre lavora in una fabbrica di lucchetti. Il piccolo Sergio non dimenticherà mai l’odore del ferro che avevano le sue carezze. Per aiutarla inizia a lavorare anche lui. Come fattorino, ascensorista e tuttofare negli alberghi. Quando non lavora studia la chitarra, suonando in alcune orchestre locali. Debutta con quella di Riccardo Rauchi nel 1959.
L’inizio di una carriera intensa
L’anno successivo viene assunto come cantante dalla Ricordi. Il discografico Nanni lo invita a scrivere qualche brano: e così incide Bolle di sapone. Il successo arriva improvviso nel 1962 quando per la RCA pubblica il suo primo capolavoro: Io che amo solo te. Un brano che non invecchia e continua a emozionare. Portato di recente sul palco di X Factor in una bella esibizione di Elena Piacenti. Tante le cover: da Ornella Vanoni a Claudio Baglioni. Passando per Mina. Una canzone entrata nel patrimonio culturale italiano.

 

Ma come ricordava Fegiz, Endrigo è prima di tutto un poeta, che collabora con altri poeti. Come nel caso de Il soldato di Napoleone, tratto da un componimento di Pier Paolo Pasolini contenuto ne “La meglio gioventù”.
Nel 1970 pubblicherà invece l’album La vita amico è l’arte dell’incontro con Toquinho, Vinicius de Moraes e Giuseppe Ungaretti.

Endrigo si è dedicato anche alla musica per ragazzi. Interpretando brani famosissimi, come “Ci vuole un fiore”, cantata anche insieme alla figlia Claudia, tratta da una filastrocca di Gianni Rodari.
Ma torniamo indietro nel tempo. Nel ’64 esce il secondo album, Endrigo (titolo che ritornerà più volte nella sua discografia, generando qualche confusione). Il cantautore di Pola incide brani splendidi, come “Era d’estate”, “La Rosa bianca” e l’anno successivo un altro capolavoro: Te lo leggo negli occhi, omaggiato tra gli altri da Battiato e Gaber.

Il cinema e le esibizioni a Sanremo
Negli anni settanta interpreta il protagonista del film “Tutte le domeniche mattina” di Carlo Tuzii. Il regista gli aveva inizialmente chiesto se voleva comporre le musiche, ma Endrigo si era proposto come attore. Una passione così forte che per un certo periodo medita di abbandonare la musica per dedicarsi a tempo pieno.
In tv si vede quasi soltanto per le sue esibizioni a Sanremo, dal 1966 con Adesso sì, fino al 2005, quando sul palco dell’Ariston, nell’edizione condotta da Paolo Bonolis, compare per l’ultima volta. Vince nel ’68 con “Canzone per te”.
L’anno prima, Luigi Tenco si era tolto la vita, nella camera di un albergo, proprio a Sanremo. Sul foglio d’addio c’era scritto:
Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno.

La vittoria di Endrigo, in un certo senso, ha il gusto della rivincita di un poeta per un altro poeta.

Per approfondire
Oltre alla musica ti consigliamo di leggere il suo romanzo “Quanto mi dai se mi sparo?“, poco conosciuto. Per approfondire il suo lato privato, fondamentale è “Sergio Endrigo, mio padre” scritto dalla figlia Claudia.

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