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Macerata. Quando la storia è fatta dagli ignavi

Fonte Internet

Fonte Internet

di Antonio Caputo

Il 28 ottobre 1922 il re rifiutò di controfirmare lo stato d’assedio che avrebbe evitato la Marcia su Roma, consegnando di fatto il paese a Mussolini. Il re voleva evitare disordini, voleva evitare una guerra civile ma per eterogenesi dei fini  destinò l’Italia al fascismo e a quella guerra civile che voleva evitare. Anche oggi si vogliono evitare disordini e per farlo lo Stato deroga al suo compito fondamentale: quello di affermare quotidianamente la propria costituzione antifascista.

La storia appare come una serie di eventi determinati dalle “azioni delli uomini grandi”, come scrive Machiavelli nel Principe. E’ tuttavia evidente come molti tornanti della storia siano determinati dall’assenza di azioni. Nulla di nuovo sotto il sole, Antonio Gramsci scrisse chiaramente che “l’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera.” Allora appare evidente che privilegiare l’azione rispetto alla non azione per la ricostruzione degli eventi storici costituisca non solo un necessario metodo di ricerca per evitare futili elucubrazioni su improbabili eventi mai realizzatisi ma anche un modello morale che premia l’assunzione di responsabilità di ogni azione. Virgilio sbaglia quando dice a Dante di non ragionare degli ignavi, forse non resta fama di loro ma lasciano tracce profonde nella storia del mondo, eccome se ne lasciano.  Non è quindi futile immaginare che alla visione della storia fatta da grandi uomini faccia da contraltare, o potremmo dire da contrappasso, una visione della storia in cui il principale volano siano i piccoli uomini, gli ignavi.

«Mi creda, maestà, basterebbero quattro cannonate a farli scappare come lepri», con queste parole Luigi Facta, Primo Ministro già dimissionario, si rivolse a Vittorio Emanuele III di Savoia la mattina del 28 ottobre del 1922. Il re rifiutò di controfirmare lo stato d’assedio, approvato dal consiglio dei ministri all’alba del 28 ottobre. Seguirono la marcia su Roma, la consegna del governo a Mussolini e l’inizio della dittatura fascista. I motivi per cui il re si rifiutò controfirmare lo stato d’assedio sono molti e tutti oggetto di analisi storica. Il re voleva evitare disordini, temeva la reazione delle forze armate che simpatizzavano per il fascismo, probabilmente pensava che il movimento fascista gli sarebbe tornato utile per porre freno ai disordini del biennio rosso. Il re voleva evitare una guerra civile ma per eterogenesi dei fini consegnò l’Italia al fascismo e la destinò a quella guerra civile che voleva evitare. La storia italiana di quegli anni tra le tante cose ci ha insegnato che le guerre civili non si evitano, si rinviano. O si stronca sul nascere il rischio di una guerra civile o la guerra civile si rinvia ad altra data. O si costruiscono le basi della convivenza civile e se ne chiede costantemente il rispetto o le guerre civili covano nelle ceneri della storia. L’ignavia del re di allora dice qualcosa sull’ignavia di oggi? La storia ci dice cosa è successo nel passato ma a saperla leggere ci dice cosa può succedere nel futuro.

Dopo il raid terrorista e razzista a Macerata commesso da un folle che si richiama a movimenti fascisti, dichiaratamente xenofobi e chiaramente anticostituzionali e soprattutto dopo l’evidente giustificazione, quando non plauso, che tale folle ha ricevuto da più parti, c’è stata una massiccia mobilitazione popolare per una manifestazione antifascista e antirazzista. Una reazione fisiologica, si direbbe in un paese i cui valori fondanti sono l’antifascismo e l’antirazzismo. Invece le autorità, a diversi livelli istituzionali, hanno chiesto di non manifestare in nome di un incomprensibile appello al silenzio e all’ordine pubblico. In seguito alla evidente volontà di organizzare il corteo indipendentemente dall’autorizzazione, le autorità hanno tardivamente autorizzato la manifestazione ma questo ritardo apre più falle di quante ne chiuda.

Anche oggi si vogliono evitare disordini e per evitarli il detentore della forza, lo Stato, deroga al suo compito, quello di affermare quotidianamente i propri principi e di farli rispettare. Evita di schierarsi tra i diversi movimenti popolari mantenendo una inaccettabile equidistanza, se non a parole nei fatti. Si chiede che vengano sospese manifestazioni antirazziste e antifasciste anziché promuoverle, come se tra i principi fondanti di questo Stato non ci fossero antirazzismo e antifascismo.

Lo Stato ha il potere/dovere di affermare i suoi principi e valori. Sia chiaro, potere e dovere è un binomio inscindibile e rinunciare al dovere significa rinunciare al potere e il potere non ama i vuoti. Il potere è un sistema di vasi comunicanti, quando un vaso si svuota, il livello è assicurato dal passaggio di potere da altri vasi comunicanti. Se il tessuto sociale è un intricato sistema di vasi connessi allora non si dà vuoto di potere che non porti passaggio di potere che può avere effetti deleteri. È ciò che accade quando le autorità istituzionali perdono credibilità e fiducia. Le autorità di una data società non possono sottrarsi al dovere/potere di essere continuamente garanti dei princìpi costitutivi che stanno all’origine della loro stessa autorità, pena la sua perdita.

Vietare manifestazioni antifasciste dopo un attentato terroristico commesso richiamandosi alla matrice fascista significa mettere sullo stesso piano fascisti e antifascisti. È irrilevante che il fascismo di oggi sia una pantomima di quello storico. È irrilevante che il richiamo a quel periodo venga da chi a malapena sa quando e come si sono svolti i fatti di allora. Ciò che continua a contare oggi e sempre conterà è la ferma opposizione a ogni forma di autoritarismo nazionalista, di volontà di sopraffazione, di infondate dichiarazioni di superiorità.

La richiesta che si solleva dalla manifestazione di sabato scorso è che le istituzioni di questo paese si assumano la responsabilità di esercitare la forza, morale prima di quella materiale, per affermare la validità dei principi fondanti dello Stato, che siano all’altezza di questa grave responsabilità. L’ordine pubblico non è assenza di movimento ma il risultato dell’affermazione continua e quotidiana dei valori della civile e democratica convivenza. Senza questo l’ordine pubblico è la bonaccia che prepara la tempesta.

In capo alle responsabilità politiche del raid di Macerata non si tratta di chiamare in causa miracolati vari della politica da commedia all’italiana, le responsabilità, come dice Vauro, sono trasversali e a mio avviso vanno in ultima (o prima) analisi individuate nella mancata assunzione di responsabilità di chi è investito pro tempore delle responsabilità istituzionali, dal livello comunale a quello nazionale. Assunzione di responsabilità: questo è il grave compito che diventa sempre più urgente di fronte alla marea irrazionale che sta montando in questo paese. Questo chiede il corteo di sabato a Macerata. Che si dica chiaro e forte che le manifestazioni di antifascismo non hanno la stessa valenza di quelle fasciste e questo non vale solo per i cortei nelle strade ma per qualunque manifestazione del pensiero. Abbiamo fatto l’abitudine a qualunque rovesciamento semantico, ci si appella alla libertà di pensiero e espressione per professare opinioni che negano libertà di pensiero e espressione! No, non tutte le opinioni sono uguali, alcune sono concime per il crimine e vanno fermate all’origine.

È tempo che lo Stato affermi i suoi principi. Non è tempo per l’ignavia. È  tempo che i cittadini sensibili ai valori democratici pretendano dalle autorità di questo paese di essere all’altezza della sua Costituzione e lo hanno fatto con la partecipata manifestazione di sabato scorso a Macerata. È tempo di riaffermare la forza del diritto perseguendo i reati e chi ne fa apologia. Senza questo nessun discorso di ordine pubblico e di civile convivenza è credibile. Ma non basta la cura, servono i vaccini e il vaccino è il recupero della dignità della politica, della credibilità delle istituzioni e il mantenimento delle promesse della democrazia.

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