Giulio Marcon
“Somigli a George Clooney”. È questo il più bel complimento (rivoltogli dalla moglie) che Diego Piacentini, ex Vice Presidente di Amazon, dice (l’ha detto a una intervista a LA7) di avere mai ricevuto, ancora di più di quello rivoltogli da Renzi come mecenate del nostro paese.
Con generosità il mecenate Piacentini ha rinunciato a due anni di stipendio di Amazon per dedicarsi gratuitamente al lavoro di commissario straordinario per l’Agenda Digitale. La struttura che sostiene il lavoro di Piacentini riceverà una trentina di milioni di euro nei prossimi due anni, non proprio bruscolini.
Piacentini è azionista di Amazon: ne ha ben 84mila di azioni (per un valore di 64 milioni di dollari). Lo ha detto lui stesso a Repubblica lo scorso 30 settembre. “Sono il secondo dipendente con più azioni”.
Quindi dagli eventuali benefici che Amazon riceverà dal suo operato di mecenate commissario o dal governo Renzi che Piacentini si onora di servire, ne potrebbe trarre beneficio -anche indirettamente- l’azionista commissario. Per esempio -l’ha denunciato il presidente della commissione bilancio della Camera Francesco Boccia sulle colonne di Huffington- Amazon ha le mani in pasta nella gestione del bonus ai giovani dei 500 euro per la cultura. Amazon lo fa gratis (ma sono tutti mecenati questi di Amazon?) o ci guadagna qualcosa? E comunque Amazon incamera così anche preziose informazioni sensibili (dal grande valore commerciale) che riguardano i nostri giovani.
Che Piacentini sia azionista di Amazon “non è un problema”, ha detto ieri sera Matteo Renzi al programma “Faccia a faccia” di Giovanni Minoli: “Si sa che i manager vengono pagati con le stock options”. Ma è normale (è un’ipotesi) che il mecenate-azionista George possa guadagnarci grazie all’operato, anche inconsapevole (naturalmente), del mecenate-commissario Clooney o del governo con cui collabora?
Non è questo conflitto di interessi? Se Piacentini ci aiuta a capire o smentisce, ne saremmo felici. Sempre Francesco Boccia, a proposito del conflitto di interessi di Piacentini, ha ricordato sull’Huffington Post: “Piacentini conoscerà tutti i retroscena della Pa digitale italiana e le scelte del governo in materia. Conoscerà i dettagli del mercato e dei concorrenti nazionali di Amazon in Italia e le stesse strategie fiscali che stiamo concordando in Europa, solo per fare alcuni esempi”. Piacentini, dopo questi due anni di mecenatismo, tornerà a lavorare con Amazon?
E poi c’è un piccolo (si fa per dire) particolare. Amazon è al centro di accuse di elusione fiscale. Pochi mesi fa la procura di Milano ha prima indagato e accusato Apple e Google e poi ha messo sotto torchio, con il procuratore Francesco Greco, Amazon. Valeva la pena affidarsi per il ruolo di Commissario dell’Italia digitale a un manager, la cui azienda è al centro di queste vicende?
Infine. Un anno fa Renzi ha detto alla trasmissione della Gruber (era il 14 settembre 2015): “Non c’è dubbio che i grandi player dell’economia digitale hanno un sistema per cui non pagano le tasse nei luoghi dove fanno business. Abbiamo aspettato per due anni la legge europea, facciamo gli ultimi sei mesi attendendo un provvedimento, ma dal 2017 – e già da questa legge di stabilità – immaginiamo una “digital tax” che vada a colpire con meccanismi diversi da quelli immaginati nel passato nei luoghi dove vengono fatte le transazioni. Un principio di giustizia. Non arriveranno a cifre spaventose, non basteranno a risollevare l’economia del paese, ma sarà legge in Italia dal 1° gennaio 2017″
Secondo voi, questa legge è arrivata o entrerà in vigore tra meno di due mesi? No, però è arrivato il (già) vice presidente di Amazon.
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