di Gioacchino Di Martino
E’ probabile che mai più amaro fu il day after di una festa provinciale dell’Unità come quello di oggi, per gli organizzatori di quella del maceratese.
Infatti nella giornata di ieri, nel mentre concludevano le autocelebrazioni nella kermesse di Porto Potenza Picena, la loro candidata alla presidenza della Provincia veniva tranquillamente impallinata dai suoi stessi compagni di viaggio che, a sorpresa (?), contravvenendo alle indicazioni del partito sceglievano di votare per l’uscente presidente, etichettato da molti come espressione di una stagione politica ormai chiusa.
Ed invece, a leggere i risultati del voto, si ha la sensazione che tanti amministratori, che ruotano intorno alla galassia di centro sinistra, o per meglio dire ne costituiscono il nucleo centrale, quella stagione politica non la considerano affatto conclusa. E questo ad onta di ogni proclama di coloro che ormai si dimostrano, ogni giorno di più, generali senza esercito. E per dimostrarlo non hanno esitato ad infliggere al partito una sconfitta che, in termini di immagine, brucia più di una sconfitta con elettori comuni.
Già perché quelle svoltesi ieri erano elezioni riservate ai soli addetti ai lavori, vale a dire i consiglieri comunali che, con il meccanismo dei voti ponderati, dovevano scegliere il nuovo presidente della Provincia.
Però, per riuscire ad analizzare correttamente ciò che è avvenuto nella giornata di ieri, bisognerebbe innanzi sapere se gli amministratori della sinistra hanno seguito un novello Spartaco o se hanno deciso di esprimere, in piena libertà personale, un voto di protesta nei confronti di chi ormai non viene più ritenuto capace di guidare un partito e la cui identità non viene più chiaramente percepita.
Non è una differenza da nulla ma è comunque una differenza che, pur facendo differenza, non altera il risultato finale.
Nel primo caso ci troveremmo di fronte ad un partito al cui interno albergano amministratori eletti sotto le insegne di un partito, di cui ne hanno condiviso principi e programmi ma che alla fine decidono di non condividerne il cambiamento proposto, preferendo concedere la loro fiducia a chi rappresenta, se non il passato, una continuità conosciuta e sperimentata. Rinnegando di fatto la famosa rottamazione pilastro del new deal leopoldiano.
Nel secondo caso ci troveremmo, invece, di fronte ad amministratori, militanti di un partito del quale non condividono più la gestione ed i gestori e, pur di smuovere qualcosa, decidono stoicamente di infliggergli una sonora sconfitta, più mediatica che sostanziale, data l’utilità residua propria dell’ente Provincia.
Il risultato finale, come detto, è lo stesso. La Ditta, di bersaniano lessico, non c’è più o per lo meno è in coma.
Una Ditta è tale e rimane tale se riesce a realizzare un prodotto e riesce a trovare un mercato per quel prodotto. Nel caso specifico se riesce ad esprimere una politica. Ma quale politica è stata espressa negli ultimi anni da coloro che hanno organizzato il festival a Porto Potenza Picena?
E un interrogativo al quale queste riflessioni non sanno e non pretendono di dare una risposta. Per semplicità rimandano al pollaio di casa, ricordando che non basta la candidatura di una persona per bene per supplire alla ragione sociale della Ditta, occorre sempre e soprattutto il prodotto!
Gioacchino Di Martino
Porto Recanati 29 agosto 2016
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