… Un passato duro, marcato dagli anni di prigionia trascorsi nei lager tedeschi, a lavorare dodici, quindici ore al giorno, una pagnotta di pane da spartire in sette, la morte a fianco minuto su minuto. E una passione sfrenata per la musica. Le corde della sua chitarra, Bruno ha cominciato a pizzicarle da ragazzino, senza nessuno che potesse, al Porto, soddisfare la sua voglia di imparare. Lo sentono suonare la prima volta nell’orchestra di Giovanni Rampioni che si esibiva negli anni del dopoguerra nei locali dove la gente cercava di dimenticare: il Giardino Verde, Il Caminito, Il Canneto. Roba in famiglia, compensi da 50 a 100 lire a serata per combattere la disoccupazione e la fame. E la passione che non muore. Va a scuola di contrabbasso in Ancona, di teoria della musica dalla signora Romagnoli (al Porto), di chitarra ai corsi diretti da Abner Rossi presso la Eko di Recanati. Arrivano gli allievi, anni ’60, i primi di una schiera che comprenderà tutti quelli che oggi a Porto Recanati sanno fare qualche cosa con un plettro. Nel ’67 l’onore della Tv (cronache italiane) con i cinque componenti dei Rangers. Per altri 25 anni successi a ripetizione in tutta Italia, da Ancona a Bardolino sul Garda, da Pescara a Urbino, i suoi ragazzi conquistano una serie impressionante di podi… A giudicare della bontà della scuola di Bruno, gente cui è difficile rifilare il bidone: Franco Cerri e Mario Gangi, per esempio, mica nessuno. Soddisfazioni, certo, specie quando i ragazzini riescono, vanno al Conservatorio, magari entrano, come qualcuno di loro, nell’orchestra filarmonica marchigiana. Senza nascondersi il rammarico, è pure successo, di rendersi conto con un po’ di ritardo delle capacità del moccioso apparentemente svogliato. Quanti, al Porto, sanno queste cose? Pochi, ma non importa. A Bruno resta il merito, grande, di aver trasmesso l’entusiasmo, la voglia di cimentarsi con la chitarra. Si dà quel che si ha e quando l’età incombe, “m’accompagno da me”, dice lui. Perché la passione continua.
(l. p. – Corriere Adriatico del 17 febbraio 1994)
A distanza di ventidue anni dalla pubblicazione di questo pezzo (Bruno era ancora in vita) sento il dovere di correggere un passaggio: lì dove ho scritto: Quanti al Porto sanno queste cose? Pochi, ma non importa, vorrei invece aver scritto: Pochi, e non è cosa che ci faccia onore perché i veri Maestri bisogna tenerseli cari.
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