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La graphic novel in mostra a Recanati il 15 Gennaio 2016 presso il Circolo Lettura e Conversazione

La graphic novel in mostra a Recanati il 15 Gennaio 2016 presso il Circolo Lettura e Conversazione

Nelle storie disegnate l’arte si esprime oltre le categorie della creatività

di MARCELLO JORI

L'Angelo Nero

L’Angelo Nero

È sempre stato un imbarazzante problema quello del fumetto e dell’illustrazione. Solita storia delle arti maggiori e minori, di massa e di élite. Problemi antichi ormai, limiti tracciati da umani limitati.

Viva la saliera di Benvenuto Cellini, il primo mini-monumento al design! Mi incanta quanto il David di Michelangelo. Guai se non ci fossero tutti e due! E i libri miniati delle ore dei fratelli Limbourg, mi piacciono più di certe decantate pale d’altare ad olio!

L’arte è soltanto una, anche quando va a rintanarsi nel piccolissimo, nel povero o qualche volta addirittura nel brutto! I mezzi espressivi per contenerla sono tanti. Casse armoniche che fanno rimbalzare il talento in maniera differente. Il problema non sta nel mezzo contenitore, ma nell’artista che decide di farne la sua navicella orbitante. Ogni tanto penso a giganti come Gustav Doré, incisore inarrivabile, pittore superdotato, scultore, scenografo, campione mondiale dell’arte su carta stampata, parcheggiato per decenni nell’anticamera della cultura di serie A solo perché faceva l’illustratore. Lui che ha influenzato la pittura di van Gogh, il fumetto francese degli Umanoidi Associati e di conseguenza la stagione più fortunata del cinema americano di fantascienza di fine novecento. Non sarà meglio metterlo fra i geni della modernità? Penso anche a Lionel Feininger, forse più geniale nel suo fumetto che nella sua pittura targata Bauhaus. Gli artisti che toccano il fumetto rischiano grosso. Un esempio per tutti: Buzzati.

La specie degli umani è spesso sciocca, ignorante e cieca. Quando deve nominare l’arte su carta stampata, cosiddetta di massa o di nicchia che sia, la offende. Cosa vuol dire fumetto? Una comunicazione da riserva indiana? Un gas di scarico dell’intelligenza? E graphic novel? Peggio che peggio! Mi ha sempre irritato questo modo di schedare certi capolavori. Si dice che questa nuova definizione abbia dato maggiore dignità letteraria al mezzo. Ma che stupidaggine. La dignità di capolavoro l’opera se la conquista da sola, senza bisogno di targhe! Lo dimostra Hugo Pratt che con le sue magie liquide e i suoi fendenti a china nera sapeva incantare le intelligenze di mezzo mondo e non si capiva perché. Ma sono fumetti, si diceva. Poi sono arrivati genietti del «Bene» come Oreste del «Buono» e rabdomanti dell’intelligenza come Umberto Eco che hanno indicato il tesoro con un chiaro segnale di fuoco. Eco definisce Pratt narratore verbo visivo. Non sarà molto poetico ma fa sognare!

Ricordo ancora quando infilai la testa nella Ballata del mare salato e cominciai subito a sentirmi dolcemente male. Lo stesso struggimento che provavo, quando da bambino guardavo nei libri le riproduzioni dei quadri di Paul Klee. Erano le diverse gradazioni di un doloroso piacere. Quel commovente, invadente dolore dice che lì dentro abita la grande arte. Quando stai così, vuol dire che c’è! Ma l’opera disegnata e scritta su carta che mi fece stare più male di tutte per il piacere, fu assolutamente quella di Buzzati: Poema a fumetti. Per me è quello il big bang del romanzo verbo-visivo. La sua scrittura disegnata chiede un nuovo lettore vedente. Il suo è un canto di coraggio eroico a cui affida il testamento del suo genio! Lui, che come scrittore si era guadagnato un consenso inattaccabile, mette a rischio tutto per un pasticcio inclassificabile! Con quei disegni così impacciati da meritare un posto d’onore nel miglior surrealismo. Ma peggio del peggio, li ha chiamati fumetti creando sconcerto perfino nel suo indistruttibile amico Indro Montanelli! Il povero Buzzati pitto-disegnatore era andato a lamentarsi da Picasso che gli aveva risposto: «Guarda me, che sono Picasso! Quando scrivo poesie nessuno mi prende sul serio. Rassegnati, Dino, non puoi sconfinare dal tuo recinto!».

Oggi per fortuna non è più così. Oggi sconfinare nell’arte è l’attualità. Oggi fare gli acrobati saltando dalla fotografia alla pittura, al cinema alla scrittura, al design, si può. Oggi, se un artista vuole, può fare il direttore d’orchestra della creatività. Purché lo sappia fare da professionista. Dopo che la «pop» si è rubata i fumetti per farne arte da museo, e che le arti maggiori e minori si sono accoppiate producendo mutanti, appare piuttosto antico cercare ancora di misurare la temperatura artistica dei generi e dei mezzi espressivi. E allora, tornando al romanzo disegnato, non avremo alcuna riserva ad accettarlo nelle file dell’arte e basta. Purché al comando del mezzo ci sia un artista.

Tutto comincia nelle tombe degli egizi: lì sotto, per la prima volta alla pari, parole e immagini decidono di mettersi insieme per raccontare la vita sognata. E continua nei preziosi rotoli dell’antica Cina, dove la scrittura aiuta la pittura a raccontare quello che da sola non saprebbe dire. E poi arriva William Blake che riesce a dipingere la scrittura e a scrivere la pittura al punto che una senza l’altra non può più esistere. Qualche volta, un artista che sa scrivere e disegnare può valere il doppio, non la metà!

Il mio fiammante amico Andrea Pazienza ad esempio era un artista così. Lui già stava facendo quella cosa che oggi per semplificare chiamano graphic novel. Anche noi, sperimentatori sentimentali dei generi che abbiamo fondato Valvoline, io con Igort, Carpinteri, Brolli, Mattotti, la stavamo facendo, e anche amici narratori geniali come Art Spiegelman che avrebbe inventato Maus la stavano facendo in America, e altri in Francia. Oggi nuovi talenti la stanno facendo in tutto il mondo, ma sono in pochi a potersene vantare, perché già è rarissimo un artista mono, figuriamoci uno stereo! In altre parole non è facile riuscire ad essere due artisti in uno. E se posso permettermi una raccomandazione: attenzione, narratori verbo visivi che provate a fare di parole e disegni un corpo solo, perché per voi il confine fra arte e mestiere è sottile e scivoloso!

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