di Paola Regina
Caporalato, omicidio colposo, sfruttamento, omissione di soccorso, ma anche tortura: Satnam Singh, 31 anni, dall’India, è morto dopo avere perso il braccio in un incidente sul lavoro avvenuto in un’azienda agricola di Latina e dopo essere stato abbandonato lungo la strada dal datore di lavoro. Qui l’analisi di Paola Regina, avvocata internazionalista esperta di diritti umani.
Una vicenda drammatica che forse rimanda ai periodi più bui della storia, antecedenti all’epoca dei lumi.
In primis, balza all’attenzione pubblica come un pugno nello stomaco, la tortura efferata nei confronti di un essere umano, che per la sua condizione di lavoratore bracciante, smette di essere “un uomo” e viene sottoposto ad una delle torture più feroci che esistano.
Chiunque abbia assistito alla amputazione di un arto in ospedale (in sale operatorie sterili e con medici esperti) sa bene che neanche ampie dosi di morfina riescono a bloccare il dolore lancinante e dilaniante.
Nel 2024, in Italia, è inimmaginabile una tortura tanto feroce, che ha condotto Satnam Singh alla morte, una morte liberatrice da questo dolore atroce e disumano, inferto con crudeltà inaudita.
Dunque, trattamenti inumani e degradanti, tortura, omissione di soccorso e approfittamento dello stato di bisogno del lavoratore, vittima di plurime violazioni dei diritti umani.
Il carattere di universalità dei diritti umani, voluta ed affermata con forza, dopo gli orrori della seconda guerra mondiale e dell’olocausto, continua a subire colpi e distinguo, sulla base dell’origine, del luogo di nascita, del colore della pelle, dell’etnia e soprattutto della condizione economica delle vittime, in contrasto con il divieto di discriminazione, sancito all’art. 3 della Costituzione italiana.
La Costituzione italiana ricorda, all’art. 1, che la nostra Repubblica è fondata sul lavoro. La dignità della persona, alla base della costruzione della nostra civiltà democratica, risiede nel lavoro. L’identità della persona si disegna e si misura nel lavoro.
L’ottima legge 199 del 2016 di contrasto al caporalato ha previsto:
la riscrittura del reato di caporalato, con l’introduzione della sanzionabilità anche del datore di lavoro;
l’applicazione di un’attenuante in caso di collaborazione con le autorità;
l’arresto obbligatorio in flagranza di reato;
il rafforzamento dell’istituto della confisca;
l’adozione di misure cautelari relative all’azienda agricola in cui è commesso il reato;
l’estensione alle persone giuridiche della responsabilità per il reato di caporalato;
l’estensione alle vittime del caporalato delle provvidenze del Fondo antitratta;
il potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, in funzione di strumento di controllo e prevenzione del lavoro nero in agricoltura;
il graduale riallineamento delle retribuzioni nel settore agricolo.
La fattispecie di reato di caporalato disegnata dall’art. 603-bis del codice penale risulta completa.
Tuttavia, come si viene a conoscenza del reato di caporalato?
Come abbiamo visto in tutte le realtà più critiche è molto difficile che i cittadini sporgano denuncia, perché subiscono spesso anch’essi minacce da parte della criminalità organizzata.
Dopo l’entrata in vigore della legge 199 del 2016, i funzionari pubblici o le autorità giudiziarie, che, nel corso degli interrogatori, abbiano accertato o sospettato la sussistenza del reato di caporalato, hanno avviato la procedura di denuncia innanzi alle autorità competenti.
Continuano a verificarsi, tuttavia, episodi di inaudita gravità, quindi ci chiediamo se si possa fare di più, a livello di prevenzione.
Certamente la previsione di controlli obbligatori periodici da parte degli Ispettorati del lavoro potrebbe contribuire ad eseguire la legge, conferendole effettività e realizzando allo stesso tempo, un’opera di preventiva lotta al crimine.
Infine, la Procura ove sono stati avviati i procedimenti penali per i reati di caporalato, omicidio colposo e omissione di soccorso potrà accettare anche l’eventuale sussistenza del reato di tortura e delle altre violazioni dei diritti umani fondamentali, tutelati dalla Costituzione italiana, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
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