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Il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro Claudio Signorile ricorda e racconta

Mandrelli, Signorile, Sciapichetti, Caporalettidi Raimondo Giustozzi e Aldo Caporaletti

Pomeriggio di sabato 24 maggio 2025, intorno alle ore diciotto, come da programma, tutto è pronto al ristorante Il Veneziano, per l’incontro con Claudio Signorile, giunto a Civitanova Marche in modo un po’ avventuroso. Bloccato venerdì 23 maggio in Lombardia per lo sciopero dei trasporti, nella mattinata di sabato 24 maggio riesce a prendere un volo da Milano per Roma. Qui è ad attenderlo l’avvocato Bruno Mandrelli, partito da Macerata con la propria macchina, per portarlo a Civitanova Marche. L’amicizia è capace di fare le cose più belle. Tutto avviene nel giro di poche ore. Verso le 17.00, dopo una breve sosta nell’amata Macerata, i due sono a Civitanova Marche.

Mirco Ciavattini, proprietario del ristorante Il Veneziano, coadiuvato dal proprio personale, distribuisce le sedie, sistemate su un lato a ferro di cavallo, con in testa il tavolo dei relatori: Bruno Mandrelli, Claudio Signorile, Angelo Sciapichetti e Aldo Caporaletti, promotore culturale e curatore dell’evento. Tutti gli altri convenuti all’incontro, numerosi, oltre le attese, con la giornata di sole, alcuni si sistemano ai lati, altri nelle sedie degli altri tavoli posti a scacchiera nella sala.

L’occasione dell’incontro è data dalla presentazione del libro: Tra politica e storia. Il caso Moro, di Claudio Signorile e Simona Colarizi, editore Baldini Castoldi, Milano. Il saggio è la ricostruzione, precisa e dettagliata, di tutti gli anni Settanta del secolo scorso. La narrazione è fluida e avvincente, affidata alternativamente ai due autori. L’impianto del dialogo tra i due coautori è il fil rouge che lega tutto il libro. L’attenzione degli studiosi, prima dell’uscita di questo saggio, ha portato a concentrare tutte le analisi sul cosiddetto “Caso Moro”, cioè a circoscrivere l’impegno investigativo soltanto ai 55 giorni di prigionia del leader democristiano, conclusi con la sua uccisione, lasciando in ombra una riflessione generale sul periodo storico nel suo complesso (Claudio Signorile, Simona Colarizi, Tra politica e storia. Il caso Moro, pp. 11 – 12, Baldini Castoldi, aprile 2024, Milano).

Nell’introduzione dell’evento, Aldo Caporaletti, coordinatore dell’incontro, ha precisato: “Claudio Signorile è stato testimone autorevole della vicenda più tragica della storia della Repubblica, dei 55 giorni della prigionia e dell’uccisione di Aldo Moro, che sconvolsero la vita politica del nostro Paese. Di fronte alla “linea della fermezza” intrapresa dalla DC e dal PCI, si fece promotore, per conto del PSI, di una trattativa con le Brigate Rosse che consentisse di liberare Moro. Ancora oggi, l’allora vicesegretario PSI, s’interroga sul perché lo statista fu assassinato, mentre la sua proposta approdava alla Direzione DC”. Nel prosieguo del proprio intervento, il curatore dell’incontro ha aggiunto anche: “E’ la seconda volta che nell’impegno di promotore culturale ho la possibilità di occuparmi di Aldo Moro, del sequestro e dell’uccisione da parte delle Brigate Rosse. Ricordo il convegno del 2008, nel 30° della morte, promosso per il neonato PD, con le relazioni di Giovanni Galloni, Adriano Ciaffi e dello storico Angelo Ventrone. Galloni, uomo vicino a Moro, raccontò di un incontro dello statista con Henry Kissinger, in cui il segretario di stato gli disse brutalmente: “Se non la smetti col progetto di portare il PCI nel governo dell’Italia, farai una brutta fine”.

Due dei tre capitoli del libro sono dedicati all’analisi approfondita degli anni Sessanta – Settanta del Novecento. Il terzo capitolo, riservato al sequestro di Aldo Moro, non si interroga sugli autori dell’assassinio (le Brigate Rosse), ma tenta di rispondere alla domanda: “Perché è stato ucciso Aldo Moro? Chi voleva che il leader della Democrazia Cristiana ed il suo progetto politico (Compromesso Storico) fossero eliminati? In quale contesto storico-politico nazionale ed internazionale sono avvenuti il sequestro e l’uccisione del presidente della DC, Aldo Moro? Cosa accadde durante i 55 lunghi giorni di prigionia di Moro, quali linee si confrontarono e da chi la proposta di una trattativa avanzata dal PSI fu ostacolata? Claudio Signorile ha risposto a queste ultime due domande, dialogando con i correlatori, Bruno Mandrelli e Angelo Sciapichetti.

L’agguato di via Fani (16 marzo 1978), l’eliminazione della scorta, il sequestro di Aldo Moro, il suo corpo crivellato di colpi d’arma da fuoco, nascosto nel bagagliaio di una Renault rossa abbandonata nel centro di Roma (9 maggio 1978) non sono riducibili ad una mera questione di criminalità. I brigatisti rossi, attori materiali del delitto, furono dei criminali e come tali sono stati condannati dalla storia. Il delitto fu politico, riconducibile alla mancanza di una forte iniziativa capace di portare il problema su un piano umanitario. La liberazione del prigioniero era possibile. Occorreva però fare presto. I comunicati delle Brigate Rosse si susseguivano. Tutto lasciava capire che al loro interno c’era una spaccatura. Non tutti i brigatisti erano d’accordo per l’uccisione di Aldo Moro. Occorreva però trovare il grimaldello adatto per intervenire. I giorni passavano inesorabili, senza che ci fosse nulla di nuovo. La vita dello statista democristiano era appesa ad un filo. Prendeva così corpo l’iniziativa umanitaria del Partito Socialista. La trattativa con le Brigate Rosse per liberare Aldo Moro, in cambio di brigatisti in carcere, sarebbe avvenuta dopo questa prima fase.

L’Italia, sconfitta nella seconda guerra mondiale, era uno stato a sovranità limitata, oggetto di attenzione di tutti i servizi segreti, degli USA, dell’URSS, della Gran Bretagna. Dopo il boom economico di fine anni Cinquanta e Sessanta, il Paese nel corso di tutti gli anni Settanta del Novecento inanella uno sull’altro problemi di non poco conto: attentato alla Banca dell’Agricoltura, piazza Fontana a Milano (1969), che inaugurava la terribile stagione dello stragismo fascista, destinata, come quella del terrorismo rosso, a durare ben oltre l’assassino di Aldo Moro.  Fu proprio in quegli anni che venne coniata l’espressione “Strategia della tensione”, o “degli opposti estremismi”, destra e sinistra extraparlamentare unite nella distruzione dello Stato di diritto. Servizi deviati si infiltravano per scopi occulti, coprendo attentati di chiara marca fascista. Nella primavera – estate del 1974 due altri attentati, ambedue di matrice neofascista, quello a piazza della Loggia, a Brescia (28 maggio 1974) e al treno Italicus (3, 4 agosto 1974) nella galleria San Benedetto Val di Sambro, portavano la situazione ad un punto di non ritorno.

Su tutto il quadro sociale, politico, culturale di questi anni, rimando alla recensione del libro, al quale Claudio Signorile ha fatto riferimento continuo nel proprio intervento, soffermandosi in particolare ai viaggi compiuti negli USA per organizzare incontri con gli accademici universitari; più significativi furono i faccia a faccia con i responsabili operativi sugli affari italiani, osservati e discussi in ogni santuario della politica americana: Dipartimento di Stato, Pentagono, Cia, ma anche Senato e Camera. Chiedeva e otteneva di farlo incontrare con gli esponenti del sindacato AFL- CIO, da sempre in dialogo coi socialisti europei e italiani (Ibidem, pag. 122, op.cit.).  Libri | Claudio Signorile, Simona Colarizi Tra politica e storia, il caso Moro | LO SPECCHIO Magazine

Parlando proprio di tutti gli anni Settanta, l’ex vicesegretario socialista ha spiegato come vigeva in tutte le forze politiche, che erano al governo, una clausola di dissolvenza. Ognuno era impegnato a dire bugie. Chi non faceva nulla, metteva l’altro nella condizione di non fare nulla a sua volta. Eppure si incontravano al mercoledì pomeriggio di ogni settimana nello studio di Aldo Moro: Ferrari Aggradi (DC), Napolitano (PCI), Signorile (PSI) per preparare l’agenda del Governo. Durante i 55 giorni del sequestro di Aldo Moro, su iniziativa del PSI, che spingeva per un atto umanitario di clemenza in favore dello statista, si costruì una unità di crisi. Si doveva trovare il punto di rottura delle Brigate Rosse. Su questa strategia da perseguire erano d’accordo i giuristi Giuliano Vassalli e Francesco Bonifacio ed alte cariche dello Stato. Erano stati presi contatti con Franco Piperno, per arrivare alla Brigate Rosse. L’iniziativa umanitaria socialista approdava alla Direzione della DC che si sarebbe riunita la mattina del 9 maggio, a sentenza già avvenuta ad opera delle Brigate Rosse. Molte altre verità sono state conosciute diversi anni dopo la tragedia: l’addestramento militare dei brigatisti nei boschi della Germania, della Slovacchia e del Mali. Tutto questo però non mette la parola fine alla domanda di fondo: Perché venne ucciso Aldo Moro?

Bruno Mandrelli e Angelo Sciapichetti hanno condiviso l’analisi storica, politica, sociale e culturale che attraversa il saggio di Claudio Signorile e Simona Colarizi, “docente emerita di Storia Contemporanea all’Università di Roma – La Sapienza, con una carriera accademica iniziata all’Università di Camerino (dove è stata anche Preside della Facoltà di Giurisprudenza), esattamente un anno fa (24 maggio 2024) a Civitanova Marche, relatrice in un incontro in onore del deputato socialista Giacomo Matteotti, nel Centenario del rapimento e dell’assassinio ad opera del regime fascista” (Aldo Caporaletti, introduzione). Ambedue i correlatori hanno ricordato quegli anni, durante i quali erano più giovani. Angelo Sciapichetti, studente in una scuola superiore, aveva appena quindici anni all’epoca del caso Moro, Bruno Mandrelli aveva qualche anno in più.

Il pomeriggio al ristorante Il Veneziano ha fatto incontrare casualmente a Civitanova Marche Claudio Signorile con Pio Marconi, docente emerito di Sociologia del Diritto all’Università di Roma – La Sapienza, già membro laico del CSM. I due sono nella foto scattata dallo scrivente (Raimondo Giustozzi). Non era ancora iniziato l’incontro, erano all’esterno del Veneziano. Tutti i presenti in sala hanno seguito con attenzione, sino alla conclusione, la relazione di Claudio Signorile e il dialogo ricco di spunti interessanti con i due correlatori. Hanno ripensato in cuor loro all’episodio indagato e agli anni descritti nel libro, per altro acquistato, da chi voleva, al termine dell’incontro, considerato il valore storico-politico dell’opera, nel ricordo della presentazione.

Il pomeriggio al ristorante Il Veneziano, proprietà di Mirco Ciavattini, è trascorso all’insegna della memoria condivisa. Da rimarcare il ruolo avuto dall’avvocato Bruno Mandrelli nel cuore della realizzazione dell’incontro. Altri eventi di altrettanto spessore storico-politico sono previsti, con illustri protagonisti, nei prossimi mesi nello stesso locale civitanovese, non resta che attendere.

 

Note biografiche

 

CLAUDIO SIGNORILE

Laureato in Lettere Moderne con una tesi su Antonio Gramsci socialista. Docente di Storia Moderna nelle Università di Roma e Sassari e di Storia Contemporanea all’Università di Lecce. Parlamentare per sei legislature, dal 1972 al 1994, esponente della “sinistra socialista”, erede politico di Riccardo Lombardi. Nel 1976, protagonista della “svolta del Midas”, al quarantesimo congresso del PSI. Vicesegretario del partito, a cui si era avvicinato da giovane ispirato da Rocco Scotellaro, dal 1978 al 1981. In tale ruolo, incaricato di seguire gli sviluppi del “sequestro Moro”. Ricordo la sua presenza a Civitanova, con un comizio al Teatro “G. Rossini”, introdotto da Bruno Mandrelli, nella campagna elettorale per le Politiche del 1979. È stato cinque volte ministro, dal 1981 al 1987: per il Mezzogiorno nei governi Spadolini e Fanfani e dei Trasporti nei due governi di Bettino Craxi.

 

BRUNO MANDRELLI

Avvocato, formatosi politicamente nel PSI di Macerata. Nel 1984, a soli 27 anni, è segretario cittadino del partito. Due anni dopo, nel 1986, è assessore alla Cultura nella giunta Cingolani. Nel 1990, ricordo, il PSI è il secondo partito di Macerata, dopo la Democrazia Cristiana. Nel nuovo millennio, dal 2011 al 2012, ha una breve esperienza da segretario cittadino del PD, da cui si dimette. Nel 2015, partecipa alle primarie del centrosinistra, candidato alternativo al sindaco uscente Carancini, sfiorando, per soli 20 voti, la vittoria al primo turno. Nel 2019 si dimette da consigliere comunale di Macerata. Si dichiara sempre fedele alle sue idee “laico-riformiste”.

ANGELO SCIAPICHETTI

Con una formazione tecnica, ha diretto importanti organizzazioni di categoria artigiane e del mondo cooperativo. Segretario regionale di Casartigiani e presidente provinciale della Confcooperative di Macerata. È espressione del volontariato cattolico e socio-sanitario. Politico di lunga esperienza, già consigliere comunale di Macerata, nel 2010 è eletto per la prima volta nel Consiglio Regionale delle Marche. Nel 2015, riconfermato in Consiglio, diviene assessore regionale all’Ambiente e ai Trasporti nella giunta Ceriscioli, negli anni difficili del sisma nel Centro Italia. Presidente dell’attivo Circolo “Aldo Moro” di Macerata, dal 2021 è segretario provinciale del Partito Democratico.

 

Raimondo GiustozziAldo Caporaletti

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