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La peste russa La Crimea occupata, e la nostalgia per i mari della nostra infanzia

22362580-large-1200x763da Raimondo Giustozzi

Con l’annessione illegale russa della penisola nel 2014, a noi ucraini continentali sono stati tolti i vecchi ricordi senza alcuna possibilità di crearne di nuovi. E sono tante le vite spezzate dal capriccio geopolitico di un paese che, osando sempre di più, non è mai stato punito

 

Il dolce mare accarezza i piedi, che sprofondano tra i sassi. Qui ad Alupka la spiaggia è sassosa, come in Costa Azzurra. Ma la Costa Azzurra è lontana ed è francese, mentre il mare di Crimea è vicino ed è così nostro. I profumi dei cipressi, del mare, del rosmarino e dei pini, insieme a quelli della cucina dei tatari di Crimea, creano una pozione che inebria la mente, travolge e fa sognare. Qui ogni montagna ha il suo nome in lingua tatara di Crimea, ha la sua leggenda d’origine, integrata nel paesaggio e nella storia.

Il Mar Nero della Crimea e il Mar d’Azov di Mariupol e Berdiansk erano i nostri mari, i mari dell’infanzia: le spiagge, le colonie estive, le prime discoteche, i primi amori, il primo incontro con una cultura diversa, quella dei tatari di Crimea, che però faceva parte del nostro stesso paese. Ci andavamo ogni estate per respirare l’aria di mare e di montagna, per ascoltare buona musica ai festival open air sul lungomare, per ritrovare vecchi amici, per conoscere posti nuovi e far nascere nuovi legami.

Nel 2014 tutto questo ci è stato tolto. A noi, ucraini continentali, sono stati tolti i vecchi ricordi senza alcuna possibilità di crearne di nuovi. Ai crimeani è stata tolta la loro casa in quella che era la loro terra. Tanti tatari di Crimea, tornati all’inizio del 1991 dopo lunghi anni di vita nei diversi luoghi dell’Asia centrale, dove erano stati deportati per ordine di Stalin nel 1944, dopo il 2014 hanno deciso di restare comunque nella loro terra d’origine. Altri sono andati via e ora i genitori, per poter vedere i loro figli che non possono più entrare in Crimea, devono affrontare lunghi e interminabili viaggi attraverso la Russia e la Polonia per abbracciare il loro stesso sangue.

Il 20 febbraio 2014, nei giorni in cui i cecchini inviati dal presidente filorusso Viktor Yanukovych sparavano sui manifestanti pacifici dell’Euromaidan, è iniziata l’occupazione della Crimea. Questa operazione i russi l’hanno chiamata «Il ritorno della Crimea». E tutto ciò che hanno occupato nei successivi dieci anni lo hanno chiamato «ritorno». La Russia appare come quel parente scontento della propria vita che, invece di migliorare la propria esistenza, avvelena la vita degli altri parenti e dei vicini di casa.

Il 24 febbraio 2014, le prime truppe russe, senza bandiera, sono apparse nelle città della penisola. A Kyjiv, mentre si piangevano i manifestanti uccisi nella piazza principale e si festeggiava la fine dei lunghi tre mesi di proteste antigovernative che avevano costretto il presidente filorusso a fuggire dal paese, in Crimea era partita la risposta fulminea russa all’integrazione europea dell’Ucraina, preparata da anni. La flotta russa, che si trovava sulle coste della Crimea affittando le acque ucraine, ha scortato l’arrivo delle truppe russe nella penisola. I marinai ucraini, che il giorno prima bevevano vodka insieme ai marinai russi e portavano i figli nello stesso asilo, si sono ritrovati i fucili puntati addosso.

Il 26 febbraio 2014, in risposta all’arrivo delle truppe russe e al crescente sgomento nella penisola, i tatari di Crimea, gli ucraini, gli attivisti filo-ucraini, gli attivisti dell’Euromaidan Crimea e i rappresentanti di altre nazionalità si sono radunati in piazza davanti al parlamento, la Rada della Crimea, per manifestare a favore dell’integrità territoriale ucraina e contro l’occupazione russa. In piazza c’erano circa diecimila manifestanti. Il giorno dopo, il 27 febbraio 2014, l’esercito russo ha occupato il parlamento e gli altri edifici governativi. La manifestazione del 26 febbraio è stata l’ultima dimostrazione democratica nella penisola, come confermato dagli osservatori internazionali.

Il 28 febbraio la Rada della Crimea, sotto la minaccia delle armi, ha votato per indire un referendum sull’adesione alla Russia. Da quel giorno le forze armate russe hanno iniziato a bloccare le basi militari ucraine, gli aeroporti di Belbek e Simferopoli, isolando la penisola via terra e via aria.

Mentre Kyjiv restava senza presidente e la Rada della capitale votava per indire nuove elezioni democratiche a maggio 2014 dopo la fuga del presidente filorusso, in Crimea l’occupazione proseguiva in modo tutt’altro che democratico. Il mondo ha preferito non vedere, ignorare e sminuire ciò che stava accadendo. L’occupazione della Crimea è stata il primo passo della nuova guerra ibrida della Russia contro l’Occidente e il mondo democratico.

Dopo l’annessione illegale della Crimea e la blanda reazione dell’Unione Europea e degli Stati Uniti sotto la presidenza di Barack Obama, che hanno continuato a fare affari con la Russia, il dittatore russo ha capito di poter fare qualsiasi cosa rimanendo impunito. Dopo la Crimea, la peste russa si è estesa nelle regioni di Donetsk e Luhansk, e senza riuscirci a Kharkiv e Odesa.

La Crimea, che per noi era il nostro mare, è diventata una gigantesca base militare da cui vengono lanciati missili verso le città dell’Ucraina continentale. Ogni anno perdiamo i fili che legavano l’Ucraina alla penisola, perdiamo la cultura dei tatari di Crimea, perdiamo la sua bellezza. Il palazzo dello khan è in condizioni disastrose, le rovine di Khersones, patrimonio dell’Unesco, rischiano di cadere nell’oblio per decisioni prese dagli architetti russi.

Ripercorrere questa cronologia non è facile quando i protagonisti di queste vicende sono persone che conosciamo o luoghi che abbiamo amato e che tutt’ora vivono nella nostra memoria. Sono vite spezzate dal capriccio geopolitico di un paese che, osando sempre di più, non è mai stato punito. E nella situazione attuale, quando al Consiglio di Sicurezza dell’Onu il giorno del terzo anniversario dell’invasione russa su vasta scala viene votata la risoluzione che non condanna più l’aggressione russa, rischiamo che il mondo perdoni un altro capriccio geopolitico, l’invasione su vasta scala dell’Ucraina, che prossimamente permetterà al dittatore di osare sempre di più affinché qualcuno lo fermi. Il 26 febbraio è stata riconosciuta come la Giornata della Resistenza della Crimea contro l’occupazione russa.

 

Linkiesta, Esteri, 26 febbraio 2025

Yaryna Grusha

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